15 Ottobre 2022

Piero Guccione al PAC di Ferrara.
Una versione solare e mediterranea del figurativismo travagliato di Bacon

Giorgia Mazzotti

Tempo di lettura: 5 minuti

“Se dipingessi il mare come si dipinge il mare, se dipingessi il nero come si dipinge il nero, finirei col dipingere un quadro, mentre io vorrei che questa immagine fosse una pura emozione”. È un dipinto a olio su tela quello scelto per la locandina della mostra ferrarese dedicata a “Piero Guccione. Mistero in piena luce”: un paesaggio marino dove le sfumature di azzurro occupano tutta la superficie. Colori che delineano gli elementi visivi di aria e acqua e immergono lo spettatore in un’atmosfera di pura luce.

Una delle opere di Guccione dedicate a mare e cielo

Un’opera di rappresentazione del reale, dunque, che riesce a trasportare fuori dalla realtà figurativa in senso stretto. Le combinazioni di mare e di cielo sono uno dei temi ricorrenti nella ricerca di questo artista (nato a Scicli nel 1935 e morto a Modica nel 2018) a cui la Fondazione Ferrara Arte dedica un’esposizione di oltre 70 opere.

Ingresso della mostra di Guccione al Pac

Una carrellata che documenta la carriera di un protagonista dell’arte contemporanea, dagli esordi negli anni Sessanta fino alle ultime opere degli anni Duemila.

“Autoritratto nel paesaggio” di Piero Guccione, 1971
“Attese di partire n. 7” di Piero Guccione, 1969 © by SIAE 2022

La rassegna – suddivisa tra il periodo romano di Piero Guccione e il suo ritorno in Sicilia – segna un ritorno a Ferrara di un pittore che, cinquant’anni fa, fu invitato a esporre la sua produzione dal mitico direttore di Palazzo dei Diamanti, Franco Farina. Ora come allora, il lavoro di Guccione ripropone un tema che è ben descritto nell’intervento del curatore Vasilij Gusella all’interno del catalogo, dove spiega come già in quegli anni la presenza dell’opera di Guccione contribuisse ad alimentare “l’accesa querelle tra realismo e astrattismo”, uno dei nodi centrali del panorama figurativo dell’epoca che non si è mai del tutto sciolto ed è destinato a riproporsi a più riprese tra artisti, critici e semplici spettatori e appassionati d’arte.

“Omaggio a Francis Bacon” di Guccione

A sciogliere o perlomeno a dare un’indicazione e un indirizzo al dilemma se l’arte per essere attuale può o non può rappresentare il reale, ci sono numerose tele con figure umane che non possono non fare pensare allo stile dell’artista britannico Francis Bacon. Salendo al piano superiore della mostra il collegamento si chiarisce con alcune tele più che mai baconiane e con un trittico che è un omaggio diretto al pittore, celebre per le sue rappresentazioni umane, deformate e contorte, di forte impatto espressionistico.

“Studio di Deterrent”, 1961, olio su tela

Un’affermazione di Guccione stesso, stralciata da un suo testo e appesa alle pareti accanto alle sue opere, chiarisce in maniera definitiva il debito che lui sente rispetto a Bacon. “Ho conosciuto Bacon  a Roma – ricorda Guccione – a metà degli anni Settanta. In quell’occasione la galleria Il Gabbiano offrì una colazione alla quale, oltre a Balthus, gentilmente aveva invitato anche me. Io non mangiavo: guardavo Bacon, me lo imprimevo nella memoria. Negli anni Sessanta, Bacon, con Balthus e Giacometti, garantiva la mia generazione – la garantiva in maniera autorevole – contro ogni tipo di intellettualismo: ci garantiva la possibilità alta di una pittura di immagine. Era moltissimo. Era tutto”.

Questa frase appare accanto alla sequenza dei tre quadri incorniciati in sequenza: sono ritratti che rappresentano il volto di Bacon stesso in uno sforzo di memoria che riconduce alla tecnica di rappresentazione, alterata e deformante, del pittore d’oltre Manica. I visi di questo “Studio – Omaggio a Francis Bacon”, 1976-79, sono realizzati utilizzando colori a pastello e colori a olio nelle sfumature del grigio e del nero. Il risultato esprime in maniera esplicita il legame con questo tipo di figurativismo. Qui però la drammaticità è sostituita da una sensazione meno tragica. L’inquietudine che trapela resta mitigata da una predisposizione soggettiva, più solare e mediterranea, che caratterizza l’artista italiano.

L’esposizione ferrarese è suddivisa tra la parte di allestimento al piano terra del Pac che mostra le opere dell’esordio artistico, durante la permanenza di Guccione a Roma.
Qui ci sono le tele che illustrano una commistione tra natura e città come la serie di “Giardini e cancelli” ma anche “Riflessi” e “Interno / esterno” dove il mondo vegetale e quello meccanico si sovrappongono.

“Sul far della luna” di Guccione, 1968-69

Salendo al piano di sopra del Pac, ci sono i lavori più maturi, realizzati dopo il ritorno in Sicilia: “Le linee del mare e della terra”, quelli fatti a pastello, gli omaggi ad artisti amati e studiati con opere “d’après”, “La fine dell’estate” e le tante declinazioni di “Il mare, il cielo”.

La mostra, nata da un’idea di Vittorio Sgarbi e Lorenzo Zichichi, è visitabile al Padiglione d’arte contemporanea di Ferrara fino all’8 gennaio 2023.

Padiglione d’Arte Contemporanea – Palazzo Massari, corso Porta Mare 5, Ferrara. Aperto da martedì a domenica ore 10-18 (biglietteria chiusa dalle 17.30). Prenotazioni sul sito web www.comune.fe.it/prenotazionemusei. Aperture straordinarie lunedì 31 ottobre, martedì 1 novembre, lunedì 5 dicembre, giovedì 8 dicembre, lunedì 26 dicembre 2022. Giorno di chiusura lunedì.



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L’autore

Giorgia Mazzotti

Da sempre attenta al rapporto tra parola e immagine è giornalista professionista. Laurea in Lettere e filosofia e diploma dell’Accademia di belle arti, collabora con la rivista del “Gambero Rosso”, il periodico “Econerre” sull’economia dell’Emilia-Romagna e “CasAntica”. Per la Provincia di Bologna ha curato il sito “Turismo in pianura” e le segnalazioni su “Emiliaromagnaturismo” dedicate ad arte e cultura, gastronomia ed eventi del territorio.
Giorgia Mazzotti

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