Skip to main content

 

Una delle vicende di folklore che accompagnano la storia degli imperatori romani riguarda Caligola, che fu ad un passo dal nominare console il suo cavallo prediletto, Incitatus. Si narra che Incitatus fosse nutrito a frutti di mare e pollo, coperto di porpora e pietre preziose e che dei servi si dedicassero esclusivamente a lui; che vivesse in stalle di marmo con mangiatoie d’avorio. Che mangiasse spesso alla stessa tavola dell’imperatore e, quando Caligola brindava in suo onore, il resto dei commensali dovesse fare lo stesso se non voleva essere ucciso.

Del vice sindaco di Ferrara avevo scritto una volta sola su Ferraraitalia [Vedi qui]
Mi ero ripromesso di non farlo più, per non alimentare nel mio piccolo l’amplificatore mediatico di vaccate che ha condotto la fama di costui fino alle pagine della cronaca anglosassone e transalpina. Una trappola, un cortocircuito dell’informazione nel quale sono caduti tutti, ognuno conferendo il proprio mattoncino nella costruzione del personaggio di Naomo, in una ingenua, dissennata e collettiva eterogenesi dei fini.

Ho cambiato idea. Il potere consegnatogli a Ferrara non ha solo a che fare con una (abile) strategia di comunicazione, basata sullo spregiudicato sfruttamento del potenziale dei social media, evoluzione trash ma poderosa della “società dello spettacolo” di Guy Debord. Ero convinto di questo, fino a quando l’imbarazzante sequela di fatti che lo coinvolgono non è diventata direttamente proporzionale all’accumulo crescente di cariche e deleghe amministrative nelle sue mani. Anzi, più aumentano le magagne che lo vedono protagonista, più aumenta il credito ed il potere che il Sindaco stesso gli concede. E’ per questo che, rispetto a un anno fa, la mia visione è cambiata: fino a un anno fa, potevo pensare che le mille preferenze ricevute per la sua cafona ma efficace strategia comunicativa fossero un credito politico che Alan Fabbri dovesse saldare; che saldarlo facendolo diventare vice sindaco fosse anche una mossa astuta, secondo la regola per cui, se dai una carica importante al clown del paese, negli spettacoli farà ridere per te: se lo tieni fuori, negli spettacoli potrebbe far ridere contro di te.

Invece mi sbagliavo. Non è solo questo, non può essere solo questo. Il curriculum del soggetto in questione, notorio al punto da renderne stucchevole la ripetizione, si è arricchito di due nuove recenti tacche. La prima: ha minacciato di togliere ad una storica cooperativa di servizi alla persona la possibilità di continuare a lavorare con il Comune di Ferrara, se la Coop stessa non si fosse liberata di un suo dipendente, reo di avere pubblicamente criticato la figura di Lodi. La seconda tacca è sulla bocca di tutti da alcuni giorni: le lettere anonime di minaccia arrivate a Lodi erano scritte in casa, fabbricate e spedite nientemeno che dalla sua fedelissima Rossella Arquà, (ex) responsabile organizzativa della Lega provinciale, alla quale, dopo la scoperta (divenuta immediatamente una ammissione perchè le indagini della Digos, evidentemente, mostravano già l’inequivocabile), un solerte presidente del Consiglio Comunale, tal Poltronieri, fa firmare delle precipitose dimissioni da consigliera comunale “in itinere”, lungo la strada, vicino ai bidoni della spazzatura di via Spadari.

A questo punto ci sono diversi derivati giudiziari del filone principale di indagine, compresa la liceità di dimissioni carpite in tale modo. E possiamo stare certi che sul fronte giudiziario ne vedremo delle belle, visto che la Arquà ha appena nominato come suo avvocato Fabio Anselmo, legale anche dell’altra ex consigliera della Lega Anna Ferraresi, la prima ad essere imbrattata dalla macchina del fango leghista in salsa ferrarese. Peraltro, Arquà stessa ha affermato: “Finché il vicesindaco Naomo Lodi continuerà a mantenere il suo ruolo istituzionale, non vedo il motivo per cui io debba lasciare il Consiglio comunale”, frase che non ha bisogno di essere interpretata.

Dell’aggiornamento dei casellari si occuperanno il Tribunale, gli avvocati ed i cronisti di giudiziaria. Un cittadino ha invece il diritto di occuparsi del rapporto tra il Sindaco e il suo vice, quando rileva che l’anomalia supera il livello di guardia. Sul sito del Comune [Vedi qui] è possibile leggere quante e quali sono le deleghe conferite a Lodi, di professione barbiere: Sicurezza, Protezione Civile, Frazioni, Mobilità, Urbanistica, Edilizia, Rigenerazione Urbana, Palio. All’atto del conferimento delle due ultime deleghe all’edilizia e all’urbanistica, il Sindaco Alan Fabbri ha spiegato: “poiché Lodi è già incaricato per la mobilità e le frazioni, potrà aggiungere a queste due settori coerenti, che gli consentiranno di avere una visione di insieme sugli aspetti riguardanti la progettazione ‘logistica’ dell’intero territorio”. Il Sindaco di Ferrara ha fatto questo nella città di Biagio Rossetti: sarebbe come se la municipalità di Barcellona affidasse la manutenzione delle opere di Gaudì ad un venditore di tapas.

Nemmeno per se stesso Alan Fabbri ha riservato deleghe di tal numero e rilievo: ha infatti Sanità, Agricoltura, Affari Generali, Affari Legali, Relazioni Istituzionali, Comunicazione. Nemmeno Vittorio Sgarbi, assessore alla cultura di fatto, presidente di Ferrara Arte, l’uomo al quale, piaccia o non piaccia, si deve la attuale politica culturale di Ferrara, ha in mano tanto potere quanto Nicola Naomo Lodi. La domanda sorge spontanea: perchè?

Alan Fabbri aveva una sua reputazione. La sua figura di amministratore, assoggettabile a critiche come quella di chiunque faccia quel mestiere, era però ben distinta da quella del suo vice sindaco, un’altra categoria in termini di capacità amministrativa e decoro della funzione. Le elezioni sono ormai abbastanza lontane per considerare assolto un debito di gratitudine nei confronti del (piccolo) accumulatore di preferenze Lodi, il cui modo di interpretare il ruolo sta travolgendo la reputazione di Alan Fabbri. Eppure lo stesso Fabbri non solo non se ne cura, non solo non ne prende le distanze, ma addirittura continua ad assommare poteri in capo al suo vice, oltre a mostrare un palese nervosismo nei rapporti con la stampa (non riesco a definire in maniera più eufemistica la condotta di un sindaco che, parole del direttore di estense.com Zavagli, gli telefona di notte per insultarlo).

Alan Fabbri non sembra libero. Ormai lui e il suo vice sono accomunati dalla medesima reputazione istituzionale, ma lui non fa nulla per liberarsi del fantasma che lo sovrasta, e che sta trasfigurando anche la sua immagine. Credo che i cittadini ferraresi abbiano il diritto di sapere come stanno le cose. Non c’è bisogno di arrivare al commissariamento di un Comune per fare strame del decoro di un’istituzione, e questo purtroppo sta già avvenendo. Ci auguriamo che Fabbri non voglia essere ricordato, come successe a Caligola, per l’idolatria verso il suo cavallo.

Cover: elaborazione di Carlo Tassi

tag:

Nicola Cavallini

E’ avvocato, ma ha fatto il bancario per avere uno stipendio. Fa il sindacalista per colpa di Lama, Trentin e Berlinguer. Scrive romanzi sui rapporti umani per vedere se dal letame nascono i fiori.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it