Amarcord il cinema
C’era una volta… il cinema
Entrare in un cinema quasi vuoto, un sabato sera, sperando in una piccola evasione per interrompere la solitudine. Riandare con la mente a quando i cinema erano affollati e ci si stava come in un luogo misterioso, guardando il film anche due volte e, uscendo, si rimaneva coinvolti nell’avventura appena vista.
Le storie spesso colpivano al cuore, si ricordavano per settimane gli amori e i dolori, i drammi delle guerre, le gesta
degli eroi mitologici, gli occhi stellati delle dive, gli alieni provenienti da mondi lontanissimi di chissà quali universi, le buffe smorfie dei comici.
E poi c’erano i film western: istintivamente dopo averli visti ci si trasformava in uno dei tanti sceriffi coraggiosi e come lui si assumeva per un po’ la sua andatura eretta, lo sguardo fiero, i gesti decisi, il linguaggio rado e scabro.
Anche le musiche western restavano impresse a lungo nella mente, e le si cantava in una lingua inventata, che di inglese aveva poco o nulla, per imitare quella dei cowboys.
Gli spettatori dei cinema sono sempre meno, molte sale chiudono. Nelle case gli schermi tv saranno anche giganti, ma non è la stessa cosa, non si vivono i momenti di avventura o di tensione in attesa del duello finale tra gli sceriffi e i fuorilegge in città dai nomi scolpiti nel ricordo: Tombstone, Dodge City, Santa Fe, Yuma…
Non si percepisce il vento che solleva la polvere e fa volare i cespugli di mesquite, non colpiscono i raggi del sole a picco, non meravigliano i tramonti maestosi sulla prateria, non emoziona la musica incalzante o l’attesa spasmodica della fine, quando il buono vincerà o dovrà morire sacrificandosi per gli altri.
Non si avverte il brivido che suscitano le urla degli indiani, lo sfrenato galoppo dei cavalli, la fuga disperata della diligenza, il carro Conestoga che si rovescia con i passeggeri atterriti dall’assalto dei pellirosse…
Oggi si sanno più o meno molte cose su ogni film, che prima di uscire è già in parte raccontato e valutato dalla critica.
Tra non molto, forse, chiuderanno gli ultimi cinema e ci mancheranno – ah, come mancheranno! – i ricordi, perfino i trasalimenti della memoria. Non ci potremo rinchiudere nel buio complice di una sala, dove si trasformava fantasticamente la realtà che ci attendeva una volta usciti.
Cover: Cover: Allen Street, Tombstone, Arizona.

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Franco Stefani
PAESE REALE
di Piermaria Romani
Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)
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