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Basta menate.
Bologna, 2 ag0sto 2023.  43 anni dalla strage. Parla Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione familiari vittime 2 agosto 1980: “Noi vogliamo che i processi vengano fatti in tribunale, fino in fondo e correttamente. Basta con queste menate”. E attacca a fondo il  Governo: “Vogliamo parole chiare, non si può dire da una parte che è una strage fascista e dall’altra che sono stati i palestinesi e firmare per una commissione d’inchiesta su altre piste estere”.
Proprio così, e se il Presidente Mattarella parla chiaro: “la matrice fascista della strage di Bologna è accertata”, il Presidente del Consiglio e il Presidente del Senato tergiversano o restano in silenzio.
Cara Giorgia e caro Ignazio, abbiamo capito come la pensate. Vi abbiamo sentito tante volte rispondere che “il fascismo è consegnato alla storia”, che si è chiuso (per sempre) il 25 luglio 1943 con la fine del governo Mussolini, che finendo il fascismo, anche l’Antifascismo,  la Liberazione,  la Resistenza sono ormai arnesi del passato, robe vecchie da mettere in soffitta.
Invece, anche la strage fascista alla Stazione di Bologna ci racconta un’altra verità, la verità che coprite con il silenzio o le solite “menate”. Una verità tanto chiara quanto terribile: la bestia non è mai morta
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(Francesco Monini)

I° AGOSTO 1980

È piovuto a Ferrara. Ieri. Al telefono Anna Maria si era lamentata “Ho dovuto spazzare acqua tutto il pomeriggio. Vedrai i tuoi libri come sono ridotti”. Controllo a caso alcuni volumi. La “Scienza nuova”, un volume scuro, ingiallito, ma integro. Lo sfoglio. In una delle prime pagine il mio nome e una data: 1980. Tra le mani mi scivola un foglio accuratamente ripiegato. È un verbale di contravvenzione. Venti luglio 1980, oblate 2.000 lire perché “trasportava altro passeggero su un ciclomotore non idoneo”. Un brivido mi percorre e resto lì a leggere quelle parole, mentre vedo un’auto avvicinarsi, sento il rumore del suo paraurti, poi mi ritrovo a terra, Anna Maria che mi chiama e dice “” Mi sono rotta una gamba”. L’ambulanza, l’ospedale, i carabinieri, l’operazione a Bologna.

Primo agosto 1980.” Domani la dimetteremo. Ci sarà solo da avere molta pazienza e fare bene la rieducazione”. Mi incammino verso la stazione.

È sera, non ricordo il perché, ma quel giorno non avevo preso l’auto per andare all’ospedale. Mi siedo nella sala d’aspetto di seconda classe e dalla borsa tolgo “Aut-aut” e comincio a leggere. Cerco di guardare l’ora, ma il mio orologio non c’è, si è rotto durante l’incidente. Alzo gli occhi verso quello della sala, le 19, tra venti minuti partirà il mio treno, tra venti giorni sarà il mio ventesimo compleanno, tra 15 ore tutto questo non esisterà più.
I miei vent’anni si aprivano con un’esplosione il cui eco non sarebbe mai cessato.

NOTA: Questo racconto ha vinto il premio nel concorso nazionale Racconta i tuoi vent’anni, indetto da Feltrinelli nel 2007

Guarda e ascolta [Qui] il racconto di Gian Paolo Benini letto a voce alta dall’attore Fabio Mangolini  nella rubrica Lo Cunto de li Cunti (tutta da scoprire). 

Cover: Foto Agenzia Dire

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Gian Paolo Benini

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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