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Restauro e riallestimento Palazzina di Marfisa d’Este. Osservazioni

Restauro e riallestimento Palazzina di Marfisa d’Este. Osservazioni

Giovedì 29 maggio sono stato alla presentazione dei lavori di restauro e riallestimento che hanno coinvolto la Palazzina di Marfisa d’Este. Ho seguito con attenzione le varie esposizioni; non mi so trattenere da qualche osservazione.

La prima, riguarda tutti i relatori: ricoprire un ruolo non significa necessariamente avere le competenze necessarie per esercitarlo. Una lettura dei curricula evidenzia che nessuno di loro ha mai svolto attività di ricerca tali da consentirgli di intervenire con adeguata conoscenza su un tessuto così fragile come era quello della Palazzina di Marfisa d’Este. Il risultato non poteva che essere deludente.

Ricordo che la Cassa di Risparmio di Ferrara finanziò l’intervento affidato alla benemerita associazione Ferrariae Decus: Giuseppe Agnelli presidente chiese a Nino Barbantini l’allestimento, lo seguì in ogni sua fase, dal restauro delle decorazioni pittoriche all’arredo.

La Palazzina viene pensata come ‘modello’ per la conoscenza della Ferrara estense: una guida per riscoprire una età dell’oro che corrisponde, nelle intenzioni, ai due secoli del vicariato estense.

La scelta compiuta dalla Amministrazione non è stata, come a mio parere era doveroso, il recupero della intenzione originaria ma, invece, la sua cancellazione: la Palazzina, persi i caratteri originari, diviene una sezione del museo civico; integra una parte laterale dedicata alla figura di Marfisa d’Este.

Molte sono state le cose non dette; molte le assenze di chi era ed è tenuto a dichiarare il proprio ruolo.

Non è stato detto che la Palazzina era invenzione del ferrarese Nino Barbantini: importante creatore di situazioni, attivo nei musei veneziani, responsabile della mostra sulla pittura del rinascimento nel 1933. Barbantini è scomparso. Gli hanno tolto la cittadinanza?

Non si è detto che nessuno degli arredi esistenti è collegabile a Marfisa; non si è detto che la decorazione pittorica non è dei Filippi (scomparsa negli anni del degrado) ma dei pittori Giuseppe Mazzolani, Augusto Pagliarini, Enrico Maria Giberti, attivi nella prima metà del secolo scorso. Non si è detto della disinvoltura con la quale sono stati tagliati dipinti, tolte indicazioni, inventati significati. Come è successso per la copia della Battaglia delle Amazzoni di Rubens, Fetonte che guida il carro del sole è copia di affresco che raffigura il declinare della giornata verso il tramonto; il Ritratto di dama è  quello di Livia Martinengo dal quale è stata cancellata la legenda.

Non si è detto che parallelamente ai lavori della Marfisa si svolgevano quelli per il Castello di Monselice; un collegamento obbligato che è stato taciuto.

Non si è detto che fine farà l’arazzo con Giuditta e Oloferne, un tempo nella Palazzina.

Non si è parlato di Barbantini creatore di ‘atmosfere’. Lo apprezzava per questa capacità anche Bernard Berenson.

Nessuna citazione per i lavori di chi si era, in passato, occupato della Marfisa; in maniera implicita i risultati venivano dati come frutto dei curatori. In realtà non vi è nessuna nuova acquisizione storico critica: tutto discende dal volume curato nel 1996 da Anna Maria Visser e da un precedente catalogo del 1980.

Manchevole anche la bibliografia: non si è citato il convegno del 2023 dedicato dalla Fondazione Cini a Nino Barbantini, non si sono citati i lavori di Antonella Chiodi, di Kate Driscoll e di altri ancora.

E’ mancata la voce della Ferrariae Decus che pure aveva molti tioli per intervenire. L’assessore ha comunicato un ciclo di conferenze organizzato dalla Associazione. Stupisce che Barbantini non sia indicato come il protagonista, creatore della Palazzina. L’unico intervento previsto è quello di Marcello Toffanello già tenuto al convegno di Monselice. L’Associazione commette parricidio?

E’ mancata la voce della banca. Proprietaria degli arredi è vincolata da una convenzione che prescrive la restituzione ove muti la destinazione della Palazzina. La Banca potrebbe donare tutto al Comune: sarebbe un modo per accentuare la sua non ferraresità e disconoscimento della sua storia. Oltre alla perdita della Cassa di Risparmio è possibile che se ne voglia cancellare anche la presenza in città?.

Molti temi di studio e di ricerca si potrebbero proporre. Non ne sono stati capaci i curatori. Non posso  né voglio farlo io, ridotto ormai a spettatore inincidente.

 

Di Ranieri Varese vedi anche su Periscopio “Palazzina Marfisa d’Este, un patrimonio da non dilapidare”.

In copertina: Augusto Pagliarini (1872-1960), Il  carro di Arianna, (Particolare), Ferrara, Palazzina di Marfisa, sala dei banchetti

Per leggere gli altri interventi di Ranieri Varese su Periscopio clicca sul nome dell’autore

 

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Ranieri Varese


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PAESE REALE
di Piermaria Romani

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
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