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Vi capita mai di avere la voglia impellente di dire qualcosa, ma non riuscire a dirla. A me si. Vorrei avere dei pensieri originali sul mondo, su questo periodo di decadenza, vorrei potermi aggrappare a speranze che non ho. Mi piacerebbe raggiungere un’ isola galleggiante, metterci sopra tutte le persone che amo, allungare un braccio per aiutare chi ne ha bisogno. Vorrei potere stare a galla su questo mare nero, fluttuando sopra alla risacca dell’odio che fermenta, come un tino di mosto.
Vorrei avere idee intelligenti, costruirmi una alternativa da solo, rimettendo insieme i tasselli del puzzle delle vecchie utopie, per poter accogliere gli sbandati orfani dei sogni.
Quanto vorrei essere utile, portare una briciola di pane nel formicaio del quarto stato, abbracciando compagni e sventolando bandiere, costruendo una alternativa alla barbarie. Sogno di abbattere muri, ero bravo una volta, per aiutare i giovani ad avere un mondo migliore, più libero, meno egoista. I recinti, gli steccati, i ghetti andrebbero abbattuti, quelli si, con le ruspe. Basta stereotipi, basta conformismo annegato nelle lacrime di sangue dei morti innocenti. La diversità ci rende uguali, la purezza ci imbruttisce, non esiste un canone, non siamo dei codici a barra, smettiamola una volta per tutte di crederci combattenti contro il sistema, quando il sistema siamo noi. Conformi ai cliché.
L’antifascismo ci fa belli, la grande bellezza dei valori condivisi, soffiamo sulla polvere del tempo che vuole accomunare tutto, oppressi ed oppressori. Armiamoci di libri e bombardiamo di parole gli odiatori, sfogliamo i libri di storia, diventiamo competenti e con quello combattiamo il revisionismo.
Basta stare in superficie, ripostare all’infinito dieci parole scombinate trovate nel pattume del web. Scaviamo, ricerchiamo, informiamoci, se non abbiamo una opinione abbracciamo il silenzio. Nessuno ci impone di essere preparati su tutto.
Vorrei essere trascinato e trascinare gli uguali in un contenitore, da li mi piacerebbe calamitare le buone intenzioni, le parole, i fatti, la forza di chi ha lottato ma non trova più un appiglio.
Parole inutili, parole al vento, come sempre, anche io scrivo senza senso, mi abbatto nella solitudine del tempo che scorre e non lascia nessuna traccia. Essere utile, sentirsi vivo, guardare ancora per l’ennesima volta la stella rossa di fronte a me.
Rialzarsi e camminarle incontro.

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Cristiano Mazzoni

Cristiano Mazzoni è nato in una borgata di Ferrara, nell’autunno caldo del 1969. Ha scritto qualche libro ma non è scrittore, compone parole in colonna ma non è poeta, collabora con alcune testate ma non è giornalista. E’ impiegato metalmeccanico e tifoso della Spal.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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