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“Pe’ arivacce qui da Roma ho fatto l’autostop
e ‘n Francia è già m’ber pezzo che ce sto…
Ma pure da emigrato, mica so cambiato:
io so’ Romeo, er mejo der colosseo!
Io fermo nun ce sto, proprio nun me va!
Se domani qui sarò, oggi chi lo sa?
Forse un po’ m’acchitterò e me ne andrò in città, già…
E poi laggiù tanta scena farò, ogni gatta che me vedrà dirà:
“ma che ber micione, che simpaticone, quello è Romeo
er mejo der colosseo!.”

aristogatti
La locandina

Sono appena finite le feste, durante le quali molti di noi hanno trascorso pomeriggi sereni davanti alla televisione o al cinema. I cartoni animati hanno sicuramente avuto la loro parte, in queste festività molto legate ai bambini. Ma non solo loro hanno riassaporato vecchi film d’animazione, quei capolavori disneyani che tutti noi abbiamo visto da piccoli ma anche rivisto da grandi.
Ecco allora che, un freddo pomeriggio, proiettano gli Aristogatti, film divertente e allegro che mi riguardo per l’ennesima volta, perché l’ho sempre adorato per due ragioni precise: Romeo e Parigi di inizi ‘900. Ho sempre amato la capitale francese, dove ho vissuto a lungo, e proprio oggi che soffre per i noti e tristi fatti di Charlie, amo ricordare le sue belle strade, quella Cattedrale di Notre Dame che nel film di Disney sfila pacifica nella notte mentre l’infido Edgar porta via i gattini. Le matite dell’epoca avevano disegnato, con loro consueti tratti leggeri ed eleganti, tetti e stradine, ponti sulla Senna e lampioni romantici. Niente 3D moderni o computer ma le origini dei cartoon, fatte di fine artigianato e sfondi dipinti a mano. Per questo le immagini sono delicate. Quasi acquarelli da belle époque, cornice ideale per una storia d’amore.

aristogatti
Matisse, Minou e Bizet

Oggi più di allora riconosco le strade e quell’atmosfera unica e galeotta che si respira solo a Parigi. E poi vi sono il tenero Romeo, con quel simpatico accento romanesco nel doppiaggio di Renzo Montagnani, l’elegante e affascinante Duchessa, i gattini Minou, Bizet e Matisse, per non dimenticare la banda di Scat Cat o il topolino Groviera (doppiato da Oreste Lionello), che aiuterà i gattini a ritornare dalla loro amata padrona, Madame Adelaide Bonfamille. Riscoperti solo ora, sono, poi, splendidi lo Zio Reginaldo e le oche inglesi Adelina e Guendalina Bla Bla. Qui si ritrovano amore e strada di casa, in una Parigi del 1910, dove il maggiordomo Edgar, che non vuole aspettare che i gattini muoiano prima di ereditare la fortuna di Madame Adelaide (che nel testamento gli lasciava tutto ma solo dopo i suoi gattini), complotta per rimuovere i gatti dalla posizione ereditaria. Un cattivo che lo addormenta, quindi, e che si dirige in campagna per abbandonarli.

aristogattiaristogattiDuchessa, però, incontra il randagio e allegro Romeo che, con simpatia e charme, si offre di riportarla a Parigi insieme ai gattini. Si incrociano, quindi, paesaggi da vera favola oltre che Adelina e Guendalina, fino ad arrivare a danzare e cantare senza freni, sui tetti di Parigi, con Scat Cat e la sua banda sgangherata. Le avventure sono tante e il perfido Edgar finirà in un baule spedito a Timbuktu, con un testamento che verrà riscritto da Adelaide, per includervi anche Romeo. La storia romantica di Duchessa e Romeo è accompagnata dalla colonna sonora cantata da Maurice Chevalier.
Un classico imperdibile. Belli i disegni, i colori, le atmosfere, le musiche, le auree di romanticismo e bontà. Un film che si rivede sempre con immenso piacere e gioia, a qualsiasi età. Perché ridà la serenità che tanto serve e perché “tutti quanti voglion fare jazz”.

Gli Aristogatti, di Wolfgang Reitherman, USA, 1970,78 mn.

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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