Comincia il viaggio: nastro di partenza la Gola del Furlo
Comincia il viaggio: nastro di partenza la Gola del Furlo
Il viaggio è iniziato.
Decido di partire per il mio viaggio/progetto “Fermati quando devi, riparti quando puoi” dalla Gola del Furlo, provincia di Pesaro Urbino, a 45 km da casa.
Qui, tra le sue pareti calcaree a picco, quel colore “verde Furlo” del fiume Candigliano che l’attraversa formando un piccolo e spettacolare canyon, ho mosso i primi miei passi di rinascita.
A fine estate del 2021, percependo tutta la mia fragilità, con poche energie, tanta infiammazione e ridotta mobilità, affido al Furlo la mia speranza/promessa, di uscire da quell’imbuto lungo e stretto dove mi trasporta la malattia.
Un imbuto fatto non solo di dolore, farmaci, visite mediche, ansie, paure ma limitazioni continue: nel quotidiano, sul lavoro, nelle relazioni sociali, nelle cose che mi piacciono, nell’alimentazione…un imbuto che mi cambia la vita!
In questa vita “ridotta” percorro quindi la Gola del Furlo in auto, cerco un punto di sosta e mi guardo attorno, lascio che i miei sensi esplorino quello che il corpo non può più fare.
Mi circondano una bellezza e una memoria senza tempo, capaci di infondermi, a poco a poco, frequentazione su frequentazione, un senso di espansione.
In natura, come in sella ad una bici, da sempre posso essere me stessa e così nella Gola, posso permettermi di essere fragile, senza sentirmi inadeguata.
Al tempo stesso, nella ferma convinzione che tutto sia connesso, chiedo alla roccia calcarea di cui è formata, sostanza chimica presente anche nelle mie ossa, nutrimento e forza. Le mie ossa domandano alle acque del Candigliano, frescura, attendono che quel fuoco interno: l’infiammazione, cali.
Nella flora del Furlo, ricca di biodiversità, cerco una varietà di risposte e di soluzioni capaci di sciogliere la rigidità e l’immobilità del mio corpo. La perfezione del luogo dove ogni cosa sembra trovare un suo posto con naturalezza, mi porta a riflettere sull’ esperienza della malattia e su come integrarla nella mia vita.
La malattia è tremenda, ma dall’altro ha un aspetto di fragilità che mi commuove, tanto quanto, la bellezza di questo luogo. Rimanere insensibile a tale commozione, evitare di sentirla e osservarla, mi sembra un’opportunità persa, potrei rischiare di chiudermi alla mia e altrui sofferenza, senza riuscire a dare un senso al dolore così forte che l’artrite porta con sè. Come salire lo Stelvio con gli occhi a fissare i piedi, senza mai alzare lo sguardo per osservare il panorama.
Inoltre, in questo periodo di incertezza, impostato emotivo ero più incline a comprendere la delicatezza è fragilità del Furlo, ampliando la mia conoscenza di esso.
Viaggiare da sola, come donna, in bicicletta, dormire in tenda, portare “a spasso” la propria patologia, esprime ancora prima della forza, la mia fragilità.
Non è ostentare, ma semplicemente essere. La forza è una eventuale risposta alla fragilità, viene dopo. Ognuno ha la sua fragilità: riconoscerla, accettarla, condividerla con altri, renderla visibile permette di essere autentici e liberi.
Così credo, si possa comprendere la vera forza dell’altro (persona, flora, fauna, luogo, ecc) partendo da quella unicità e non da quella forza stereotipata e imposta, richiesta da altri.
La Gola del Furlo è unica e intoccabile se compresa nel profondo, altrimenti è un posto come un altro da fruire, nelle migliori delle ipotesi: tutelare, nelle peggiori: ferire, imbruttire, distruggere.
La fragilità, portata fuori è responsabilità comune, è la capacità per ognuno di toccare e toccarsi, come? È una scelta. La Bianchina viaggia, con le sue ruote grasse e le borse voluminose, cariche di fiducia, antidoto contro ogni forma di chiusura e chiave di espansione per ogni “imbuto” della vita che ci si presenti.

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Chiara Buiarelli
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PAESE REALE
di Piermaria Romani
Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)
Chiara ci porta con maestria e delicatezza nel suo mondo, fatto di fragilità e di forza