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Vicenda Terraviva: attraverso un percorso anomalo – o piuttosto, scandaloso – alla fine il Comune di Ferrara assegna l’area agricola di via delle Erbe agli amici degli amici.

La comunità di Ferrara possiede da 40 anni un piccolo tesoro, l’area pubblica a destinazione agricola di Via delle Erbe, 4 ettari all’interno della cerchia delle Mura, a pochi passi dal centro della città. Un caso più unico che raro in Europa.
Il Comune l’acquistò da un privato nel 1983, in modo lungimirante, per una somma modestissima (260mila euro al valore attuale). L’area è tutelata dalla Sovrintendenza come “raro brano di campagna in città”. Fino al 2000 fu gestita da meritevoli agricoltori biodinamici con una semplice convenzione col Comune. Nel 2000 subentrò l’associazione Nuova Terraviva che ha realizzato su un ettaro e mezzo giardini, alberi, un tunnel verde, arredi avviando campi estivi per bambini insieme ad una attività di corsi e incontri.
Nel 2007 subentrò, per la parte agricola, l’azienda biologica di Dalle Molle che, oltre a coltivare la vasta area agricola (2,5 ettari), vendeva frutta e verdura, organizzando eventi culturali e musicali.

Nel 2017 scade la convenzione col Comune ma i due gestori vogliono rimanere. Il Comune fa causa e nel febbraio 2020 il Tribunale gli dà ragione: devono liberare l’area (anche dai manufatti abusivi di legno costruiti). Il contadino bio Dalle Molle civilmente se ne va, così come i vecchi soci di Terraviva, a cui però subentra un gruppetto di privati che non solo non ottempera alla sentenza del Tribunale ma ottiene (incredibilmente) dal Comune la possibilità di gestire l’area pubblica temporaneamente.

Il Comune si rende però conto dell’insostenibilità di una concessione temporanea proprio a chi viola la legge e nel 2021 fa una gara che però annulla nel 2022, quasi conclusa, con le buste dell’offerta tecnica già aperte e pure valutate e dove a vincere non è Terraviva ma un gruppo di altre associazioni.

Mai si era visto una gara annullata dopo l’assegnazione dell’80% dei punteggi dell’offerta tecnica. Il Comune inventa la scusa che “non si era reso conto che prima della gara doveva essere approvato il PUG” (il Piano Urbanistico Generale). Ma è possibile che il Comune non sapesse del PUG (che peraltro nulla potrà cambiare dell’area essendo vincolata a verde dalla Sovrintendenza)? Il sospetto è che lo sapeva bene, ma visto che Terraviva non vince, annulla la gara.

Il sospetto si conferma dopo 6 mesi (e siamo ad oggi). Il PUG non c’è ancora, ma il Comune indice una nuova gara (in fretta e furia e da parte del Direttore generale, cosa insolita: decide lui o nomina dei commissari?) a cui possono partecipare solo gli enti del terzo settore con sede a Ferrara (come Terraviva), in modo da escludere imprese, università e altri. Non c’è più l’affitto (che nella precedente gara era almeno di 11mila euro all’anno) e in caso di interventi il Comune è disponibile a pagare ma non il 100%, cioè fino al 99%.

Una storia tristissima perché da un lato mostra come si voglia favorire non più un gruppo di volontari (come fu la vecchia Terraviva), ma alcuni privati che operano nell’area per interessi personali, dall’altro chi ci perde è la città che non valorizza una straordinaria area a beneficio di cittadini e turisti come sarebbe stato se nella prima gara avesse vinto il miglior progetto e se nella seconda si fosse aperta la partecipazione anche ad entità e imprese di rango nazionale con progetti di verde e sostenibilità per valorizzare un’area in pieno centro storico di valore europeo.
Invece è stata l’ennesima occasione per favorire gli amici degli amici anziché la città.

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Francesco Monini

Nato a Ferrara, è innamorato del Sud (d’Italia e del Mondo) ma a Ferrara gli piace tornare. Giornalista, autore, infinito lettore. E’ stato tra i soci fondatori della cooperativa sociale “le pagine” di cui è stato presidente per tre lustri. Ha collaborato a Rocca, Linus, Cuore, il manifesto e molti altri giornali e riviste. E’ direttore responsabile di “madrugada”, trimestrale di incontri e racconti e del quotidiano online “Periscopio”. Ha tre figli di cui va ingenuamente fiero e di cui mostra le fotografie a chiunque incontra.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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