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La mattina, prima di cominciare la giornata scolastica, nella classe prima che sto frequentando facciamo il “riscalda… mente”; come gli atleti che prima di fare una gara fanno il riscaldamento dei muscoli, noi proviamo a riscaldare i pensieri.
Può essere una conversazione, un gioco, una storia da ascoltare o da raccontare.
Qualche giorno fa un bambino ha voluto iniziare il “riscalda…mente” raccontando un suo sogno in cui c’erano tutti. Dopo averlo ascoltato, ho chiesto ai bambini e alle bambine che cos’è un sogno.

Queste le loro risposte:

  • Il sogno è una bella cosa che si immagina quando si dorme.
  • È una cosa senza forma.
  • È una cosa che vorresti fare o un posto dove vorresti andare.
  • È una cosa che vivi nella mente.
  • È qualcosa che ti immagini nella testa.
  • Può essere bello o brutto ma se tu stai facendo un sogno brutto, basta che giri il cuscino e dopo diventa bello).
  • È quando dormi che pensi a una cosa ma non la puoi fare davvero.
  • Quando immagini una cosa bella ma dopo non la puoi fare.
  • È come se tu, nella tua mente, pensi a qualcosa.
  • È un viaggio nella tua mente.
  • È come se nella tua mente ti porti dei pensieri.
  • È una cosa che ti viene nella testa di notte e sembra vera.
  • Il sogno è quando ti immagini una cosa e poi la fai dentro la notte.
  • Un sogno te lo immagini e fai finta di esserci dentro.
  • I sogni brutti si chiamano “incubi”; i sogni belli si chiamano “gioia”.

Nel frattempo, avevo scritto alla lavagna la parola “SOGNO” e qualcuno si è accorto subito che dentro un “SOGNO” ci sono le lettere che formano la parola “SONO”, che loro sanno leggere. Allora ho colorato la G di rosso e ho detto: “È vero ed è una bellissima osservazione. Sembra che per fare un sogno ci sia bisogno di aggiungere una G in mezzo a SONO. La G di cosa?

Qualcuno ha detto la G di Gatto, un altro la G di Gelato; poi qualcuno ha aggiunto la G di Grande.
Ho preso la palla al balzo e ho chiesto: “Qualcuno di voi ha un grande sogno?” Tutte le mani si sono alzate senza esitazione.

Queste le loro risposte:

  • Io vorrei tuffarmi in una cascata di cioccolato.
  • Io vorrei volare su un unicorno.
  • Io vorrei nuotare in una piscina di caramelle.
  • Io vorrei avere tantissimi lego da coprire il mondo.
  • Io vorrei svegliarmi la mattina di Natale col papà e trovare un regalo.
  • Io vorrei cavalcare un cavallo.
  • Io vorrei incontrare i miei amici.
  • Io vorrei tuffarmi da una cascata.
  • Io vorrei essere un falco.
  • Io vorrei salire su un drago.
  • Io vorrei essere un cavaliere.
  • Io vorrei incontrare un’amica.
  • Io vorrei nuotare coi delfini.
  • Io vorrei volare su un pappagallo gigante.
  • Io vorrei volare.
  • Io vorrei essere Spider Man.
  • Io vorrei conoscere Luì e Sofì di “Me contro Te”.
  • Io vorrei nuotare con uno squalo.
  • Io vorrei avere un pony
  • Io vorrei leggere tanti libri.
  • Io vorrei essere un pennarello per colorare il mondo.

Ho chiesto: “Secondo voi, quello che si immagina nei sogni può realizzarsi, può diventare una cosa vera?”
La classe si è divisa: sì e no erano, più o meno, lo stesso numero.
Allora ho scelto qualcuno dei loro sogni e ho chiesto: “Un bambino può diventare un falco?”
Tutti hanno risposto di no.
Ancora: “Si può cavalcare un cavallo?”
La maggioranza ha risposto di sì e qualcuno di no. I sostenitori del sì ci hanno messo poco a far capire che si può andare a cavalcare perché una loro compagna ci va.
Ho fatto un ultimo esempio: “Si può nuotare in una piscina di caramelle?”
La classe si è divisa fra i no e i sì.

Allora ho chiesto che le due parti designassero un rappresentante del no ed uno del sì per esprimere le ragioni dei “realisti” e dei “sognatori”.
Chi ha sostenuto che non si può nuotare in una piscina di caramelle ha detto: “Non si può nuotare in una piscina di caramelle perché se mettiamo le caramelle in una piscina poi si sciolgono”.
La logica sembrava inattaccabile ma il rappresentante del sì ha replicato: “Bisogna prima togliere l’acqua dalla piscina e dopo riempirla di caramelle… Così si può nuotare”.

Pur ascoltando con attenzione i realisti, parteggiavo segretamente per i sognatori quindi ho nascosto la soddisfazione e ho concluso dicendo loro che ci sono sogni che sembrano impossibili e sogni che sembrano possibili. Entrambi rimarranno sogni se non facciamo niente per realizzarli. Sta a noi far diventare possibile l’impossibile e far diventare il sogno realtà, sta a noi cominciare a cambiare le cose nel nostro piccolo, a partire dal nostro IO… anche a partire da una scritta alla lavagna che poi tutti scriviamo sul quaderno, maestro compreso: “IO SONO. IO SOGNO”.

Comunque la pensiate, IO SOGNO perché SONO ma, allo stesso tempo, IO SONO perché SOGNO.

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Mauro Presini

È maestro elementare; dalla metà degli anni settanta si occupa di integrazione scolastica degli alunni con disabilità. Dal 1992 coordina il giornalino dei bambini “La Gazzetta del Cocomero“. È impegnato nella difesa della scuola pubblica. Dal 2016 cura “Astrolabio”, il giornale del carcere di Ferrara.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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