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Qualche sera fa sono andato a trovare un amico e dopo cena ci siamo messi a chiacchierare. C’era la tv accesa e fatalmente la mia attenzione si è spostata per un attimo sullo schermo, dove il faccione pezzato di Bruno Vespa s’intratteneva con un altro faccione mai visto prima. Poi ho capito chi era l’ospite…
Mi sono indignato, lo confesso, eppure di esempi di pubblica indecenza ce ne sarebbero tanti, e non solo su “Porta a porta”, programma che evito come la peste, ma che quella sera, trovandomi in trasferta, non ho potuto ignorare.

Così il figlio di un boss della mafia in galera per strage, il più famoso boss che possiate immaginare, va in televisione a parlare di valore dei sentimenti, di affetti familiari, di rispetto e di senso della giustizia. Promuove il suo libro, nel quale parla di sé e della sua famiglia. Lo fa con l’aria di qualcuno che si concede alle altrui attenzioni, elevandosi a modello di coerenza nel rifiutare la logica delle regole sociali, probabilmente in nome di una più sentita concezione di fedeltà ai vincoli del sangue. Per questo motivo cita il quarto comandamento biblico: onora il padre… Forse dimenticandosi che subito dopo ce n’è un quinto che recita: non uccidere!
Così un uomo politico italiano, illuminato paladino dei diritti delle minoranze, si procura a pagamento un ovulo e un utero (non ho ben capito se di una donna o di due donne diverse) per concepire su ordinazione un bambino destinato ancor prima della nascita a non poter scegliere di crescere con la propria madre naturale. E tutto ciò lo fa incredibilmente in nome di quel cosiddetto principio delle pari opportunità… Forse dimenticandosi che al mondo ci sono già bambini senza genitori e bisognosi di essere adottati per aspirare a una vita migliore!
Così il padre addolorato di un torturatore e omicida reo confesso va in onda in prima serata a parlare del figlio, a elencarne le qualità: ovvero la bontà d’animo e la spiccata intelligenza, nonché la sventurata dipendenza dalla cocaina. Lasciando intuire a tutti che la vera colpevole del delitto sia evidentemente la droga e i suoi effetti devastanti sulla mente umana. Lo fa inducendo tutti quanti alla commozione, nella generale consapevolezza che il figlio carnefice e il ragazzo crudelmente e volutamente ammazzato siano in fondo entrambi vittime di un tragico ma inevitabile intreccio di destini… Forse dimenticandosi che sarebbe stato ben più opportuno un rispettoso silenzio, dovuto a due genitori che hanno appena perso un figlio torturato e ucciso insensatamente dal proprio!
Così nell’ennesimo talk show televisivo, nel corso di un acceso confronto tra politico e giornalista, un senatore rivendica a gran voce e senza alcun imbarazzo la possibilità di continuare a percepire il vitalizio maturato in tre anni di legislatura, giustificandolo come un diritto acquisito e quindi costituzionalmente inattaccabile… Forse dimenticandosi che nelle recenti legislature i sacrosanti diritti acquisiti di milioni di lavoratori e pensionati sono stati attaccati e massacrati ripetutamente!
Così nelle tv, come pure sulle pagine di alcuni rotocalchi, noti personaggi dello spettacolo e della politica si lamentano pubblicamente dei loro stipendi e delle loro pensioni. In effetti, a loro dire, poche migliaia di euro al mese non sono in grado di garantire un tenore di vita accettabile… Forse dimenticandosi che fuori, nella vita reale, c’è gente che da sempre accetta di campare con molto meno, resistendo alle difficoltà in dignitoso e rassegnato silenzio!
Vogliamo poi dire due parole sull’attico del cardinal Bertone? No, questa ve la risparmio. Come vi voglio risparmiare la scenetta, ripresa su una tv locale, che un noto esponente politico, tale – onorevole mi pare fuori luogo – Denis Verdini, ha pensato bene di esibire a spese di un giovane intervistatore un po’ impacciato e molto intimidito dal fare aggressivo del navigato e bianco chiomato intervistato. Eppure una volta, immagino, l’arroganza dei potenti aveva il pudore di rinchiudersi nelle segrete stanze dei palazzi. Oggi, al contrario, viene esibita per strada, se non addirittura rivendicata come il sacrosanto diritto del più forte di prevaricare e umiliare il più debole. Il Marchese del Grillo diceva “io so’ io e voi non siete un cazzo”, ma almeno Alberto Sordi era simpatico. Lo fanno i politici, gli amministratori delegati, in pratica i primi della classe. Ma lo fanno pure gli ultimi, sull’esempio dei primi. Così vediamo i tifosi di una squadra di calcio che, prima di andare allo stadio a sfogare le loro frustrazioni da ultimi, si allenano urinando sopra un barbone che dorme sdraiato su un marciapiede. E tutto questo avviene quotidianamente, sotto i nostri occhi, condito di battute e sorrisini, mirabilmente ripreso da telefonini e puntualmente trasmesso da tv e social, senza nemmeno la decenza di dare una qualche giustificazione (anche falsa, perché no?).

Ecco appunto: che cos’è la decenza?
Riassumo dall’Enciclopedia Treccani: convenienza, decoro, pudore, intesi come sentimento individuale e pure come esigenza etica collettiva da rispettare, eccetera eccetera… Nulla da eccepire, ho però il sospetto che molti tendano a limitarne il concetto soltanto alla prima parola: convenienza.
Credo, ma è soltanto il mio parere, che le parole decenza e convenienza abbiano in comune solo la rima baciata, perciò mi pongo alcune domande: chi mai può pensare che sia indispensabile rendere noto al vasto pubblico il pensiero del parente di uno stragista mafioso? Com’è possibile che la conquista di un diritto possa evolvere in un desiderio egocentrico mascherato da bisogno di dare amore, che di fatto priva un nascituro del diritto di crescere con la propria madre? Come si può pensare di rivendicare pubblicamente uno smaccato privilegio paragonandosi a gente che a malapena riesce a conservare i propri diritti? Più banalmente, come si può credere che tali personaggi appaiano al vasto pubblico puntando spavaldamente a una qualsiasi forma di consenso? Eppure tutto questo accade. Accade nel nostro ‘bel’ paese, dove vale tutto e il contrario di tutto. Dove pesce grande mangia pesce piccolo, che mangia pesce più piccolo, che mangia pesce ancora più piccolo. Dove i reality show sono diventati le vetrine mediatiche del trash istituzionalizzato, in cui si possono dire tutte le cazzate più insulse, basta che siano accompagnate da giustificazioni del tipo “io sono fatto così”, oppure “io dico quello che penso”. E così, in un mondo dove la menzogna è ormai tacitamente accettata quasi come norma di sopravvivenza, anche l’imbecillità più disarmante e volgare viene sdoganata pubblicamente e finanche assolta proprio perché sincera (ammesso poi che non esistano pure i bugiardi imbecilli).
Pertanto, per tutte queste ragioni e per altre ancora che per decenza vi risparmio, temo che all’umana decenza sia stato tolto definitivamente il diritto di asilo in favore dell’umana convenienza. Temo che la scelta si sia ridotta a due sole opzioni, entrambe apprezzatissime dai più: essere imbecilli ma sinceri oppure intelligenti ma falsi.
Ognuno si schieri dove più gli aggrada.

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Carlo Tassi

Ferrarese classe 1964, disegna e scrive per dare un senso alla sua vita. Adora i fumetti, la musica prog e gli animali non necessariamente in quest’ordine. S’iscrive ad Architettura però non si laurea, si laurea invece in Lettere e diventa umanista suo malgrado. Non ama la politica perché detesta le bugie. Autore e vignettista freelance su Ferraraitalia, oggi collabora e si diverte come redattore nel quotidiano online Periscopio. Ha scritto il suo primo libro tardi, ma ha intenzione di scriverne altri. https://www.carlotassiautore.altervista.org/

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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