Buone (e cattive) notizie dallo Sviluppo Umano nel mondo
Rapporto 2025 UNDP: buone e cattive notizie dallo Sviluppo Umano nel mondo
Nonostante le guerre e la percezione di un periodo non luminoso come i primi trent’anni gloriosi del dopoguerra, le condizioni di vita, di salute e istruzione migliorano in quasi tutti i 193 paesi del mondo. Lo dice l’ultimo rapporto 2025 sullo Sviluppo Umano che UNDP, una sezione ONU, dopo aver messo in discussione il PIL come unico parametro di sviluppo, associandovi altri due indicatori più veri come speranza di vita e anni di istruzione. L’indice può essere anche corretto in base alle disuguaglianze di reddito e tra uomo-donna.
Si va dunque affermando in tutti i paesi (almeno tra gli studiosi dei vari paesi che collaborano al rapporto, oltre 200) che, al di là di religioni, etnie e modelli di governo (dalle democrazie piene alle dittature), non contano solo i soldi o il produrre, ma salute (quanto si vive) e istruzione e che fondamentali sono la minor disuguaglianza nei redditi e tra uomo e donna.
All’indice mancano altri dati (grado di libertà, diritti delle minoranze,…) di difficile misurabilità ma, nel complesso, l’Indice di Sviluppo Umano è un buon indicatore e ci dice che, nonostante le democrazie siano in ritirata, quasi tutti i paesi stanno migliorando (Qui il testo integrale del Human Development Report 2025)
La tabella sottostante non è corretta per disuguaglianze (è indicato però il valore “aggiustato” per reddito), mentre quella che include anche la discriminazione uomo-donna si trova dopo.
Aggiustando la classifica con disuguaglianza di reddito e di genere (uomo-donna), i paesi europei salgono ai primi posti (1^ Norvegia, Italia 17^), mentre crollano gli Stati Uniti al 47° posto. Noi che ci viviamo sappiamo da secoli che non di solo pane si vive e questa è la ragione per cui si vive meglio in Europa. Poiché l’aspirazione a vivere in un contesto di crescente uguaglianza, salute e istruzione è universale, è da qui che viene il futuro.
L’Italia farebbe ancor meglio se non fosse considerata la disuguaglianza di reddito che la fa retrocedere, mostrando che ha fatto più avanzamenti nel rapporto di genere che non nella disuguaglianza dei redditi (che cresce).
I Paesi che guadagnano più posizioni dal 1990 al 2023 sono però quasi tutti extra europei, forse perché partivano da condizioni più arretrate. La Libia è uno dei pochi a calare nonostante la prosperità crescente che aveva creato dagli anni ’70, in quanto è stata “bombardata” da Inghilterra e Francia per portare la “democrazia”, col consenso degli Usa (che coordinavano via Nato dall’Italia) e quello “sofferto” dell’Italia. Un esempio di quanto fosse finta l’egemonia “gentile” occidentale sul mondo.
Tra le peggiori performance ci sono gli Stati Uniti. La montagna di soldi fatta dopo il 2000 è andata a favore di una ristretta élite e quindi l’indice ISU non si muove, a conferma di quanto scritto in passato, che sono un Paese più in crisi di quello che il mainstream ci racconta da anni. Chi ha migliorato di più è la Cina che ha usato la globalizzazione per rafforzarsi ulteriormente.
Se si mettono a confronto il decennio 1990-2000 col ventennio della globalizzazione finanziaria (2000-2023), che è anche quello della nascita della UE, la performance dei paesi occidentali si dimezza rispetto al periodo 1990-2000.
Crescono invece tutti i Paesi Brics e i non allineati.
Tra i paesi UE la performance migliore è della Polonia (e paesi baltici) che hanno usufruito dell’enorme vantaggio di entrare nel 2004 con 100 milioni di lavoratori a basso costo in un mercato ricco e unico senza regole e dove il basso costo del lavoro è stato sfruttato dalle imprese (tedesche, europee e americane) per innalzare i profitti e deprimere i salari delle nazioni ad Ovest.
La stessa Germania più che dimezza la sua performance rispetto al decennio precedente, com’è anche per l’Italia.
La Russia ha invece un’ottima performance, dopo il decennio disastroso 1990-2000 in cui era diventata terra di predazione per il capitalismo americano, che è la ragione principale dell’enorme consenso a Putin.
La disuguaglianza interna ai vari Paesi tende a crescere ovunque, facendo abbassare notevolmente l’indice di sviluppo umano. Tutti gli esperti concordano infatti che una società diseguale sfavorisce i cittadini. I Paesi più disuguali perdono fino a un terzo del loro valore nell’indice ISU: SudAfrica -245 (su 721), Bangladesh -203, Brasile -192, Marocco -182, India -169, Nepal -164, Cina -127, Stati Uniti -106. I paesi UE, tra i meno disuguali, perdono meno: Slovacchia (-49) e Ungheria (-51 punti), meno di tutti risentendo ancora dell’esperienza comunista, nonostante siano passati 35 anni, come del resto la Polonia (-89).
L’indice di disuguaglianza (Gini index) attribuito da UNDP all’Italia è 34,8 (più alto è, più c’è disuguaglianza), ma rammento che l’ultima indagine della Banca d’Italia sui redditi delle famiglie, più accurata delle precedenti, per individuare i reali redditi dei più ricchi e dei più poveri, alza l’indice di Gini da 34,8 a 41,1, come negli Stati Uniti che tanto critichiamo, ma che hanno una tassazione sulle eredità molto più progressista di quella italiana.
L’indice ISU mostra come i Paesi Brics (Brasile, Russia, India, Cina, SudAfrica) stiano crescendo e vogliono trainare tutto il Sud globale. Paesi poco democratici e molto diseguali che migliorano anno dopo anno nei diritti sostanziali come occupazione, istruzione, sanità, salari. E’ probabile che si avviino verso forme più democratiche e meno ineguali sia nei redditi che nel rapporto uomo-donna, come del resto spesso accade quando salari ed occupazione si alzano e com’è avvenuto anche in Occidente. Dal 2009 i Brics si sono organizzati per diventare un’alternativa al dominio mondiale degli Stati Uniti.
Questo scontro geo politico (delle relazioni internazionali) è anche alla base di varie crisi in atto (Ucraina, Gaza, declino della UE, guerra commerciale dei dazi Usa, de-globalizzazione).
I Paesi UE balzano ai primi posti dello Sviluppo Umano ancor più se si considera la pressione ambientale che esercitano sulla Terra. Il modello sociale è infatti meno disuguale ma anche meno impattante di quelli americano e cinese. E’ questa una opportunità enorme per guidare gli altri Paesi, al di là delle critiche sul Green Deal perché il cambio climatico è reale ed è avvertito dai popoli ovunque.
E’ probabile (e ci auguriamo) che tra un anno sia risolta la guerra in Ucraina (e forse quella di Gaza), in quanto, al di là della vulgata che dice che la Russia è in grado di invadere la UE, la stessa Russia soffre di una guerra che si prolunga ed è un problema per un paese di soli 140 milioni di abitanti in declino demografico, con un territorio vastissimo che fatica a rimpiazzare i giovani russi al fronte (anche se meno di quanto avviene per gli ucraini, con soli 28 milioni di abitanti e dove l’ostilità al reclutamento è maggiore).
Nonostante l’apparente vittoria sui dazi di Trump, sta anche tramontando la vulgata dell’America potenza n.1, in quanto soffre di una grave crisi non solo economica (alto deficit commerciale, alto debito pubblico, esigua manifattura), ma sociale (altissima disuguaglianza, paese diviso, crescita di povertà, mancanza di welfare, declino della speranza di vita, caso unico al mondo). La guerra commerciale dei dazi scatenata da Trump non invertirà questo declino, anche perché i BRICS non hanno alcuna intenzione di “dargliela vinta”, come fa la povera UE, convinta che “essere unita nel bene e nel male finchè morte non ci divida” con gli USA, faccia bene.
Nella dissoluzione in corso del dominio USA (verso un multilateralismo), sarà la UE a pagare i prezzi maggiori, omettendo di svolgere la sua missione spirituale nel mondo: quella di “equilibrio” tra i due Golia (USA, Cina), con l’omissione di mettersi a capo di quell’amplissimo fronte di Paesi non allineati che vogliono vivere in pace senza padroni, convinti che per prosperare non ci sia bisogno di stare dalla parte di un impero (come fa la UE).
Ma è vero che si può prosperare senza far parte di una Super potenza in un mondo dove domina il potere (à la Trump o à la Putin o à la Xi Jinping)?g
Si e lo dimostrano proprio i dati sullo Sviluppo Umano.
I paesi che crescono di più da quando è iniziata (1992) la turbo-globalizzazione e l’idea di un dominio liberista del mondo da parte degli Usa con la sconfitta dell’URSS, non sono né i paesi UE, né gli Stati Uniti, ma i Paesi non allineati e i BRICS che vanno costruendo tra loro una rete commerciale alternativa che prima o poi sfocerà anche in un’alleanza militare e in una moneta di riserva mondiale alternativa al dollaro. Per questo c’è chi paventa un mondo meno libero e più ingiusto del Novecento e dei primi 25 anni del XXI secolo. Ne dubito, perché più cresce la prosperità (come sta avvenendo), meno i popoli sono interessati a farsi la guerra e più a cooperare.
Non stare sotto padrone
E un’indicazione anche per il declino UE e dell’Italia in particolare, di cui ha parlato anche Galli della Loggia su Il Corriere della Sera, avvilito per i tanti aspetti declinanti del nostro Paese[1]. Secondo lui sono dovuti alla Politica, alla mancanza di decisioni e alla burocrazia. Non c’è dubbio che i politici di oggi siano meno adeguati di quelli del dopoguerra, ma sono lo specchio (come diceva Gramsci) di una società che è cambiata in senso americano/liberista e “cinese” (tutti più massificati col digitale).
Ma non sarà che ciò che ci fa anche male è stare dentro questa UE e la cultura neo liberista in cui la ricchezza viene requisita da pochi? Venticinque anni di sperimentazione sono un tempo sufficiente per dire se l’esperimento UE ha funzionato e non sembra proprio. Bisogna sperimentare nuove vie finchè siamo in tempo.
Wolfgang Streeck del Max Planck Institute propone di rifondare la UE partendo da Stati sovrani che cooperino volontariamente tra loro su progetti comuni e che si aprano alla collaborazione anche di altri Paesi non UE non allineati ai Golia.
Il mondo è grande, ha 193 Stati Nazionali (erano solo 99 nel 1960). Nel mondo c’è un grande desiderio di non stare “sotto padrone” e lo dimostra il raddoppio di Stati sovrani alla ricerca di qualcuno che faccia da leader senza voler essere l’Imperatore di turno, ma solo l’allenatore, il coach, in una nuova organizzazione orizzontale e non verticale (come fanno le organizzazioni del futuro) che più che capi cercano allenatori.
Il futuro non sta in una società a piramide inscritta sull’One dollar o sugli accordi di potere tra Trump e Putin e domani Xi Jinping, ma su una crescente uguaglianza dei cittadini all’interno dei paesi e sulla cooperazione orizzontale tra Paesi. Il futuro è questo, il tempo del bullismo andrà a finire. Lo capiremo e ci sveglieremo come chi sbatte il muso contro il muro.
Già oggi alcuni Paesi europei sarebbero naturali candidati a guidare tale processo “orizzontale” dopo guerre su guerre, ma le loro élite (non la maggioranza degli elettori) credono ancora che “stare sotto padrone” sia più comodo che “mettersi in proprio”, perché implica intrapresa e coraggio, come fece l’Italia (ed altri) nel dopoguerra nei famosi “trent’anni gloriosi”.
[1] Forte aumento del debito pubblico (da anni), evasione fiscale altissima, scarsità perenne di investimenti, drammatico restringimento della manifattura, salari fermi da anni e perdita continua di potere d’acquisto, nascita di sempre nuove rendite, qualità sempre più declinante dei servizi pubblici essenziali (ferrovie, strade, ospedali, scuole), diseguaglianze sociali e territoriali crescenti, denatalità più alta d’Europa, emigrazione crescente di cittadini giovani e istruiti, da anni dati scoraggianti sul rendimento scolastico, sempre più poveri, periferie tra le più brutte in Europa e adesso anche il rischio di centri urbani di maggior prestigio sommersi dalla marea devastatrice dei turisti…mentre negli anni ’60 l’Italia cresceva, produceva aveva fabbriche e pullulava di imprenditori. Un paese che sprizzava di intelligenza e desiderio di pensare e fare cose nuove.
Cover: particolare del report 2025 UNDP sullo Sviluppo Umano nel mondo.
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