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Piantedosi non gradito in Libia:
Africa settentrionale, l’ennesima polveriera

Piantedosi non gradito in Libia: Africa settentrionale, l’ennesima polveriera

Il ministro italiano degli Interni Piantedosi assieme al suo omologo di Malta e Grecia e al commissario europeo per i migranti sono stati espulsi dalla Cirenaica (Libia) di Haftar come “persone non gradite”. Pare che il motivo sia stato non farsi fotografare insieme al primo ministro della Cirenaica onde evitare una sorta di riconoscimento internazionale.

E’ la conferma di un conflitto in corso non solo tra le due fazioni (Tripoli vs Bengasi, Tripolitania vs Cirenaica) ma anche di Usa-Europa vs Russia-Cina, in cui l’Italia, facendo parte dell’Europa, è pienamente coinvolta. Non è un caso l’incidente tra un aereo tedesco che sorvegliava le navi in transito per lo stretto di Hormuz (sotto tiro degli sciiti Houthi) e una nave cinese che ha usato per la prima volta un laser di disturbo contro l’aereo tedesco con tanto di richiamo all’ambasciatore cinese.

Prove di tensione nel Grande Medio Oriente dove Trump cerca di riprendere un ruolo e dove, nonostante l’apparente “vittoria” di USA/Israele sull’Iran, la situazione è del tutto fluida e instabile, in quanto gli alleati storici sciiti dell’ex URSS sono ancora oggi legati alla Russia; anche perché gli Usa nel 1953, col colpo di Stato della CIA e dei servizi segreti inglesi contro il principe Mossadeq democraticamente eletto (Operazione Ajax), scelsero la fazione sunnita-wahabita anti-sciita. Da allora l’Arabia Saudita è uno Stato profondamente intrecciato con gli interessi americani, che proseguono floridi anche oggi con Trump e gli accordi di Abramo.

Il fatto è che l’Occidente ha perso la sua presa anche sulla Libia che era diventata troppo indipendente con Gheddafi e che americani, inglesi e francesi (facendo uno sgarro questi ultimi agli italiani) hanno fatto fuori nel 2011, pensando con un “regime change” di realizzare una stabilizzazione secondo i canoni comuni dell’Occidente.

La cultura e la stessa diplomazia americane sono state molto ricche e colte nei primi decenni del secondo dopoguerra, anche per l’apporto degli antropologi, e mai avrebbero fatto gli errori che hanno compiuto a partire dalla guerra in Vietnam in poi. Una sottovalutazione di altre culture e modi di vivere che hanno portato, come nel caso libico, ad una incomprensione di culture basate su clan chiusi e tribali che mai avrebbero potuto in breve tempo avere una statualità per come la concepiamo in Europa.

Errori gravi, che hanno prodotto anche il caos libico da cui è sorta la fazione del generale Haftar: che controlla non solo la Cirenaica ma ormai buona parte della Libia, sostenuto dalla Russia e (sotto sotto) dalla Cina come avamposto in quel Grande Medio Oriente dove la Russia, con la Turchia, ha oggi un ruolo maggiore di quello che aveva l’URSS 50 anni fa. La Turchia aveva bloccato Haftar alle porte di Tripoli nel 2021 ma ora ha ripreso il dialogo col generale e venduto droni. Non è un mistero che Haftar voglia conquistare tutta la Libia.

Una Libia che potrebbe riprendere il sogno panarabo di Gheddafi di riunire tutta l’Africa del Nord in un grande mercato unico (con un’unica moneta) ma che potrebbe diventare ora, più che un alleato, un temibile competitor dell’Europa (e dell’Italia in primis), in quanto la Russia (e la Turchia) sono già presenti e la Russia cerca, in varie parti dell’Africa, di sostituire i francesi. Uno scenario che rilancia il ruolo della Russia in Africa e nel Grande Medio Oriente e che è figlio degli infiniti errori della Nato, degli Americani e della ignavia degli italiani nella vicenda dell’uccisione di Gheddafi del 2011.

L’Italia aveva avuto nel secondo dopoguerra, nonostante facesse parte della Nato e stesse agli ordini degli Americani, una politica estera sempre attenta ai Paesi arabi. Una politica che si è andata accentuando in tal senso con la crescita elettorale del PCI e PSI e che è arrivata al suo culmine con l’accordo informale Moro-Berlinguer che portò al governo DC-PSI con l’astensione esterna del PCI. Quello è stato il punto di rottura con gli Stati Uniti che non volevano far entrare il PCI nell’area di governo, e neppure gradivano una politica estera troppo incline agli interessi dei paesi arabi, che stava molto a cuore a Craxi.

L’abbandono della strategia diplomatica italiana intelligente e lungimirante di quegli anni e la successiva sudditanza dell’Italia (e dell’Europa) alla politica estera americana, che aveva abbandonato l’attenzione alle altre culture (che non fossero quella yankee), ha portato alle macerie di oggi e al dilagare della Russia e Cina in Africa.

Solo la stupidità americana poteva immaginare che da una sconfitta di Gheddafi potesse nascere una società “occidentale”, fondata sulla democrazia in un paese come la Libia con molteplici tribù e clan impermeabili alla cultura occidentale e che Gheddafi, mirabilmente, era riuscito a far convivere pacificamente anche perché ampiamente sussidiati coi proventi del petrolio. La Libia era diventata nel 2011 uno dei paesi più ricchi dell’Africa e che più si erano sviluppati secondo i parametri ONU dello sviluppo umano.

Se da un lato l’impero americano non consente alle potenze intermedie alcun ruolo, potrebbe essere che Trump si sia convinto di concedere un piccolo esercito alla Germania, inducendola a sacrificarsi proprio per mitigare le mire turche (e russe) nel Mediterraneo. Il fatto è che la Germania non è una potenza di mare (lo potrebbe essere l’Italia), ma potrebbe, armandosi, diventarla e aiutare gli Stati Uniti a riprendere un ruolo in Africa e nel Grande Medio Oriente. Ma può farlo senza la Russia? La Russia potrebbe svolgere una funzione anti-cinese e, in tal modo, consentire agli Stati Uniti di continuare ad esercitare ancora per molti decenni una leadership mondiale, messa in discussione dalla Cina e dal suo protagonismo nei BRICS. E’ questo che spiega il rapporto riluttante e ondivago di Trump con Putin. In discussione non è tanto l’Ucraina, ma una possibile alleanza degli Stati Uniti con la Russia in funzione anti-Cina. Da qui il grande dubbio, credo, di Trump e degli americani oggi: cooperare o non cooperare con la Russia in funzione anti-cinese?

Purtroppo l’Europa, non costruendo in 25 anni una sua statualità, si è cacciata nelle condizioni peggiori e l’Italia stessa in Libia, con politici di bassa levatura, si è accodata alle scemenze anglosassoni, pensando che essere vassalli fosse più utile al padrone, il quale si ritrova oggi cornuto e mazziato anche per colpa degli yes man, come sanno tanti imprenditori che da vecchi riflettono su alcuni errori che hanno fatto in passato, non trovando nessuno tra i più stretti collaboratori che li aveva avvisati per tempo delle scemenze che stavano facendo. Si veda a tal proposito Leader, giullari e impostori di Kets de Vries (ed. R. Cortina, 1993).

Un grande risiko è in corso sia in Libia che nel Grande Medio oriente e in cui Italia (ed Europa) sono ai margini, nonostante quello che vuol far credere la Meloni col piano Mattei in Africa. L’espulsione del nostro ministro dalla Libia e dell’Europa sarà anche dovuto ad incomprensioni da protocollo, ma nasconde – e in realtà svela – ben altro.

 

 

Photo cover. Immagine di archivio Libia, scuola dell’agricoltura 1914, Tripoli, https://timelessmoon.getarchive.net

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Andrea Gandini

Economista, nato Ferrara (1950), ha lavorato con Paolo Leon e all’Agenzia delle Entrate di Bologna. all’istituto di studi Isfel di Bologna e alla Fim Cisl. Dopo l’esperienza in FLM, è stato direttore del Cds di Ferrara, docente a contratto a Unife, consulente del Cnel e di organizzazione del lavoro in varie imprese. Ha lavorato in Vietnam, Cile e Brasile. Si è occupato di transizione al lavoro dei giovani laureati insieme a Pino Foschi ed è impegnato in Macondo Onlus e altre associazioni di volontariato sociale. Nelle scuole pubbliche e steineriane svolge laboratori di falegnameria per bambini e coltiva l’hobby della scultura e della lana cardata. Vive attualmente vicino a Trento. E’ redattore della rivista trimestrale Madrugada e collabora stabilmente a Periscopio.

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