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La notte della vigilia dell’Epifania il Consiglio dei Ministri, come una ‘befana con le scarpe rotte e il vestito alla romana’, ci ha aggiornati su cosa intende fare il governo rispetto alla riapertura o chiusura delle scuole dopo le vacanze natalizie.

In realtà, ha messo dentro una calza bucata qualche caramella di scarsa appetibilità da far succhiare al telegiornale, perché poi ce ne restituisse il vago sapore. Ad oggi, infatti, non è ancora uscito un provvedimento da poter leggere.

Abbiamo saputo che il governo intende riaprire regolarmente le scuole, quindi alcune regioni hanno già ricominciato il 7 gennaio, mentre la gran parte riprenderà il lunedì 10.

Alcuni presidenti di regione e molti dirigenti scolastici contestano questa decisione perché avrebbero voluto un rientro posticipato e la Didattica a Distanza con gli studenti a casa, in modo da avere scuole più sicure.

In pratica loro stanno sostenendo che la scuola sicura sia quella senza alunni. Ciò mi ricorda la preside Spezzindue del libro Matilda, a cui l’autore Roald Dahl [Qui] faceva dire: “Secondo me, la scuola perfetta è quella dove i bambini non ci sono. Un giorno aprirò un istituto del genere. Penso che avrebbe un gran successo”.

Invece molti genitori, insegnanti e pedagogisti sono d’accordo sulla riapertura, ma sono comunque critici verso i governanti, perché hanno fatto poco o niente per avere scuole più sicure. In pratica stanno sostenendo che la scuola non è luogo privilegiato di contagio, pertanto non deve essere un luogo sacrificabile, se non lo sono anche altri.

In tutto questo va ricordato che per il personale scolastico esiste l’obbligo vaccinale dal 15 dicembre scorso e che solo una parte dei docenti e dei collaboratori non vaccinati si è vaccinata.

Un’altra parte è stata sospesa ed un’ultima parte sta usando tecniche di resistenza per mettere il crisi il meccanismo della sospensione conseguente al mancato rispetto dell’obbligo vaccinale. Già ce ne accorgiamo: sarà lungo e faticoso sostituire questa parte del personale.

La situazione non è di facile soluzione e diventa ancor più complicata se, dall’alto, si cercano rimedi e non soluzioni.
Quello che voglio dire è che se si vuole una scuola sicura, la si cura.

Gioco di parole a parte, bisogna prendersi cura della scuola per garantire benessere e sicurezza a chi la frequenta, sia nei periodi di emergenza che nella normalità.

Io, in questi anni di pandemia, ho sentito molte dichiarazioni di affetto e di preoccupazione nei confronti della scuola, ma non ho visto nessuno che se ne sia veramente preso cura.

Ho sentito proposte di scuola all’aperto e di locali alternativi, ma non ho visto amministratori locali e dirigenti scolastici impegnarsi nel merito.

Ho sentito proposte di riduzione del numero degli alunni per classe, ma non ho visto orecchi attenti a livello ministeriale.

Ho sentito dichiarazioni di intenti per garantire sicurezza, ma non ho visto nessuno preoccuparsi della qualità dell’aria nelle aule e montare impianti di ventilazione.

Ho sentito proposte di personale infermieristico per far tamponi, ma non ho visto nessuno considerare seriamente la presenza della figura del medico negli istituti scolastici.

Ho sentito promesse di invio di mascherine FFP2 a tutti ma, finora a scuola, ne ho viste solo un paio.

La scuola ha fatto il suo dovere, fin dall’inizio di questa brutta pandemia. Si è impegnata moltissimo, inventandosi cose che non sapeva fare (la DaD, ad esempio), ma cosa hanno fatto certi politici se non far spostare i banchi di qualche centimetro per poi riavvicinarli? O regalare mascherine chirurgiche ai bambini e alle bambine, che in pochi indossano perché sono larghissime? O giocare a tombola con il numero dei positivi in una classe?

Sono consapevole che la situazione non sia affatto semplice, ma questi politici hanno preferito ‘tamponare’ (male) l’emergenza piuttosto che prevenire (bene), immaginando le scuole del futuro.

Io non sono un esperto, ma finché non si riuscirà ad avere uno sguardo al futuro, tutto questo presente rimarrà imperfetto.
Anche per questo non mi abituerò mai a questa politica indifferente rispetto all’istruzione pubblica, che ha il PIL sullo stomaco e che si interessa solo dei voti, ma non dei volti dei bambini e dei ragazzi.

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Mauro Presini

È maestro elementare; dalla metà degli anni settanta si occupa di integrazione scolastica degli alunni con disabilità. Dal 1992 coordina il giornalino dei bambini “La Gazzetta del Cocomero“. È impegnato nella difesa della scuola pubblica. Dal 2016 cura “Astrolabio”, il giornale del carcere di Ferrara.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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