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Il Bitcoin più che una moneta è uno strumento di finanza speculativa e rappresenta l’ennesimo elemento di confusione nell’economia moderna. Ma poiché oggi l’economia è sempre più sinonimo di incertezza e rischio piuttosto che espressione di politica e società reale, persino il mistero sulla sua creazione invece che preoccupare chi mette mano al portafoglio… affascina.
Ma cos’è moneta? In genere identifichiamo la moneta attraverso le sue tre funzioni: misura del valore, mezzo di scambio e riserva di valore. Che non sia un processo esatto è palese, infatti ciò che si fa non sempre è ciò che si è, altrimenti dovremmo anche identificare un cavallo da soma o un guidatore di risciò come mezzi di trasporto piuttosto che come esseri viventi. Per identificare la moneta, inoltre, dobbiamo tener conto di quanto successo il 15 agosto 1971 e delle parole di Richard Nixon (per questo rimandiamo qui http://www.ferraraitalia.it/se-gli-stati-tornassero-a-emettere-moneta-secondo-il-fabbisogno-reale-della-comunita-117095.html) ma, in sintesi e per velocizzare: perché oggi accettiamo l’euro e non il fiorino di Copparo?
Perché crediamo nella possibilità di poterla trasformare in beni reali, perché sappiamo che quel numero impresso su una monetina, su un pezzo di carta o alla fine di un estratto conto rappresenta quanto la società in cui viviamo ci deve, ovvero la nostra quota di partecipazione alla ricchezza generale in un dato momento ed entro dati confini geografici.
Ma la conversione nei corrispettivi beni reali deve essere un obbligo certificato, qualificato, visibile, deve esserci una forza di poter imporre stabilmente questa conversione. Qualcuno che renda la moneta un’obbligazione capace di poter essere sempre assolta e solo uno Stato può dare una garanzia del genere.
Il “Bitcoin moneta” non ha nessuna delle suddette funzioni né alcuna delle citate garanzie. Non mi sembra stia funzionando molto come mezzo di scambio, vista la complessità dell’utilizzo, ma si continua ad attribuirgli la funzione di riserva di valore, cioè risparmio o conservazione dei propri risparmi, dato che il suo accumulo sembra garantire un continuo aumento di valore.
In realtà questi incrementi esistono solo finché vi è la convinzione che qualcun altro li vorrà ricomprare a prezzo maggiorato, situazione tipica nella finanza speculativa. Il Bitcoin è infatti solo uno strumento di investimento speculativo e come tale non dà garanzie di solvibilità. È una scommessa su un guadagno futuro da maneggiare con molta cura, soprattutto in questo momento date le attuali quotazioni.
Non è di certo espressione di un’economia ma di un algoritmo che fa sì tendenza ma non trova posto in prima fila nella gerarchia monetaria, cioè fa parte di quegli strumenti, come i derivati, di cui nei momenti di crisi ci si sbarazza più velocemente possibile per non rimanere con il “cerino in mano” (cioè se c’è un crollo di fiducia cerco di convertire questi strumenti in qualche moneta “più importante”, tipo banconote in euro o in dollari).
È crypto esattamente come il suo inventore, Satoshi Nakamoto, e non può essere duplicata o falsificata. Da questo algoritmo potrà essere generato un totale di 21 milioni di Bitcoin in 130 anni, una quantità prefissata quindi, ed anche questo sa più di giochino speculativo che di supporto all’economia (reale).
Coloro che trovano/estraggono dall’algoritmo i nuovi Bitcoin vengono chiamati miners che vuol dire minatori, richiamando alla memoria i minatori che una volta erano necessari per scavare miniere alla ricerca di oro che giustificasse l’emissione di nuova moneta. Oggi però la moneta non è oro, non è merce e proprio per questo si ha bisogno di capire da chi sia garantita e quindi attiene al diritto prima ancora che all’economia. La moneta è quindi un’obbligazione imposta e garantita dallo Stato mentre il Bitcoin appartiene solo alla parte più profonda e sconosciuta della rete informatica. Una crypto valuta non è un’obbligazione per nessuno e nemmeno un’azione legata alle performance di un’azienda, nessuno è realmente tenuto ad accettarlo come mezzo di pagamento. È insomma una bolla in attesa di esplodere.
Un anno fa valeva 700 dollari mentre oggi ne vale 17.000 ovvero una moltiplicazione del suo valore di oltre 20 volte e senza considerare che nel 2009, alla nascita, il rapporto era addirittura inverso, 1.300 Bitcoin per un dollaro. Con queste performance è chiaro che tutti ne vorrebbero ma allo stesso tempo e allo stesso modo tutti se ne vorranno sbarazzare appena le quotazioni cominceranno a calare o qualche timore di natura indefinita si dovesse diffondere.
Tutte le argomentazioni a sostegno della bontà di questo strumento allontanano dalla sostanza, ad esempio quando si ragiona del sistema blockchain. Questo permette di tracciare tutti i movimenti di un Bitcoin, e allora? Che tipo di affidabilità dovrebbe garantire? Un dato questo che non fa venire meno il suo destino di volatilità e di strumento speculativo. E infatti, oltre che i dati dichiarati potrebbero anche non corrispondere a una reale identità, sapere chi lo ha posseduto non aiuterebbe se il suo valore dovesse crollare.
Come sempre dovremmo spendere meglio il nostro tempo e ragionare di vita concreta ed economia reale. Del fatto che alle persone serve moneta per pagare la spesa alla Coop oppure per fare il pieno all’auto o comprare i regali di Natale, trasformarla poi in risparmio significa che per il futuro la potranno utilizzare per cambiare l’auto o pagare l’Università al figlio. Il Bitcoin è uno strumento speculativo e va usato al momento e tra gli operatori capaci di farlo finché sarà possibile farlo, ovvero finché ci sarà in giro gente disposta a credere al suo assurdo incremento di valore. Il risparmio è una cosa seria e si fa in moneta valida come potrebbero essere monetine, banconote , conto corrente o libretto di risparmio, un’obbligazione o persino un’azione che rappresenti il rischio d’impresa di un’azienda reale. Oppure in oro o diamanti. Insomma non ipoteco gli studi dei miei figli inseguendo una bolla che so destinata a scoppiare, affidata alla volubilità umana e quindi dei mercati finanziari.
L’unica certezza che ha il possessore di un Bitcoin di vedere realizzato un guadagno o anche di riavere indietro soldi veri è che ci sia qualche persona che abbia la sua stessa fiducia. Cioè una persona che sia convinta che il suo valore non possa che continuare a crescere, esattamente come per i terreni della Florida durante gli anni ’20 del secolo passato (vedi qui http://www.ferraraitalia.it/i-giochi-della-finanza-e-i-rischi-per-leconomia-reale-130920.html) e i tulipani olandesi del ‘600. Giochi con una sola certezza: prima o poi si rompono.

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Claudio Pisapia

Dipendente del Ministero Difesa e appassionato di macroeconomia e geopolitica, ha scritto due libri: “Pensieri Sparsi. L’economia dell’essere umano” e “L’altra faccia della moneta. Il debito che non fa paura”. Storico collaboratore del Gruppo Economia di Ferrara (www.gecofe.it) con il quale ha contribuito ad organizzare numerosi incontri con i cittadini sotto forma di conversazioni civili, spettacoli e mostre, si impegna nello studio e nella divulgazione di un’informazione libera dai vincoli del pregiudizio. Cura il blog personale www.claudiopisapia.info

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