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Superbonus o supercazzola?

Ormai è scontato. Quando incontro o sento un amico, da diversi mesi a questa parte, la prima domanda d’obbligo è: allora come va con l’idraulico?

Questo artigiano, così importante per la manutenzione  di una casa, è infatti diventato la mia nemesi. L’ultimo di una lista di artigiani, che comincia dai cosiddetti muratori e arriva agli elettricisti, passando per piastrellisti, falegnami, imbianchini. Da oltre un anno sono impegnato, mio malgrado, in una ristrutturazione dell’abitazione e del condominio in cui questa si trova, che mi ha costretto fuori casa e soprattutto ha assorbito molte delle mie energie, in una serie interminabile di discussioni, sopralluoghi, preventivi, controversie e anche, purtroppo, alterchi più o meno coloriti.

Sono convinto che molti, spero per ragioni più circoscritte delle mie, si riconosceranno in questo gustoso quadretto. In poco meno di dieci anni, ovvero dalla ristrutturazione della casa dei miei genitori, il paesaggio umano ed economico connesso all’edilizia e alle ristrutturazioni in genere, si è completamente stravolto. In particolare, dopo l’avvio del cosiddetto superbonus 110%, avere a che fare con un artigiano è una vera prova di iniziazione, un tour de force defatigante e spesso frustrante.

Questo superincentivo ha disarticolato in un paio di anni qualsiasi equilibrio tra domanda ed offerta di maestranze. Non tutte. Gli elettricisti reggono bene. Già con gli idraulici il discorso diventa assai delicato. Ma è sugli edili, nelle varie declinazioni possibili: dai semplici manovali ai piastrellisti, che le cose si fanno più complicate.
Nel cantiere che ha già rimesso a nuovo il condominio immediatamente vicino al mio, c’era una babele di lingue, ma quello che più mi ha colpito era il mosaico dei mestieri di “provenienza” di tanti lavoratori. C’erano ex-pizzaioli, ex-commessi, ex-camerieri, persino ex-cuochi. Ma di “veri” muratori ben pochi.  Dopo i lockdown e la conseguente ecatombe occupazionale, soprattutto nel settore turistico, l’enorme domanda scatenata da questa misura di efficientamento energetico del nostro patrimonio edilizio ha sortito questo effetto perverso.

Peccato, perché l’idea era buona, tanto che anche l’Europa si sta orientando verso una grande operazione di efficientamento degli edifici, vero collo di bottiglia, insieme alla mobilità, per arrivare alla cosiddetta naturalità delle emissioni di anidride carbonica nel 2050. Purtroppo, come la storia ci insegna, di buoni propositi è lastricato l’inferno. Prima di lanciare l’iniziativa però, almeno in Europa si sta discutendo animatamente e sono diverse le osservazioni che vengono sollevate, anche, ma non solo, dal nostro paese, già scottato su questo argomento.

In Italia invece si è partiti senza alcuna cautela: rilanciare l’edilizia per rilanciare l’economia, si diceva. Stando agli ultimi dati disponibili, quelli del 2020, il comparto dell’edilizia e delle costruzioni ed il suo indotto, rappresentano in Italia oltre il 6% dell’occupazione e il 4,5% del PIL. Nel decennio che va dal 2008 al 2017, il settore ha però attraversato una fortissima crisi, perdendo oltre 400mila addetti, quasi la metà al Nord. La piccola ripresa trainata dagli investimenti in ristrutturazioni supportate dagli incentivi fiscali, le famose detrazioni al 50% e stata vanificata dalla pandemia, che ha ulteriormente terremotato il settore con un – 13,6%. L’avvertenza allora era, “maneggiare con cura”.

Infatti in questi ultimi due anni, il PIL è cresciuto, più che in ogni altro paese europeo, ma gli effetti perversi non si sono fatti attendere ed altri, purtroppo più devastanti, sono dietro l’angolo.

Il cantiere che interessa il mio condominio è fermo da mesi. Il blocco della cessione dei crediti sta mettendo all’angolo tante piccole imprese. Piccole appunto. Tanto piccole da non riuscire a far fronte, da sole, alla liquidità necessaria a reggere un’iniziativa così impegnativa sul fronte dei costi e delle maestranze. Il mio caso purtroppo non è isolato, visto l’allarme lanciato dalle organizzazioni di settore. Perché, a fianco della carenza di mano d’opera specializzata, si è innescata anche l’ovvia rincorsa dei prezzi di serramenti, caldaie, laterizi vari.

Lo sapeva anche mia nonna, buon’anima, se la domanda cresce a dismisura ed in tempi ristretti, i prezzi crescono con la stessa rapidità. Gridare alla speculazione serve a poco. La guerra non ha aiutato, ma la dinamica era segnata già  dalle condizioni di partenza. Sarebbe stato più utile ricordarsi che in economia “non si fanno pasti gratis”. Incentivare un’operazione con una quota superiore al suo “effettivo” costo – 110% – significa scaricare comunque da qualche altra parte il sovrappiù. Se ne stanno rendendo conto i tanti che, grazie a questa bella pensata, ora si ritrovano in un mare di guai.

Ad esempio, l’impresa che si era offerta per avviare il superbonus nel mio condominio, ha già rinunciato ad alcuni dei cosiddetti interventi trainanti: serramenti, porte blindate, fotovoltaico condominiale. Tutte lavorazioni che richiedono l’anticipo dei costi, perché le ditte che producono serramenti non vogliono certo rimanere con il cerino in mano e dunque esigono il pagamento anticipato dei loro servizi. Pagamento che in assenza di liquidità – per il famoso blocco della cessione del credito – l’impresa non può fare.
Ci é stato annunciato dunque che si ripiegherà sugli unici interventi indispensabili ad acquisire il credito previsto dall’appalto, ovvero la realizzazione del cappotto e la sostituzione delle caldaie. Queste operazioni garantiscono infatti il superamento da parte dell’edificio condominiale di due classi energetiche, che era ed è all’origine del varo del superbonus.

Lo Stato infatti riconosce il credito maturato solo se l’intervento di efficientamento energetico è  stato portato a termine. Se questo non avverrà, ovvero se l’impresa fallisce o non riesce ad arrivare a questo traguardo minimo, il condominio e le famiglie che lo abitano si dovranno accollare i costi vivi dell’operazione. Con il non trascurabile problema, in termini occupazionali, del nuovo tracollo del settore delle costruzioni, visto che questa situazione coinvolge centinaia di cantieri, ovvero altrettante imprese con migliaia di addetti. Sbloccare il meccanismo della cessione del credito risulta però assai complicato.

Eurostat infatti ha appena sentenziato che non porre limitazioni a questo meccanismo di compensazione erariale, genera nuovo debito pubblico, proprio quello che il nostro Paese non può permettersi. Così ancora una volta, nel Belpaese, si capovolge l’assunto evangelico che vorrebbe che gli ultimi diventino i primi. L’accesso al Superbonus, come le catene di Sant’Antonio di veneranda memoria, ha colpito ancora. I primi ad accedere a questa agevolazione fiscale saranno anche gli unici probabilmente a beneficiarne. Con un bilancio complessivo – economico e ambientale – che bisognerà però verificare solo alla fine della partita.  Le cifre che leggiamo infatti nello studio di Nomisma e Ance dell’agosto 2022  (https://www.nomisma.it/primo-bilancio-sociale-e-ambientale-del-superbonus-110/)

sono in gran parte basate su stime e non sull’effettivo bilancio dei cantieri avviati e quindi sulla realtà degli interventi. Che tra l’altro anche Bankitalia giudica troppo onerosi per le casse pubbliche, pur a fronte degli indubbi risvolti ambientali e di contenimento della bolletta energetica. In divenire abbiamo la fotografia annuale tracciata dall’Enea, aggiornata al 2021:   https://www.efficienzaenergetica.enea.it/images/detrazioni/Avvisi/Report_dati_mensili_31_12_2022.pdf

Il finale di questa ‘favola’ italiana deve ancora essere scritto, ma la sua morale mi sembra tutt’altro che edificante. Consoliamoci con una vecchia canzone di Guccini, “Radici”, dai paesaggi trascendenti ed evocativi, tutt’altra pasta insomma rispetto al superbonus che sembra diventato una supercazzola.

RADICI

La casa sul confine della sera

oscura e silenziosa se ne sta,

respiri un’ aria limpida e leggera

e senti voci forse di altra età,

e senti voci forse di altra età…

 

La casa sul confine dei ricordi,

la stessa sempre, come tu la sai

e tu ricerchi là le tue radici

se vuoi capire l’anima che hai,

se vuoi capire l’anima che hai…

 

Quanti tempi e quante vite sono scivolate via da te,

come il fiume che ti passa attorno,

tu che hai visto nascere e morire gli antenati miei,

lentamente, giorno dopo giorno

ed io, l’ultimo, ti chiedo se conosci in me

qualche segno, qualche traccia di ogni vita

o se solamente io ricerco in te

risposta ad ogni cosa non capita,

risposta ad ogni cosa non capita…

Ma è inutile cercare le parole,

la pietra antica non emette suono

o parla come il mondo e come il sole,

parole troppo grandi per un uomo,

parole troppo grandi per un uomo…

E te li senti dentro quei legami,

i riti antichi e i miti del passato

e te li senti dentro come mani,

ma non comprendi più il significato,

ma non comprendi più il significato…

Ma che senso esiste in ciò che è nato dentro ai muri tuoi,

tutto è morto e nessuno ha mai saputo

o solamente non ha senso chiedersi,

io più mi chiedo e meno ho conosciuto.

Ed io, l’ultimo, ti chiedo se così sarà

per un altro dopo che vorrà capire

e se l’altro dopo qui troverà

il solito silenzio senza fine,

il solito silenzio senza fine…

La casa è come un punto di memoria,

le tue radici danno la saggezza

e proprio questa è forse la risposta

e provi un grande senso di dolcezza,

e provi un grande senso di dolcezza…

Francesco Guccini

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Alberto Poggi

Fisico di formazione, strimpellatore di chitarre per diletto, scribacchino per passione. Ho attraversato molte situazioni e ruoli nella mia vita. Da due anni sono ufficialmente un pensionato, ma non penso nemmeno lontanamente di andare in pensione con la testa. Non preoccupatevi però, sono un pigro nella scrittura.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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