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L’incontro con Bracciano Lodi si rivela una tappa fondamentale del nostro viaggio alla ricerca dell’oro del Pci. Lodi è da un anno amministratore delegato della fondazione L’Approdo che gestisce il patrimonio dei Ds, congelato al momento della nascita del Pd. La sua carica è a scadenza triennale, a differenza di quelle dei cinque componenti del comitato di indirizzo della fondazione (il presidente Cusinatti e i membri …) che invece sono a vita, e di quella di Attilio Torri che, al di fuori della fondazione, opera come liquidatore dei Ds (per la partita contabile, sostanzialmente i debiti del vecchio partito) e ricoprirà quel ruolo sino a esaurimento del compito.

Lodi, che ha ancora due anni di mandato, ci riceve nella nuova sede dalla fondazione, in piazzetta Righi, poco distante dallo storico stabilimento Moccia. Ha ovviamente letto tutte le puntate dell’inchiesta e gli interventi che ne sono scaturiti. E’ affabile e ci propone un’organica ricostruzione dell’intera vicenda, fino dalle sue origine. E’ evidentemente animato dalla volontà di fare chiarezza e riconosce che intorno alla questione ci sono stati in passato troppi silenzi che qualcuno può avere scambiato per reticenza. Invece, dice, non c’è nulla da nascondere. “Poi il giudizio naturalmente spetta ad altri, non a me”. Ecco allora la sua versione dei fatti, cadenzata dai nostri interrogativi posti a scandagliare il senso dei passaggi più delicati.

“Parto dall’inizio, come è doveroso – annuncia con voce piana – La fondazione L’Approdo nasce nel luglio 2007, all’epoca segretario dei Ds provinciali è l’indimenticabile Mauro Cavallini, tesoriere Attilio Torri. La vicenda locale è conseguenza di quella nazionale, ricordo che allora il segretario era Fassino e il tesoriere Sposetti, che tuttora preside la fondazione nazionale. Si decise di non trasferire al Pd il patrimonio e la liquidità dei Ds e si individuò nella fondazione privata lo strumento giuridico più corretto per la gestione. C’era diffidenza rispetto agli esiti di quell’operazione politica che metteva insieme due formazioni espressione di mondi diversi”.

A Ferrara come fu vissuto il passaggio?
“Da principio ci fu una grande consultazione per dire cosa sarebbe successo…”.
Se fu per dire cosa sarebbe successo la definirei un’informativa più che una consultazione…
“No! Perché come è successo altrove gli iscritti avrebbero anche potuto decidere di disporre diversamente del patrimonio locale. Quindi ci fu dibattito e si votò. La proposta passò a maggioranza in tutte le sezioni provinciali, con l’eccezione di Filo che, capeggiata dall’ex presidente di Lega Coop Egidio Checcoli, scelse di non confluire nell’Approdo e costituì una propria autonoma fondazione”.
Allora ha ragione lei, fu una consultazione. E cosa si decise programmaticamente?
“Triplice obiettivo. Concorrere alla costruzione del Partito democratico, dare vita alla fondazione che prese il nome L’Approdo, dare un po’ di soldi al Pd (circa 70mila euro ci ha riferito in una precedente intervista Attilio Torri che della fondazione fu il primo presidente, ndr) e donare al nuovo partito le attrezzature per fare le feste dell’Unità (stand, stufe, tavoli, frigo) depositati nell’enorme centro feste di Vigarano – settemila metri quadrati – lasciato in comodato d’uso gratuito al Pd di Ferrara”.

La prima pietra della ricostruzione è solidamente posata e Lodi sorride compiaciuto. Quella del “Pd poverino” – riprende – è una storiella che non regge: un po’ di soldini, le attrezzature, i capannoni, gli affitti delle sedi ai circoli a costi irrisori, come poi dirò meglio… Non li abbiamo mica fatti nascere in miseria!”.

Nel frattempo che succede? – si interroga il presidente del CdA e riprende il filo della sua ricostruzione – Nel frattempo il nuovo partito, dopo discussioni pesanti, decide di non riconfermare Cavallini e sceglie Marcella Zappaterra come segretario. L’ex tesoriere Attilio Torri diventa presidente della fondazione e nomina un consiglio di tesoreria con l’impegno di gestire la liquidazione dei Ds, che giuridicamente restano attivi anche dopo la cessazione dell’attività politica e lo sono tuttora”.

“La designazione delle persone che dovevano fare parte della fondazione e del Cda fu basata su due criteri: provata capacità e appartenenza territoriale; la decisione fu presa dai dirigenti ds dopo consultazioni interne. Furono equamente rappresentate città e territorio. Si può quindi affermare che la scelta del gruppo dirigente dell’Approdo fu fatta democraticamente. Le persone individuate erano oneste, competenti e rappresentative. Per il loro operato non sono stati corrisposti né compensi né rimborsi spesa. Anch’io nel corso di quest’anno sono stato più volte a Roma ma non ho mai chiesto il rimborso che pure per statuto sarebbe previsto. Per noi questo impegno costituisce un prosieguo volontario dell’attività politica”.

E anche il secondo mattone è posato. A questo punto Lodi affronta direttamente il nodo del patrimonio. “Gli immobili che costituiscono il patrimonio erano esclusiva proprietà dei Ds. Il problema si pose la prima volta nel 1991 a Rimini come giustamente ricorda Alfredo Valente nell’intervista che vi ha rilasciato. In quella sede infatti si decise che tutto ciò che era del Pci andasse ai Pds. Il successivo passaggio, fra Pds e Ds, fu cosa tutta interna e non creò problemi.
Nel 2007 le perplessità in ordine al futuro del Partito democratico indussero a mettere in sicurezza nelle fondazioni il patrimonio. Oggi però quella diffidenza è superata”.
E’ dunque tempo che le fondazioni si sciolgano?
“Il tema dello scioglimento non è attualmente all’ordine del giorno né a Roma né a Ferrara”.
Qual è il problema, oggi?
“Capire come sarà gestito il Pd, che tipo di struttura organizzativa vorrà assumere, se deciderà di essere partito liquido, pesante o leggero…”.
E a voi che cambia, scusi?
“E’ fondamentale per valutare le necessità. Un partito pesante ha bisogno di sedi, un partito leggero no. Ma prima lasci che le dica un’altra cosa”. A questo punto il presidente Lodi ci porge un foglio con l’elenco dettagliato dei trenta immobili di proprietà dell’Approdo con la specifica per ciascuno della destinazione d’uso.
“Quel che vorrei risultasse chiaro è che noi già ora siamo quasi esclusivamente al servizio del Pd, loro sono il nostro punto di riferimento, il nostro interlocutore privilegiato: gli affitti ai circoli sono calmierati, calibrati sui costi di mantenimento; calcoliamo in sostanza le tasse e quel minimo di manutenzione necessaria e su questa base determiniamo il canone. Ecco perché un patrimonio stimato in circa sei milioni di euro rende solo 170mila euro l’anno, appena il 3 per cento. E ricordo il comodato gratuito del centro di Vigarano, che da solo rappresenta quasi la metà del valore dei nostri immobili. Appena tre immobili sono affittati a privati e dunque a prezzi di mercato”. Ora, però, – facciamo notare – con il trasloco della federazione si sono liberati i locali di viale Krasnodar… “Già vedremo cosa fare, sono tempi difficili anche per il settore immobiliare.”
Qualcuno però adombra (lo ha fatto anche Enzo Barboni intervenendo su ferraraitalia) che in questo modo le fondazioni esercitino un potere di condizionamento, svolgano attività di lobby.
“Trattiamo il patrimonio immobiliare che abbiamo in consegna con più rispetto che se fosse nostro. E non vogliamo abusare di nessuna rendita di posizione, non esercitiamo alcuna pressione né pratichiamo alcuna forma di ingerenza”, afferma con decisione Bracciano Lodi.

Dunque par di capire che l’approdo… dell’Approdo sia il Pd: però non mollate! Date l’impressione di rapportarvi al partito come un genitore con un figlio scapestrato: gli offrite un tetto ma non gli consegnate le chiavi di casa. Lodi ride. “In effetti il Pd ha solo sei anni, eppure è già riuscito a fare fuori quattro segretari e ha appena eletto il quinto!”. Quindi aspettate che maturi e si dimostri assennato? “Aspettiamo di capire – e qui Lodi si ricompone e assume il tono austero – se vorrà gestire il patrimonio in proprio o se come la Spd o il Labur party si doterà di una fondazione.” E in quel caso eccovi a disposizione, giusto? Sorriso e ammiccamento.
“D’altra parte – riprende Lodi – il problema non è stato posto neppure da parte del Pd, evidentemente anche loro hanno bisogno di fare chiarezza e decidere in che direzione andare. Ma prima o poi a Roma il nostro tesoriere Sposetti e i dirigenti del Pd si siederanno attorno a un tavolo e decideranno il da farsi. Questa è una scelta che maturerà e dovrà essere compiuta a livello nazionale. Intanto a Ferrara noi proseguiamo la nostra attività. Lo statuto ci impone due obiettivi: tutela e valorizzazione del patrimonio, e promozione dei valori della sinistra. Devo riconoscere che il primo obiettivo è quello sul quale abbiamo lavorato di più. Alla promozione riserviamo gli utili di gestione, circa 20mila euro annui. Dovremo fare di più, anche a livello di idee. L’anno prossimo attiveremo finalmente il sito (che ora è poco significativo) rendendolo un’autentica vetrina, con i dati di gestione, l’elenco del patrimonio, le iniziative. Abbiamo già avviato e porteremo avanti con l’Istituto di storia contemporanea un progetto di valorizzazione della storia del Pci ferrarese, che si avvarrà anche di un supporto online accessibile a tutti. Poi se qualcuno vorrà contribuire, lo statuto prevede la possibilità di integrare nuovi soci e di ricevere donazioni”.

Me ne vado con una convinzione: leggero o pesante che il Pd scelga di essere, le fondazioni resteranno comunque. Se il Pd sarà partito pesante è probabile che mantenga le fondazioni come strumento gestionale. Quelle attuali magari cambieranno statuto (gli uomini chissà) ma resteranno nella funzione. Viceversa se il Pd sarà leggero o liquido come si usa dire, quindi non necessiterà di una struttura organizzativa capillarmente diffusa, è probabile che le fondazioni ritengano di dover preservare il proprio ruolo di promozione dei valori della sinistra e per questo trattengano il patrimonio (che è fatto di immobili) per impiegarlo a supporto della propria attività, continuando a sviluppare, come già ora in parte capita (o dovrebbe capitare), un autonomo progetto culturale. E continuando a elargire al proprio figlioccio le caramelle.

6 – CONTINUA

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Sergio Gessi

Sergio Gessi (direttore responsabile), tentato dalla carriera in magistratura, ha optato per giornalismo e insegnamento (ora Etica della comunicazione a Unife): spara comunque giudizi, ma non sentenzia… A 7 anni già si industriava con la sua Olivetti, da allora non ha più smesso. Professionista dal ’93, ha scritto e diretto troppo: forse ha stancato, ma non è stanco! Ha fondato Ferraraitalia e Siti, quotidiano online dell’Associazione beni italiani patrimonio mondiale Unesco. Con incipiente senile nostalgia ricorda, fra gli altri, Ferrara & Ferrara, lo Spallino, Cambiare, l’Unità, il manifesto, Avvenimenti, la Nuova Venezia, la Cronaca di Verona, Portici, Econerre, Italia 7, Gambero Rosso, Luci della città e tutti i compagni di strada

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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