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Tecnocrazia e famiglia nel bosco

Tecnocrazia e famiglia nel bosco

Ieri mi è successo un fatto che voglio raccontare. Ero al parco con il mio cane, chiacchieravo con altre donne. Parlavamo della morte delle gemelle Kessler e discutevamo del fatto che molto dietro alla pratica del suicidio assistito e dell’eutanasia, ci lasciava perplesse. La tanto ventilata autodeterminazione e libertà, parole che volano alte ogni volta che si parla di questi argomenti, non possono essere usate a strumento di propaganda. Scegliere di togliersi la vita ha un impatto forte sulla società.

Tutte consapevoli che il tema è delicato e che tocca corde profonde di sofferenza ci interrogavamo però sul fatto che dietro a queste pratiche c’è comunque un mercato. Io ho azzardato e ho proprio parlato di mercato dei corpi, del fatto che per legiferare su questo si devono trattare i corpi come da tempo trattiamo la natura, come se fossero inanimati.

E ho parlato del mercato dei corpi e dei pezzi di corpo riferendomi anche alla propaganda dell’utero in affitto oggi definita eufemisticamente gestazione per altri  e alla “donazione” di ovuli e sperma. Forse la morte confezionata con un farmaco letale, un medico che te la inietta e un avvocato che certifica che tutto è stato fatto secondo la legge (in realtà secondo una sentenza perché in Germania la legge non c’è ancora), non fa parte del sistema mercato? Non è forse un contratto che sancisce l’intrecciarsi di queste personalità professionali?

Si era avvicinato da poco un signore che spesso arriva al parco con il suo cane. Ci ascoltava in silenzio. Poi alla mia affermazione che c’è un mercato dei corpi e di pezzi di corpo è sbottato violentemente dicendo “la deve smettere di dire cavolate, queste sono chiacchiere da bar e di questo può parlare solo chi è competente”. Sono rimasta in silenzio per pochi secondi, si rivolgeva a me? mi sono chiesta, e perché con tanta violenza?

Non sono una che sta zitta e, quando mi sono ripresa dallo stupore, ho ribattuto che sui temi di morte e vita tutti possiamo esprimere le nostre opinioni e che queste mie riflessioni non erano fatte alla leggera. Si è allontanato senza più dire nulla. Le altre signore sono rimaste basite dalla violenza verbale con la quale mi aveva aggredito e mi hanno confessato che il signore è un giudice in pensione. Mi sono dovuta trattenere dal rincorrerlo e mordermi la lingua per non dirgli che ero felice che fosse in pensione perché così non potrà più intimidire alcuno in quel modo.

Certamente, senza volere, con le mie parole, ho risvegliato una sofferenza che lo ha spinto a reagire così, ma quello che mi ha fa accapponare è l’arroganza di alcuni che pensano che ci siano cittadini di serie A e di serie B. Quelli competenti (A) in materia, quelli specializzati sono loro che devono scegliere per il bene di tutti.  Si chiama tecnocrazia. E a me fa davvero paura.

Solo pochi anni fa ci siamo trovati ad affrontare la stessa situazione. Se avevi dubbi sul farmaco/vaccino covid eri un ‘anti-scienza’. Certi scienziati avevano la verità in tasca e denigravano quelli che si ponevano dei dubbi. Discutere era impossibile. Lo Stato decideva sul tuo corpo pena l’esclusione dalla società, l’impossibilità di lavorare, di accedere nei luoghi pubblici etc. O stavi con loro o eri un disertore, un sorcio e non vado oltre etc. La stessa magistratura è stata silente, dimenticando che la Costituzione nell’articolo 32, 2 e 21 mette al centro proprio l’autodeterminazione che è invalicabile; il Codice di Norimberga poi era diventato carta straccia.

Oggi riguardo alla famiglia nel bosco succede la stessa cosa. Si possono portare via dei bambini dal loro ambiente e strapparli ai genitori naturali solo perché alcuni hanno deciso che l’unico modo per crescerli sani e buoni è quello omologato, quello della scolarizzazione di Stato. Se non hai l’acqua corrente e il riscaldamento non li ami, vuoi il loro male. Se scegli per loro la relazione con la natura e non quella sociale non li ami.

Ma quale follia sta prendendo questi giudici? O, sarebbe meglio dire, questi tecnocrati che vogliono omologare tutti e inserirli in protocolli schedabili? Cosa sta spingendo le persone a credere che solo quelli preparati in certi campi hanno diritto di parola e tutti gli altri devono stare zitti? Se sei analfabeta allora sei privo di qualsiasi intelligenza? Ma da quando? Solo perché sai leggere non è detto che tu sappia avere relazioni sane.

Ma da quando siamo diventati così incapaci di discernimento al punto che non vediamo tutti i paradossi che il nostro mondo “primo” sta producendo?  Un medico che inietta un farmaco letale ad esempio. E da quando non riusciamo più a vedere che questo sistema ci sta portando diritti verso il totalitarismo? Altro che democrazia.

Dietro a tutto questo, ormai mi chiedo se non ci sia una regia che vuole privarci della nostra umanità, della nostra intelligenza intuitiva, del nostro senso. Perché è di questo che stiamo parlando della cancellazione dell’umanità per come l’abbiamo conosciuta, della compassione, della intelligenza emotiva e intuitiva a favore degli algoritmi delle macchine (ben confezionati da chi vuole avviarci in una certa direzione) che governeranno il nostro vivere sociale.

Spero che la voce antica dei nostri corpi urli la verità ai più e metta un freno a questa deriva totalitaria vestita a festa e agghindata con su scritto parole ormai vuote di significato: libertà, giustizia, amore, inclusione, diversità.

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Roberta Trucco

Classe 1966, genovese doc (nel senso di cittadina innamorata della sua città), femminista atipica, felicemente sposata e madre di quattro figli. Laureata in lettere e filosofia con una tesi in teatro e spettacolo. Da sempre ritengo che il lavoro di cura non si limiti all’ambito domestico, ma debba investire il discorso politico sulla città. Per questo sono impegnata in un percorso di ricerca personale e d’impegno civico, in particolare sui contributi delle donne e sui diritti di cittadinanza dei bambini. Amo l’arte, il cinema, il teatro e ogni tipo di lettura. Da alcuni anni dipingo con passione, totalmente autodidatta. Credente, definita dentro la comunità una simpatica eretica, e convinta “che niente succede per caso.” Nel 2015 Ho scritto la prefazione del libro “la teologia femminista nella storia “ di Teresa Forcades.. Ho scritto la prefazione del libro “L’uomo creatore” di Angela Volpini” (2016). Ho e curato e scritto la prefazione al libro “Siamo Tutti diversi “ di Teresa Forcades. (2016). Ho scritto la prefazione del libro “Nel Ventre di un’altra” di Laura Corradi, (2017). Nel 2019 è uscito per Marlin Editore il mio primo romanzo “ Il mio nome è Maria Maddalena”. un romanzo che tratta lo spinoso tema della maternità surrogata e dell’ambiente.

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