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Rabbia, paura, frustrazione, preoccupazione… Sono alcuni dei sentimenti oggi dominanti a causa della crisi economica che da un decennio ormai ci attanaglia, delle profonde trasformazioni che hanno radicalmente mutato e peggiorato il mondo della produzione e del lavoro, della progressiva dissoluzione del welfare state. La nostra qualità di vita si è degradata e la situazione generale induce un diffuso e trasversale malcontento. Oggi un po’ tutti, e in particolare i soggetti più deboli ed esposti, avvertono un senso di fragilità e guardano con timore al futuro.
Ci dibattiamo fra una percezione di incertezza dovuta al fosco orizzonte del nostro domani e un sentimento di precarietà generato da un presente gravido di incognite. A questa condizione poi si assommano i disagi della quotidianità, che molti identificano principalmente con le insidie della criminalità: a far paura  sono le strade buie e malfrequentate delle nostre città e i rischi ai quali ci si sente esposti, non solo di notte, per effetto del diffondersi della malavita. Ferrara non fa più eccezione. Fino a una quindicina d’anni fa i fatti di nera erano rarissimi e la città poteva considerarsi un’isola felice. Poi progressivamente la situazione si è degradata, ma il rischio è stato a lungo colpevolmente ignorato o sminuito: si sono sottovalutate le prime avvisaglie, ma anche le seconde e le terze anziché agire con il necessario rigore per smorzare i focolai malavitosi… E si è dato tempo e modo alle bande di delinquenti di organizzarsi e strutturare una propria rete, anche attraverso il reclutamento di una manodopera disperata e a buon mercato resa disponibile dall’intensificarsi dei flussi migratori. Così, nei cittadini il sentimento di paura si è intrecciato con la diffidenza che spesso accompagna il rapporto con ‘l’altro’, il diverso: e ‘criminalità-immigrazione’ ha finito per essere un binomio forviante ma credibile, sul quale da tempo hanno fatto leva forze politiche interessate a esasperare il conflitto per ricavare un tornaconto elettorale. E adesso, come spesso accade nei momenti di crisi, si levano grida, si odono slogan, si tende, da una parte e dall’altra, a semplificare problemi – come quelli della sicurezza e dell’immigrazione clandestina – che semplici non sono e che nella loro complessità andrebbero analizzati e affrontati per proporre soluzioni adeguate e non semplici palliativi. Invece di questo poco ci si preoccupa e si preferisce soffiar sulla brace per trarne vantaggio.

Sotto questo cielo a maggio Ferrara sarà chiamata al voto amministrativo per rinnovare l’organo di governo della città. E’ un appuntamento importante, che può essere di svolta positiva o al contrario di regresso e divisione profonda. Per questo è indispensabile da parte di chi si candida un impegno per favorire la ripresa del confronto all’interno del nucleo comunitario e una convinta disposizione all’ascolto.

In questi mesi nell’area progressista si è guardato con speranza alla nascita di una nuova formazione civica, che fosse espressione del tessuto comunitario, capace di progettare e gestire presente e futuro della città. Un sodalizio civico, libero dai pesi e dai vincoli delle passate gestioni, aperto a tutte le donne, gli uomini, i giovani che guardano alla politica con passione autentica, senza coltivare o assecondare interessi personali o di lobby.
In quest’ottica si sono avviati alcuni significativi laboratori di idee, tesi al confronto sociale e finalizzati alla definizione di una piattaforma programmatica all’altezza di una situazione certamente complessa. Le assemblee promosse da “La città che vogliamo”, “Il battito della città” e recentemente “Addizione civica” sono apparse fra le più partecipate e feconde.

Parallelamente si sono registrate le candidature di alcuni professionisti che hanno indossato i panni dei civici: per prima si è annunciata, con l’endorsement del gruppo Radicale, l’attuale assessore all’Urbanistica della giunta Tagliani, Roberta Fusari. Poi si sono fatti avanti il presidente dell’Ordine degli avvocati, Piero Giubelli; e Giorgio Ferroni, legale anch’egli (presidente dell’Associazione giovani avvocati) nonché presidente di Circoscrizione Lions.  Nessuno di loro, però, pare in grado di catalizzare un consenso capace di controbilanciare il peso del candidato leghista (tuttora senza volto) che, sulla base dell’attuale temperie e dei sondaggi, è dato per favorito.
Nel frattempo è venuta a cadere l’autorevole candidatura di Fulvio Bernabei, apprezzatissimo comandante della Guardia di Finanzia di Ferrara, che avrebbe avuto molte chance per contrastare il passo all’avanzata della Destra populista. E il ticket verso il quale pare propenso a orientarsi il Pd (dopo mesi di incertezza, silenzi, marce avanti e marce indietro), che incorona l’assessore ai Lavori pubblici Aldo Modonesi e accanto a lui la consigliera regionale Marcella Zappaterra, non rappresenta certo un segnale di rinnovamento. Nell’area progressista resta quindi ancora una grande incognita, da sciogliere in fretta.

Per ricreare una comune casa progressista servirebbe un candidato autorevole, esperto, credibile, carismatico capace di aggregare attorno a sé una solida e qualificata squadra di assessori, magari da annunciare prima del voto, e in grado di segnare una svolta programmatica con il passato, capace altresì di stimolare l’incontro e l’ascolto, di avviare un confronto concreto con tutti coloro che si renderanno disponibili a fornire il loro contributo di idee e passione civile. In questo senso, è auspicabile che protagonisti della messa a punto del programma e primi interlocutori siano gli abitanti della città, delle periferie e delle frazioni desiderosi di contribuire alla definizione di condizioni di migliore vivibilità urbana e sociale; e che si presti ascolto alle esigenze dei lavoratori, gli operatori attivi nel mondo della cultura, della scuola, dell’università (che sono fucina di quell’imprescindibile conoscenza senza la quale non si può sperare in un reale progresso), dei risparmiatori, dei rappresentanti delle categorie economiche e degli imprenditori che operano correttamente  e di tutti coloro che operano nel vasto arcipelago del volontariato e che attraverso il loro impegno garantiscono servizi talvolta fondamentali, integrando e spesso sopperendo a lacune del sistema pubblico.

Al centro della riflessione dovrebbero esserci temi quali la salvaguardia dei beni pubblici, la difesa del lavoro, la tutela della salute e dell’ambiente, la custodia dei risparmi. Una sana politica di sviluppo civile orientata al reale e diffuso progresso sociale deve basarsi sulla valutazione del merito e sul rifiuto di ogni forma di favoritismo e di raccomandazione; deve considerare i redditi più che le rendite, sostenere la produttività senza sfruttamento, l’uso rispettoso del territorio, la convivenza civile e l’integrazione responsabile. Deve, inoltre, fondarsi sulla cultura della legalità, a tutti i livelli. E deve porre al centro dell’azione il rispetto delle persone e dei loro bisogni.

La nostra comunità ha la forza per risollevarsi. Ci sono persone capaci e molte competenze diffuse. E’ tempo che chi sa dia prova di generosità, mettendo a disposizione la propria esperienza, le proprie capacità, i propri talenti per favorire l’uscita dalle difficoltà in cui ci troviamo. E’ un dovere per tutti, e ognuno può contribuire a propiziare quel nuovo inizio che consenta il rilancio di cui Ferrara ha grande bisogno.

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Sergio Gessi

Sergio Gessi (direttore responsabile), tentato dalla carriera in magistratura, ha optato per giornalismo e insegnamento (ora Etica della comunicazione a Unife): spara comunque giudizi, ma non sentenzia… A 7 anni già si industriava con la sua Olivetti, da allora non ha più smesso. Professionista dal ’93, ha scritto e diretto troppo: forse ha stancato, ma non è stanco! Ha fondato Ferraraitalia e Siti, quotidiano online dell’Associazione beni italiani patrimonio mondiale Unesco. Con incipiente senile nostalgia ricorda, fra gli altri, Ferrara & Ferrara, lo Spallino, Cambiare, l’Unità, il manifesto, Avvenimenti, la Nuova Venezia, la Cronaca di Verona, Portici, Econerre, Italia 7, Gambero Rosso, Luci della città e tutti i compagni di strada

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

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Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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