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Il Papa è tornato a parlare e lo ha fatto in una conferenza stampa nel viaggio di ritorno dalla Slovacchia. Ha toccato questioni delicate e complesse, con parole che mi sono giunte come pugni nello stomaco. Sentire dire che “l’aborto è un omicidio con l’aiuto di un sicario” a me, che sono madre di 4 figli, è sembrato un obbrobrio.

Per me la vita è sacra ma è altrettanto sacro il diritto all’autodeterminazione. Nel libro di Teresa ForcadesSiamo tutti diversi (edizioni Castelvecchi) che ho curato con Cristina Guarnieri, lei spiega che nel magistero la chiesa considera  il diritto alla vita un diritto fondamentale ma considera tale anche il diritto all’autodeterminazione.

Ora. nella questione complessa dell’aborto i due diritti confliggono: la domanda che sorge allora è:” chi può risolvere tale conflitto? “Per il magistero della chiesa  il diritto alla vita ha sempre la precedenza.
Per me la risposta è semplice, nessuno al di fuori del corpo/ spirito che porta in serbo quella vita, può risolvere tale conflitto.

Perché dico questo? Perché la vita umana non può essere usata in modo strumentale. La legge non sta sopra di noi ma sta davanti a noi e c’è uno spazio di libertà (anche se oggi parlare di libertà mi sembra quasi ridicolo) che si chiama coscienza/autodeterminazione, nel quale nessuno può entrare se non con il permesso.
Non riconoscere alle donne questo spazio è privarle della loro umanità.

Da millenni l’uomo maschio controlla i corpi delle donne in modo ossessivo, il controllo riproduttivo è poi il caposaldo su cui si radica il patriarcato. I figli sono del padre, a loro si dà il cognome del padre, il padre è l’autorità.
Forse oggi I padri sono meno ‘padri’ nell’immaginario collettivo, il loro ruolo si è modificato dagli anni 60′ in poi, ma il dio Padre, lo Stato Padre, il Santo Padre, i padri della scienza, continuano a dettare leggi prive di anima, negando un patto sociale che è alla base delle comunità.

Le donne di questa comunità sono parte, come tutti del resto, ma se a loro continua a venire negato il diritto all’autodeterminazione è forse possibile parlare di  comunità?
La mia amica Monaca (che non è a favore dell’aborto ma di una sua depenalizzazione, posizione che condivido) aveva risolto il caso con il magistero, ponendogli una domanda: come mai la chiesa nel caso di un padre il cui figlio abbia bisogno di un trapianto di un rene, se lo ha compatibile, non viene obbligato in alcun modo a donarlo?
Inoltrò la sua domanda al Vaticano, aggiungendo anche che la donazione di un rene ha un grado di mortalità e di complicanze ben minore di una gravidanza e di un parto. La sua domanda rimase senza risposta.

Con la stessa logica del controllo dei corpi delle donne sono, poi, le parole che Papa Francesco riserva al secco no al matrimonio di gay e lesbiche, ma a un compassionevole si ( sic) alle unioni civili. Il matrimonio è un sacramento che riguarda solo una donna e un uomo, a suo dire, perché nella teologia della complementarità il matrimonio è strettamente legato alla riproduzione. Ma non è forse vero che la chiesa non ha mai negato il matrimonio a una donna attempata che certo ha perso la sua prerogativa di riprodursi? O lo negherebbe a una donna priva di utero? O a un uomo infertile?

La teologia della complementarità, o la visione laica binaria, negano alla base l’unicità di ogni singolo essere umano, senza distinzione di sesso, perché l’ uno diventa la metà dell’altro.
Ma nella struttura sociale, e nell’immaginario che regge questa prospettiva, le donne si trovano sul gradino più in basso.

La cosa curiosa è che il sacramento del matrimonio è la manifestazione dell’amore di Dio e, l’amore di Dio lo troviamo nella trinità, e questo amore non ha nulla a che vedere con la complementarità.
Dunque, in questo caso, lo stesso Papa sembra non riuscire ad entrare in quella prospettiva trinitaria che è alla base della nostra fede cristiana.

Sempre la mia amica Teresa Forcades a questo proposito scrive: “Ecco perché sono a favore del matrimonio omosessuale. Non ritengo sufficiente che la Chiesa diventi tollerante nei confronti  degli omossessuali, né che semplicemente smetta di discriminarli o colpevolizzarli, sono a favore del sacramento dell’amore fra due persone, sia etero sia omosessuali, a patto che  fra loro vi sia un amore autentico […] il problema del matrimonio  non è se sia  etero o omosessuale, ma la qualità dell’amore che lo anima.”.

Nel 2015, in un articolo pubblicato sul blog 27ora dal titolo Il femminismo ci libererà dalla violenza sui deboli [Vedi qui], affrontavo la questione della assunzione di responsabilità alla pari delle donne nello spazio pubblico e  quanto questo mettesse in crisi gli immaginari di riferimento e le fondamenta della società patriarcale.

Scrivevo: “La venerazione per la Ragione pura che, dall’Illuminismo in poi è stato il motore del progresso in campo scientifico ma anche in quello politico sociale e culturale fino alla creazione degli Stati di diritto ai quali si deve l’abbattimento graduale di diseguaglianze e discriminazioni allora impensabili, oggi sembra in crisi e non risponde più alle esigenze di una democrazia sempre più avanzata. La ragion pura ha gradualmente spogliato l’immagine paterna, a cui l’idea di Stato è legata, della forza empatica e umana di cui era anche portatrice, trasformando la sua autorevolezza in autoritarismo, ha svuotato la parola del suo autentico senso incarnato riducendola a codice astratto privo della conoscenza esperienziale che passa per un corpo sessuato.”.

Mai come oggi queste parole mi sembrano vere!
Sembra che lo stesso Santo Padre abbia perso il senso della parola incarnata.

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Roberta Trucco

Classe 1966, genovese doc (nel senso di cittadina innamorata della sua città), femminista atipica, felicemente sposata e madre di quattro figli. Laureata in lettere e filosofia con una tesi in teatro e spettacolo. Da sempre ritengo che il lavoro di cura non si limiti all’ambito domestico, ma debba investire il discorso politico sulla città. Per questo sono impegnata in un percorso di ricerca personale e d’impegno civico, in particolare sui contributi delle donne e sui diritti di cittadinanza dei bambini. Amo l’arte, il cinema, il teatro e ogni tipo di lettura. Da alcuni anni dipingo con passione, totalmente autodidatta. Credente, definita dentro la comunità una simpatica eretica, e convinta “che niente succede per caso.” Nel 2015 Ho scritto la prefazione del libro “la teologia femminista nella storia “ di Teresa Forcades.. Ho scritto la prefazione del libro “L’uomo creatore” di Angela Volpini” (2016). Ho e curato e scritto la prefazione al libro “Siamo Tutti diversi “ di Teresa Forcades. (2016). Ho scritto la prefazione del libro “Nel Ventre di un’altra” di Laura Corradi, (2017). Nel 2019 è uscito per Marlin Editore il mio primo romanzo “ Il mio nome è Maria Maddalena”. un romanzo che tratta lo spinoso tema della maternità surrogata e dell’ambiente.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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