Viaggiare in bicicletta per spostare il limite della malattia
Bicicletta e artrite, alleate in un viaggio di ascolto e di incontri
A Mocaiana, diversi ragazzi della scuola media sono esperti ciclisti e sanno indicare con precisione le strade migliori e più sicure.
Superato il cartello stradale: Casa del Diavolo, si trova subito la chiesa sulla dx.
In provincia di Perugia c’è una frazione dal nome: Ramazzano le Pulci, l’importanza di un accento.
Scheggino con le sue scale labirintiche, sembra uscito fuori dai quadri di Escher.
Il Passo del Lume Spento, racconta di quando in tempi antichi le lampade delle carrozze si spegnevano in questo luogo ventoso, in tempi moderni dà il nome ad un Brunello di Montalcino.
A Faenza le maniglie delle porte d’ingresso di farmacie e parafarmacie sono a forma di serpente.
In 80 giorni di viaggio in cui avrei potuto fare il Giro del Mondo e invece ho deciso di andare a zonzo per l’Italia Centrale, di cose ne ho viste, sentite, gustate.
Gli obiettivi del mio girovagare erano migliorare la mia convivenza quotidiana con l’artrite reumatoide, far conoscere le patologie reumatiche, studiare e promuovere servizi di turismo accessibile.
Ritorno a casa con 1873 km pedalati sulle gambe, dislivello in salita 16.120 m slm, 15.720 in discesa e soprattutto, una marea di incontri con persone e luoghi.
La sensazione, formidabile, che trattengo da questo viaggio è l’aver provato una forza fisica e di benessere che non sentivo da prima di ammalarmi di artrite reumatoide. La percepisco quando pedalo per più di 50km al giorno e/o affronto dislivelli impegnativi dai 700-800 metri in su, meglio 1000 a dirla tutta. Per raggiungere questo stato di benessere c’è voluto un mese intenso di pedalate, come se il mio corpo dovesse abituarsi a questa vita nomade, fatta di notti in tenda, esposizione a sole, pioggia, vento, umidità e caldo atroce.
Ci sono state le giornate no e le notti insonni dove i dolori dell’artrite sono ritornati, un déjà vu che in viaggio assume ancora di più l’aspetto di sfida. Ed allora mi fermavo 2,3 giorni, e poi ripartivo anche se dolorante ma con il minimo sindacale per poter guidare in sicurezza una bicicletta carica. I chilometri macinati, la bellezza del paesaggio, le novità che incontravo facevano il resto, antinfiammatori naturali che il mio corpo assimilava e produceva, aggiungendo giorni di viaggio al viaggio.
Tutta questa esperienza si traduce in itinere in narrazione e divulgazione, persone e associazioni che mi permettono di raccontare il mio viaggio e la mia trasformazione, che accolgono la mia bici Bianchina e la mia persona con delicatezza e curiosità, si aprono al mondo ancora poco conosciuto delle patologie reumatiche e soprattutto, dono enorme, condividono con me storie personali di malattia e sofferenza. A loro sono infinitamente grata per tanta fiducia.
Sono convinta sempre più dell’esigenza di creare uno spazio/tempo dove condividere la propria fragilità, anche con sconosciuti, che alle volte è più semplice e forse ci fa sentire meno soli. Così come poter parlare di viaggio, di un tempo per partire, lasciare andare e aprirsi all’inaspettato, ognuno spinto dalla propria motivazione.
Per me viaggiare significa anche ricercare conferma nella frase di cinematografica memoria: “ho sempre confidato nella bontà degli sconosciuti”, non sono una sprovveduta ma in un tempo dove violenza e guerra sembrano farla da padrone, io riscopro la mia bolla di potere, il mio posto in questo mondo, pedalo, in pace, soprattutto con me stessa. Pensavo di non poter più fare lunghi tragitti in bicicletta, mi sbagliavo! Ho spostato il limite, che una patologia cronica comunque mette, un po’ più in là. Ho visto fare lo stesso ai servizi sociali e di turismo accessibile conosciuti lungo il viaggio per garantire la vacanza a tutti.
La bicicletta è un magnifico strumento per andare, incontrare, conoscere e trasformare mente e corpo. così come dolore e malattia possono essere preziosi alleati per ascoltare e toccare, capaci di far emergere anche i più intimi bisogni e desideri, sia i propri che quelli altrui.
Grazie mille a chi ha viaggiato con me, anche da casa, in questi mesi.
“Fermati quando devi, riparti quando puoi” troverà nuove strade e altre occasioni per continuare a perseguire i suoi obiettivi, teniamoci in contatto.
Cover: Dante e castello di Poppi (AR).
Tutte le foto sono di Chiara Buiarelli
Per leggere le altre tappe del viaggio di Chiara Buiarelli, clicca sul nome dell’autrice




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