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Testo dell’intervento del vescovo Giancarlo Perego pronunciato a Comacchio (da ufficio stampa Arcidiocesi di Ferrara)

Non posso iniziare queste mie parole senza prima dire un grazie per la vostra accoglienza, cari fratelli e sorelle, della comunità di Comacchio. Saluto il Sindaco e le autorità presenti, che rendono questo nostro incontro e questa nostra celebrazione l’inizio di una relazione di stima e di collaborazione per il bene comune. La Pentecoste significa per me affidare l’inizio del ministero episcopale nella Chiesa di Ferrara-Comacchio all’azione dello Spirito.
Ma chi è lo Spirito Santo? È la prima domanda che desideriamo porci insieme. Lo Spirito Santo è il principio guida, che accompagna le azioni della Chiesa e di ogni cristiano nel rispetto della libertà, ma che agisce con originalità (sono i ‘segni dei tempi’ ricordati dal Magistero recente) nella storia e nella società. Lo Spirito Santo “ha riempito l’universo” (Sap. 1,7) e “rinnova la faccia della terra” (Salmo 104). L’importante è aprire gli occhi, riconoscere la sua presenza. Lo Spirito non è assente oggi, ma in questa società segnata anche da situazioni di degrado continua a suscitare energie, conversioni, coraggio, sacrificio, dedizione, vocazioni. Indurire il nostro cuore, rimanere indifferenti, chiudersi significa non aprirsi alle sorprese dello Spirito. Guidati dallo Spirito impariamo l’amore, il dono, le opere di carità, con quella gioia che i santi ci insegnano, anche in questa terra e città di Comacchio.

Cosa fa lo Spirito Santo? È la seconda domanda che ci poniamo. Le caratteristiche della sua azione le riconosciamo distintamente nel brano degli Atti degli Apostoli che descrivono la vita della prima comunità, frutto del ‘vento’ dello Spirito. Lo Spirito unisce, aiuta a riconoscersi, costruisce una nuova comunità, nata su una nuova alleanza con Dio. La Pentecoste è come un nuovo Sinai, dove si rinnova l’alleanza tra Dio e l’uomo. Infatti, voce e fuoco caratterizzano la Pentecoste come hanno segnato l’episodio del Sinai, il monte del dialogo tra Dio e Mosè. Possiamo anche dire che la nuova alleanza che lo Spirito a Pentecoste inaugura ha come riferimento non più e non solo i comandamenti, ma una coscienza nuova. Il segno di questa rinnovata condizione saranno i sacramenti dell’iniziazione cristiana. In secondo luogo, l’azione dello Spirito Santo sarà quella di rendere gli apostoli capaci di testimonianza, capaci di missione, capaci di andare. Lo Spirito Santo – scrive papa Francesco nell’esortazione ‘Evangelii Gaudium’ – “può guarirci da tutto ciò che ci debilita dall’impegno missionario… non c’è maggior libertà che quella di lasciarsi portare dallo Spirito, rinunciando a calcolare e controllare tutto, e permettere che egli ci illumini, ci guidi, ci orienti, ci spinga dove Lui desidera”.

Una capacità di ‘attrazione’ più che di ‘proselitismo’ che sarà permanente nella Chiesa e ne costituisce – come ricorda anche papa Francesco nella esortazione Evangelii gaudium – una caratteristica permanente nella vita della Chiesa, di ogni Chiesa, anche nella Chiesa di Ferrara-Comacchio. Non è forse vero che il patrono di Comacchio S. Cassiano testimoniò con la vita la sua fede? E i monaci di Pomposa non raggiunsero e morirono martiri in Ungheria, in Polonia, a Kiev? S. Maurelio, primo vescovo di queste terre, non morirà martire a Edessa? Fino ad arrivare a S. Maria Chiara Nanetti, suora francescana che perderà la vita a 28 anni martire in Cina nel 1900: anche da questa terra la Pentecoste ha suscitato testimoni del Vangelo fino al dono della vita. “Cominciarono a parlare altre lingue”. Il passaggio della pagina degli Atti indica che gli apostoli diventano mediatori della salvezza per tutti, la destinazione universale della salvezza, di cui la Chiesa diventa segno e strumento, sacramento.
Lo Spirito, infine, tocca ognuno in maniera originale, unica, carismatica. Tutti, però, operiamo “per il bene comune”.

E’ interessante come questa locuzione “bene comune” sia diventata, anche grazie al Magistero sociale, una categoria della politica, della democrazia. Lo Spirito genera anche ‘communitas’, educa al vivere insieme, a un ‘interesse’ per gli altri – come diceva don Milani – alla ricerca del bene dell’altro. In questa direzione meritano di essere ripetute le parole di papa Francesco nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium: “Il Vangelo invita prima di tutto a rispondere al Dio che ci ama e che ci salva, riconoscendolo negli altri e uscendo da se stessi per cercare il bene di tutti. Quest’invito non va oscurato in nessuna circostanza! Tutte le virtù sono al servizio di questa risposta d’amore. Se tale invito non risplende con forza e attrattiva, l’edificio morale della Chiesa rischia di diventare un castello di carte, e questo è il nostro peggior pericolo”. Non esiste Pentecoste nell’individualismo, nell’egoismo, nella chiusura. Non solo. Nello Spirito che genera fraternità, cresce anche l’uguaglianza, il rispetto, qualunque sia la condizione sociale o il credo religioso. E’ la ‘rivoluzione cristiana’ di cui parlava il filosofo personalista Mounier, ripresa da papa Benedetto nei suoi discorsi si giovani nella Giornata mondiale della Gioventù di Colonia, ma su cui ritorna frequentemente anche papa Francesco.

Infine lo Spirito, come ricorda la pagina evangelica di Giovanni, dona la pace e il perdono, la gioia e la speranza. Pace e perdono richiamano la necessità di rivedere le categorie del nostro pensare e parlare che talora sembrano ritornare alla legge del taglione, alla contrapposizione sociale, alla violenza, ritenendoli strumenti necessari di sicurezza sociale. In realtà, violenza, scontro sociale, vendetta minano le basi della sicurezza di una città e rendono più precaria la vita delle persone. Gioia e speranza, spesso ripetute da papa Francesco, sono categorie che sollecitano dialogo sociale, pace, oltre che la capacità di non chiudere le decisioni sul presente, ma aprirle a un progetto educativo, che rende le persone capaci di una ‘vita buona’.

Cari fratelli e sorelle di questa illustre comunità di Comacchio, lasciamo che lo Spirito ci raggiunga e ci aiuti a costruire una comunità diocesana unita, dove “tutti sono responsabili di tutti”, aperta alla pace e al perdono, con lo sguardo al futuro. Diffidiamo di chi esclude, chiude, allontana, abbandona, tradendo così i doni della Pentecoste. Lasciamo che lo Spirito ci illumini, curi le nostre ferite e ci accompagni ad essere testimoni della fede ‘pescatori di uomini’. San Cassiano, vescovo e martire, patrono della città, illumini il nostro cammino e la nostra comune preghiera: Veni Creator spiritus”, vieni tra noi Spirito Creatore.

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Redazione di Periscopio


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

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