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Anna Martinenghi: “Faccio cose del secolo scorso” e altre poesie

“La poesia ha questo compito sublime: di prendere tutto il dolore che ci spumeggia e ci rimbalza nell’anima e di placarlo, di trasfigurarlo nella suprema calma dell’arte, così come sfociano i fiumi nella celeste vastità del mare”
(Antonia Pozzi)

FACCIO COSE DEL SECOLO SCORSO

Faccio cose del secolo scorso
non fotografo il cibo
dimentico di filmare il concerto
ho un’agenda nella borsa
e scrivo cartoline che non arrivano

Sono figlia della carta
della plastica
del Vinavil sulle mani
di Amazon su Postalmarket
e dei lavoretti col Das
ma non ho sposato Simon Le Bon

Ho visto i televisori crescere
i telefoni rimpicciolire
con molti soldi
potrei comperare un biglietto per lo spazio

Nella collana del tempo
sono un anello del mezzo
stringo una mano
a chi è passato attraverso le guerre
e l’altra a chi vedrà la fine
di questi cento anni

 

UN TEMPO DI PAROLE SEMPLICI

Ho avuto un tempo
di parole semplici
in cui i negozi erano botteghe
i bar osterie
le bidelle/bidelle
un tempo d’intervalli e merende
di prestini/verdurai e pettinatrici
che sembrava andare lento
e invece correva

Uno sbocconcellar di sillabe
d’indovinate corrispondenze
pagnottine e focacce
a far scarpetta nel sugo dell’infanzia
in cose che capivo
in posti che diventavo

Abbiamo cresciuto parole
come serpenti velenosi
figlie di nessuno
e ora che abbiamo
snack
la location
e una mission
siamo riusciti
a complicare il pane*

*parole di uno bravo (Samuele Bersani)

 

SERVE SPAZIO PER LA POESIA

Serve spazio per la poesia
vuoti di pensiero
sgombero di parole
serve rastrellare le foglie
ascoltare i silenzi
serve il bianco fra le parole
come neve a cambiare il paesaggio
serve ogni dolore inutile
e ciascun abbraccio che lo consola
serve essere caduti molte volte
e molte volte aver ricominciato
serve rabbia e dolcezza
tutte le emozioni di cui siamo fatti
servono paura e coraggio
in misure sempre sbagliate
serve tracciare cerchi
per capire il dentro e il fuori
serve ridere tanto e tantissimo amare
anche quando è un errore
anche quando fa male
la poesia è lì
nello spazio che insegna
ciò che davvero siamo

 

IL BACIO DELLE API

E quando alla morte
dovrò restituire
la forma di questo esistere
non voglio andare in alcun posto
non voglio fare nessun viaggio
voglio essere aria nell’aria
erba nell’erba
sasso sotto l’acqua del torrente
il rosa all’alba di certe mattine
il respiro umido della mia nebbia
voglio sparire dai ricordi
e piovere sugli ombrelli
farmi giallo di margherita per il bacio delle api
foglia di betulla
riccio di castagna
una macchia di vino sulla tovaglia
coincidere con la vetta dei monti
col cuore degli insetti
essere sale nell’acqua di mare
dopo il lento andare del fiume
per sentire tutta insieme
questa vita cos’è

 

IL BACIO PER TUTTI

Ci sono persone con cui scambio poesia
me la lasciano fuori dalla porta
senza una firma
senza un biglietto
ma io so riconoscere da chi arriva

Ho solo il vuoto da rendere e la grazia ricevuta
spero di essere io la prossima volta
a lasciare qualcosa fuori dalla loro porta
qualcosa di cui abbiano bisogno senza chiedere
qualcosa per cui non ci sia bisogno di ringraziare

Ci sono persone a cui rubo poesia
e loro nemmeno se ne accorgono
tanta ne hanno nei loro gesti
nel loro essere
nel loro restare

Dico loro
«sei un poeta»
ma i veri poeti non sanno di esserlo
come fa la neve che a tutti dona il bianco
che per qualcuno è candore
per altri solo fastidio

 

SENZA BIGLIETTO

Alla fine
sono diventata esigente
anche con i miei errori
tanto vale sbagliare in grande

Alla fine
ciò che sono
è ciò che mi permetto d’essere
come mi trattano una mia concessione

Alla fine
sono un bassorilievo
di scarso spessore
un corallo rotto
aggrappato allo scoglio

Alla fine
non siamo i controllori
delle nostre vite
ci siamo saliti
senza biglietto

(Queste poesie di Anna Martinenghi sono tratte dalla silloge appena uscita “Faccio cose del secolo scorso” con Controluna Edizioni di Poesia).

Anna Martinenghi è nata a Soncino (Cr) in una notte di neve del 1972. Nel 2007 ha vinto il concorso indetto dalla casa editrice EDIZIONI CINQUEMARZO di Viareggio, pubblicando la sua prima raccolta in versi liberi “DIDASCALIE” a cui sono seguite la silloge “NUDA” (2009) – “PAROLE POVERE” (2010).
Nel 2010 a seguito della vittoria della XXI edizione del concorso letterario organizzato dall’associazione culturale “Il paese che non c’è” di Bergamo ha pubblicato la silloge “FOTOSENSIBILE” con l’editore Franco Colacello di Bergamo. Nel 2011 la nuova raccolta di poesie “IL CIELO DI SCORTA E ALTRE OFFERTE DELLA SETTIMANA” è stata segnalata durante il premio nazionale “SCRIVERE DONNA 2011” presieduto dalla poetessa Maria Luisa Spaziani, tale raccolta è stata poi pubblicata nel maggio 2013 dalla casa editrice Linee Infinite di Lodi. Nel 2013 con il testo teatrale “HABLA CON EVA” vince il premio PORTALE SIPARIO nel Concorso “Autori Italiani” organizzato dalla Fondazione Teatro Italiano “Carlo Terron” di Milano in collaborazione con la rivista SIPARIO.
Nel 2017 ha pubblicato la raccolta di racconti “SEI TROPPO GRANDE PER CAPIRE CERTE COSE“, Edizioni del Gattaccio – Milano.
Nel 2020 con Giorgia Ferrari e Chiara Nobilia ha curato l’antologia poetica CON-TATTO in risposta al Covid19. Nel 2021 vince il premio Bukowski nella Sezione poesia con la raccolta “O2. Ossigeno”, Giovane Holden Edizioni. Nel 2022 la stessa raccolta vince il Contropremio Carver per la poesia edita. Nel 2023 pubblica la raccolta “Faccio cose del secolo scorso” con Controluna Edizioni di Poesia.

La rubrica di poesia Parole a capo curata da Pier Luigi Guerrini esce regolarmente ogni giovedì mattina su Periscopio. Per leggere i numeri precedenti clicca sul nome della rubrica.

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Pierluigi Guerrini

Pier Luigi Guerrini è nato in una terra di confine e nel suo DNA ha molte affinità romagnole. Sperimenta percorsi poetici dalla metà degli anni ’70. Ha lavorato nelle professioni d’aiuto. La politica e l’impegno sono amori non ancora sopiti. E’ presidente della Associazione Culturale Ultimo Rosso. Dal 2020 cura su Periscopio la rubrica di poesia “Parole a capo”.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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