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Da: Fratelli D’Italia

Una notizia sconcertante. E’ questa la prima reazione all’espulsione per pericolo di terrorismo del Presidente del Centro Islamico di Ferrara. Un fatto gravissimo e senza precedenti! Il problema è che non si tratta soltanto di una “testa calda” o di un esaltato, ma era una di quelle figure a “guida” di una Comunità che vive ogni giorno tra le nostre case, uno di quei “riferimenti” con le quali l’Amministrazione Comunale dialogava e si affidava per la tutela della sicurezza e del convivere civile in Città. E invece si preparavano attentati, si indottrinavano giovani, si tramava alla distruzione della nostra sicurezza. Tra le nostre famiglie, sotto il nostro naso. E’ ora di aprire gli occhi e spogliarci di inutili e pericolosi paraocchi ideologici! Risale all’inizio dello scorso anno la nostra petizione finalizzata ad una proposta di legge a livello nazionale, circa l’introduzione di alcuni semplici principi per il controllo dei centri di predicazione islamici.E come sempre accade le solite accuse di populismo,razzismo, xenofobia. Cosa chiedevamo di tanto razzista? Semplice: Sermoni, prediche, omelie si svolgano in italiano, rispetto dei principi Costituzionali e della nostra identita’, Accesso da parte di dipendenti comunali per verificare il rispetto di tali norme, Rappresentanti di associazioni religiose con fedina pulita, Creazione del registro degli Imam presenti sul territorio comunale. Nel frattempo il mondo è andato avanti, e Al motto “allah akbar” gravi ed efferati atti terroristici di matrice islamica hanno costellato importanti città europee e non solo, lasciando sul campo migliaia di vittime innocenti. Oggi dopo oltre un anno e mezzo, si scopre che avevamo ragione a chiedere maggiori controlli nei luoghi di predicazione del corano. In parlamento sono arrivati disegni di legge analoghi, al testo della petizione da noi presentato, quando i riflettori erano puntati su altri temi. Varie città, senza distinzione di colore politico, hanno adottato misure tese a creare maggior dialogo fra istituzioni cittadine e rappresentanti delle comunità islamiche. Ricordiamo Milano che lega la concessione degli spazi per le istituzioni di moschee all’isituzione di un registro degli imam e all’utilizzo della lingua italiana durante la predicazione nelle moschee. Ma per venire ad una caso più recente, possiamo vedere che il rispetto dei valori della Costituzione italiana, l’impegno a pronunciare in italiano (e non solo in arabo) il sermone del venerdì in moschea, e a tradurre la lettura dei versetti del Corano, vengono ripresi anche in altri due comuni a guida PD. Sono infatti i due punti chiave del patto che firmato a febbraio 2016 presso Palazzo Vecchio dal sindaco Dario Nardella e dall’imam di Firenze Izzedin Elzir, presidente dell’Unione delle comunità islamiche d’Italia (Ucoii). La sottoscrizione del patto è fissata in concomitanza con l’analoga iniziativa che si è tenuta a Torino, grazie ad un accordo tra Nardella ed l’allora sindaco Piero Fassino. A complicare le cose, l’esistenza dei luoghi abusivi di culto, dove il rischio di radicalizzazione è altissimo che secondo le stime del Viminale, superano il migliaio di luoghi. Per evitare che le comunità si radicalizzino, occorre ragionare seriamente, a livello locale e a livello nazionale, sulla regolamentazione che vada nella direzione tracciata della nostra petizione “in Italiano è meglio”, che come visto è analoga alle misure adottate da molti comuni, ma purtroppo non da tutti. Purtroppo a volte le ragioni ideologiche impediscono a chi amministra di fare ciò che sarebbe semplicemente legato al buon senso. Il tutto passa per la collaborazione della parte sana delle comunità islamiche presenti nei vari territori e che a Ferrara esistono e sono perfettamente integrate e hanno ripudiato ogni aspetto di estremismo o radicalizzazione: loro sono i primi che hanno interesse a prendere le distanze e a denunciare episodi di radicalizzazione, di predicazione con finalità eversive. Oramai però bisogna prendere coscienza, che accanto a questo non si può più prescindere dalla messa in campo di misure di controllo e di prevenzione, non per vietare il culto islamico, ma per consentirne la pratica dentro i confini dei principi sanciti dalla nostra Costituzione.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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