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“La poesia è un diario scritto da un animale marino che vive sulla terra e vorrebbe volare”
(Carl Sandburg)

 

CINQUECENTO

Non scrivo niente da Maggio, e adesso che si è attivato Natale
è ora di mettere fine al mio silenzio occipitale,
l’Italia procede con chiasso, il mercato dei voti è all’ingrosso
il Parlamento giallo-verde si è trasformato in giallo-rosso,
coltelli tra i denti a dibattere sul famigerato MES
che l’italiano medio non arriva alla fin del mes,
da due / tre mes avvengono più sbarchi che in Normandia
e le nuove risorse le piazziamo sotto ai cavalcavia.

È tornato Renzi, con la faccia da Fonzie,
oramai siamo trattati come una nazione di stronzi,
con l’intento di ridestare la legge Fornero
continuando a veder rosso nel bel tempo ci spero,
Berlusconi è caduto sulla soglia del gerontocomio
e subito mi scivola Fede e si rompe un binomio.

Non scrivo niente da Maggio e a Natale niente è cambiato
a Taranto si va avanti a morir di lavoro o a morir disoccupato,
la maggioranza è diventata minoranza, la minoranza è diventata maggioranza
Roma è diventata una discarica e la Raggi dimostra costanza
si vede che adora l’Ama senza mostrare alcun surmenage
che tra i cittadini romani va di moda il bondage.

 

LA MIA DEPRESSIONE È CHIMICA

Ci sono giornate che non ti alzeresti dal letto
non so se è questione di chimica o se son solo matto,
non vedi l’ombra di un futuro, no future, punkabbestia senza cane,
ti senti Mansell, in Williams, abbandonato a una chicane.

Non senti niente da dire, non trovi tasti da battere
la noia ti strangola dentro da non riuscire neanche a combattere
l’idea di te, inutile, l’idea di te, insensato, idee senza senso
non resta che stringere i denti e attendere i frutti di un altro scompenso.

Ci dicono che non funzionino noradrenalina e serotonina
pareggiano imbottendoti i sensi di dopamina e fluoxetina,
il tuo io, schiacciato tra ansia e euforia, è un puck sparato sul ghiaccio
e recita joie de vivre senza copione, farneticando a braccio.

La disoccupazione è al 15%, c’è coda sul reddito di cittadinanza,
i ratings italiani barcollano in mano agli squali dell’alta finanza,
nei grafici del nostro bilancio mi manca l’ascissa:
o sono alienato o io sono sano e l’Italia è depressa.

 

 LA POESIA, L’EMBOLO E I CONATI

Poesia, comprata a cento lire sulle riviste come Atelier
mai assunta a sorsi minuti come avveduti sommelier
buttata allo strazio da centinaia di voci improvvisate
regalata, senza pudore, su blog e antologie vendute a rate.

Poesia, non ti interessi se il mio cane non arriva a bere nel cesso
sbrodoli, versando versi maldestri, di fiori odorosi o me stesso,
chiusa tra le Muse all’Elicona e l’autobiografia,
inizio a delirare di te quando sono depresso,
vittime, entrambe, di una sana alienazione da schizofrenia.

Poesie scritte sul mese di Maggio,
su terre d’Africa olezzanti di foraggio,
su una gioiosa vacanza a Luino
sulla saggezza di un vecchio taccuino.

Poesia scritta su tutto, scritta su tutti, scritta su niente
mi fai venire un embolo al conto corrente
il solo sospetto che tu ci sia
mi avvolge in conati di atarassia.

 

LA MALATTIA INVETTIVA

Per scoprire le cause del mio vivere ogni evento come in dissenteria,
hanno versato inchiostro, enorme svista, nella cannula della gastroscopia
i medici anatomopatologi, e mi hanno diagnosticato la malattia invettiva,
associata a reflussi letterari, dilagati dall’esofago, a ossidarmi la gengiva.

Quando, cane cinico al collare, fiuto odor di malcostume o lezzo d’egopatia
non riesco a tollerare l’altro-nel-mondo, vittima d’abuso di xenofobia
dimentico ogni forma di fair-play, calo nella nebbia del Berserker,
incazzato nero come uno Zulu costretto a sopportare un afrikaner,
dico rom al sinti, sinti allo zingaro, zingaro al rumeno, rumeno al rom
non riuscirei nemmeno a trattenermi dall’urlare a Hitler aleikhem Shalom.

Se non vi digerisco sento dentro «uh, uh, uh» come Leonida alle Termopili,
identificando i vermi, che mi stanno intorno, coll’acuirsi del valore dei miei eosinofili
emetto, in eccesso, acido cloridrico e smetto di disinibire la pompa protonica
con la disperazione di un Mazinga mandato in bianco dalla donna bionica,
sputando, con l’accortezza del Naja nigricollis, ettolitri di cianuro
in faccia a chi, dandomi noia, sia condannato a sbatter la testa al muro.

Per comprendere l’ethos del mio vivere in assenza d’atarassia
barbaro che incontra un cittadino nella chora dell’anti-«poesia»,
sarete tutti, nessuno escluso, costretti a inoltrarvi in comitiva
nei meandri labirintitici della mia malattia invettiva.

(Pubblicata in Anterem, novembre 2019)

Ivan Pozzoni
Ivan Pozzoni è nato a Monza nel 1976. Ha diffuso molti articoli dedicati a filosofi italiani dell’Ottocento e del Novecento, e diversi contributi su etica e teoria del diritto del mondo antico; collabora con numerose riviste italiane e internazionali. Tra il 2007 e il 2018 sono uscite varie sue raccolte di versi.

Dal 6 al 18 luglio  Parole a capo, la rubrica di poesia di Ferraraitalia, esce ogni mattina durante tutta la settimana. Per leggere tutte le puntate e tutti i poeti di ‘Parole a capo’ clicca [Qui]
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Benini & Guerrini


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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