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Ben Lerner e la poesia come emergenza

Ben Lerner e la poesia come emergenza.

Ben Lerner (Topeka, Kansas,1979) è poeta, romanziere, saggista e critico letterario; ha studiato teoria politica e poesia alla Brown University, dove è stato allievo della poetessa C.D. Wright. La sua opera si distingue per una profonda riflessione sul linguaggio, sulla forma e sull’ideale poetico come tensione irrisolta.

Ha pubblicato raccolte poetiche come Le figure di Lichtenberg (2004), Angle of Yaw (2006), Mean Free Path (2010) e No Art (2016), oltre al saggio Odiare la poesia (2016), che ha avuto grande risonanza internazionale. Come romanziere, è autore di Leaving the Atocha Station (2011), 10:04 (2014), The Topeka School (2019) e recentemente  di Luci (2023, edizione italiana Sellerio 2025).

Ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui le borse Fulbright, Guggenheim e MacArthur, ed è stato finalista del National Book Award. Attualmente insegna letteratura inglese al Brooklyn College di New York, dove è stato nominato Distinguished Professor.

Nel panorama della poesia contemporanea americana, Ben Lerner si distingue per un approccio radicalmente originale: la sua scrittura poetica non è solo forma, ma processo emergente, una dinamica che riflette la complessità del mondo moderno. Le figure di Lichtenberg (Tlon Edizioni, 2017), raccolta d’esordio pubblicata nel 2004, è un esempio emblematico di questa tensione tra struttura e caos, tra desiderio di ordine e consapevolezza del fallimento.

Da un punto di vista scientifico le cosiddette figure di Lichtenberg sono strutture ramificate che si formano quando una scarica elettrica attraversa un materiale isolante. Prendono il nome dal fisico e filosofo tedesco Georg Christoph Lichtenberg, che nel XVIII secolo le osservò per la prima volta. Sono esempi di pattern frattali, figure che a scale diverse ripropongono lo stesso motivo di fondo (auto-similarità), e rappresentano un fenomeno emergente: il risultato di interazioni complesse tra energia, materia e resistenza.

Ben Lerner sceglie questo titolo per evocare la poesia come evento, come scarica che lascia tracce ramificate nella mente del lettore. Ognuno dei 52 sonetti contenuti nella raccolta  è una figura di Lichtenberg: breve, intensa, capace di generare forme mentali complesse, che non si lasciano ridurre a un significato univoco.

Dopo la pubblicazione di queste poesie, il danaro non sarà argomento possibile.

Il danaro sarà un uccello grigio noto per farsi gioco di altri uccelli.

Le stelle saranno aggiustate per tenere conto dell’inflazione

così che i morti possano continuare a vivere nel modo al quale si sono abituati.”

[Le figure di Lichtenberg, pg.51]

La scelta del sonetto, forma chiusa e classica, è già di per sé un gesto provocatorio. Lerner ne scrive cinquantadue, ma li usa come moduli frattali, ripetizioni variate che non cercano la simmetria, bensì la discontinuità interna. Come nei frattali, l’unità si ripete con variazioni, generando un senso di complessità auto-simile.

Nel saggio Odiare la poesia (Sellerio, 2017), Lerner afferma che la poesia è una forma impossibile, sempre deludente rispetto all’ideale. Ma è proprio in questa delusione che si genera qualcosa di nuovo: un evento poetico emergente, che non si lascia ridurre né alla forma né al contenuto.

La poesia emerge dalla prosa come un’interruzione, una deflagrazione, una promessa non mantenuta.”

Io stesso la detesto pur avendo organizzato la mia vita sulla poesia. Non considero questo una contraddizione perché la poesia e l’odio per la poesia sono fusi insieme.

La poesia di Lerner è pensiero incarnato, riflessione sul mondo e sull’atto stesso del poetare. Le sue immagini sono stratificate, le sue parole sono nodi in una rete di significati. La sua scrittura si avvicina alla poesia scientifica, non per i contenuti, ma per la capacità di modellizzare il reale.

Quando un sogno conveniente comincia a sognare sé stesso,

gli ultimi bambù del vicinato vacillano alla radice.

I bambini fanno l’amore ‘stile esecuzione’,

poi si abbracciano l’un l’altro come momenti di silenzio.”

[Le figure di Lichtenberg, pg.51]

 

Pierre Teilhard de Chardin

La poesia di Ben Lerner, pur radicata nella contemporaneità americana, sembra risuonare con una visione più ampia, quasi cosmologica. In particolare, si può leggere in filigrana una consonanza con il pensiero di Teilhard de Chardin, il teologo e paleontologo francese che ha formulato l’idea che “tutto ciò che emerge converge”.

Per Teilhard, l’universo è un processo evolutivo in cui la complessità genera coscienza, e la coscienza tende alla convergenza, verso un punto omega. Lerner, da parte sua, descrive la poesia come evento emergente, nato dalla frizione tra prosa e ideale, tra linguaggio e fallimento. Ma questa emergenza non è dispersiva: tende a convergere verso una forma di conoscenza, di consapevolezza, di rivelazione.

In questo senso, ogni sonetto di Le figure di Lichtenberg è una scarica convergente, una figura frattale che non si limita a esplodere, ma organizza il caos in una forma che ci interroga, ci orienta, ci trasforma. La poesia diventa così una forma di convergenza cognitiva, dove il pensiero, il corpo e il linguaggio si incontrano per generare senso.

Con Luci (Sellerio, 2025), Ben Lerner torna a esplorare il confine poroso tra poesia e narrativa, tra discorso pubblico e privato, tra il linguaggio e il suo fallimento. Pubblicato da Sellerio e tradotto da Martina Testa, il libro raccoglie versi e prose scritti negli ultimi quindici anni, alcuni già apparsi su riviste prestigiose come The New Yorker e Paris Review, altri inediti o provenienti da sue opere narrative.

Il testo si presenta come una costellazione di frammenti, dove canzoni, silenzi, effetti sonori e messaggi vocali si intrecciano per riflettere sull’arte, sulla genitorialità, sulla vita quotidiana in un mondo segnato da crisi interconnesse e accelerazione globale. Le parole si dispongono sulla pagina “a cascata”, dando al testo la configurazione di una fuga musicale, una prosa poetica che riflette sul linguaggio e sul suo potere di suggerire, più che di affermare.

Mi lascio in eredità alla terra, per rinascere dall’erba che amo, ha scritto il poeta, e non è discorso né canto, ma un tratto di prato che sta in mezzo fra i due, delimitato dal nastro della polizia.”

In questo senso, Luci rappresenta una convergenza tra le tensioni che attraversano tutta l’opera di Lerner: il desiderio di dire e l’impossibilità di farlo, la poesia come fallimento e come promessa, la parola come gesto etico e come canto che spacca il vetro. È il punto in cui la sua poetica dell’emergenza si fa coscienza condivisa, dove il linguaggio non è più solo strumento, ma ambiente da abitare.

Una visione che ancora e di più si collega profondamente al pensiero di Teilhard de Chardin: Luci è il luogo dove ciò che emerge – frammenti, voci, memorie – converge in una forma nuova, capace di illuminare il presente e di suggerirci un futuro possibile.

Cover: Ben Lerner – immagine da Interno Poesia

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Giuseppe Ferrara

Giuseppe Ferrara – Nato a Napoli. Cresciuto a Potenza fino alla maturità Classica presso il Liceo-Ginnasio Q.O. Flacco. Laureato in Fisica all’Università di Salerno. Dal 1990 vive e lavora a Ferrara, dove collabora a CDS Cultura . Autore di cinque raccolte poetiche; è presente in diverse antologie. In rete è possibile trovare e leggere alcune sue poesie e commenti su altri poeti e autori. Tiene un blog “Il Post delle fragole”: https://thestrawberrypost.blogspot.com/

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