Il venditore di almanacchi e il passeggero
Il venditore di almanacchi e il passeggero
Il 2025 è stato un anno complicato. Lo è stato a livello globale, ma anche guardando a quanto è accaduto ad ognuno di noi non si può dire che sia stato migliore dell’anno precedente. Quante delusioni, quanti problemi, quante frustrazioni ci ha riservato? Avevamo delle aspettative, ma il 2025 le ha deluse quasi tutte. Quindi il 2026 non potrà che essere migliore.
Torniamo con la memoria a 12 mesi fa, a quando stavamo per accogliere il nuovo anno e ci accingevamo a salutare il 2024. Cosa pensavamo? Probabilmente che il 2024 era stato peggiore dell’anno precedente, e che il 2025 non poteva che andare meglio. Speranza in gran parte disattesa. E se potessimo rivivere lo stato d’animo con cui abbiamo accolto la fine dei vari anni della nostra vita, probabilmente scopriremmo che lo abbiamo fatto quasi sempre nello stesso modo: quello concluso è stato un anno difficile, il prossimo sarà sicuramente migliore.
Vi sembra un ragionamento pessimistico? In effetti è ispirato al re dei pessimisti, ed è tratto da una delle sue “Operette morali”: “Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere”. L’autore? Giacomo Leopardi.
Il racconto si svolge in una stazione, dove un venditore ambulante propone ad un passeggero in partenza l’acquisto di un almanacco per l’anno nuovo, promettendo un anno migliore di quello che si sta concludendo, e il passeggero finisce per convincerlo che le aspettative riposte nell’anno entrante non erano diverse da quelle per tutti gli anni a venire, che poi invece si erano rivelati peggiori dei precedenti.
Proviamo ad andare oltre il semplice pessimismo, e cerchiamo di capire il perché di questo fenomeno. Del passato conosciamo tutto: soprattutto sappiamo che la realtà non è stata mai quasi mai in linea con i nostri desideri. E quindi, ripercorrendolo con la memoria, finiamo spesso con l’essere delusi. Il futuro ci appare come un quaderno con le pagine bianche, tutte da scrivere, e possiamo immaginare di riempirle come più ci piace. Quanto è consolatorio pensare che il 31 dicembre si tiri una riga, e dal primo gennaio tutto riparta da capo? Eppure il sole che sorgerà a Capodanno sarà esattamente lo stesso che è tramontato nella notte di San Silvestro. E allora ci abbandoniamo al pessimismo?
La realtà è che molto spesso accadono fatti sui quali non abbiamo il controllo, e dobbiamo in un certo modo subirli. Ma in molti casi dovremmo essere noi a far succedere le cose, e non lo facciamo. Aspettiamo, assistiamo a quello che accade, e ci limitiamo a lamentarci. A prescindere dal cambio dell’anno, forse dovremmo cominciare a pensare di impegnarci se vogliamo che accada ciò che speriamo. E quindi provare a cambiare quello che non ci piace, provare finalmente a realizzare quel progetto che da tempo rimandiamo. Quanti di noi, ad esempio, hanno nel cassetto il viaggio dei sogni? “Prima o poi ci andrò”.
Se c’è un insegnamento da trarre dall’avvicendarsi degli anni, è che il tempo non ci aspetta: a furia di rimandare, arriverà il momento in cui diremo: “avrei dovuto farlo prima, ormai è troppo tardi”. Non serve fare cose straordinarie: quando capiamo che il tempo a nostra disposizione è limitato, diventa facile farne un uso migliore, semplicemente dedicandoci a ciò che ci piace: gli amici, la famiglia, i viaggi, ma anche le letture, il cinema, le passeggiate. Proviamo a ricavarci un po’ più di tempo per noi, facendo tutto ciò che di solito rimandiamo pensando che le priorità siano altre.
Quello che succederà nel 2026 non dipende da noi; quello che succederà a noi, in gran parte sì. Se vogliamo che il nuovo anno sia migliore, smettiamola di aspettare e proviamo a migliorarlo noi.
Cover image wikimedia commons
Molto bello. E’ vero il tempo non ci aspetta perché continua ad andare così veloce che ci ha …raggiunto alle spalle. Così accade che sempre più il nuovo ( inteso anche come anno nuovo) ci porta al nostro inizio, alla nostra…antichità ( e’ proprio dietro di noi, alle nostre spalle). Leopardi non era poi tanto il campione di pessimismo che si vorrebbe far credere, quanto il primo scrittore distopico.