Migrare nel tempo: il Sud che ci accompagna nel futuro
Migrare nel tempo: il Sud che ci accompagna nel futuro
La migrazione come tensione temporale: qualche riflessione su “Meridionali si diventa” di Sandro Abruzzese
“La vita è un viaggio e bisogna avere il coraggio
di andare oltre i confini.”
[S. Abruzzese]
La migrazione è spesso raccontata come una questione che riguarda lo spazio: persone che si muovono da un luogo all’altro, spinte da guerre, crisi economiche, cambiamenti climatici. Ma forse, più profondamente, migrare è una questione di tempo. È il desiderio innato dell’essere umano di spostarsi verso il futuro, di dilatare il proprio tempo vitale, quello della propria famiglia, della propria comunità, del proprio paese.
In Meridionali si diventa. Scritti 2015-2025 (Rogas Edizioni, 2025), Sandro Abruzzese ci offre una narrazione che va oltre la geografia. Il Sud, in questo libro, non è solo un luogo fisico, ma una condizione esistenziale, una traiettoria di trasformazione. Il viaggio non è solo quello che porta, ad esempio, dal Meridione al Settentrione, ma quello che attraversa il tempo, la memoria, l’identità.
“Il luogo dell’identità, il primo ordine del mondo, è stato, per me, il microcosmo del paese. […] Tutto, a dispetto del tempo, ovunque vada, ancora riesce sorprendentemente a partire e ritornare in quella valle.”
Questa frase sembra riassumere bene il messaggio carsico del libro: il paese d’origine non è abbandonato, ma portato con sé, come una lente attraverso cui guardare il mondo. Il migrante non fugge ma si allontana per….osservare “da vicino” e, nel farlo, trasforma se stesso e il luogo da cui proviene.
La migrazione temporale diventa così un’osservazione scientifica, uno studio “matto e disperato” sulla wilderness (NdA: uso questa parola nell’accezione di Gary Snyder cosicché la “wilderness” è uno spazio fisico non solo esterno, ma è anche una dimensione interiore che consente un rapporto più autentico con la propria natura e quella del natio borgo selvaggio)
Abruzzese partendo dalla sua esperienza di insegnante “emigrato” al Nord pare riflettere sulla questione meridionale come fenomeno che non si esaurisce nella sua dimensione geografica ma si prolunga nel tempo come condizione identitaria. L’autore di Casa per casa sembra cioè condividere la stessa idea di Lucio Mastronardi che, nella sua trilogia dei “meridionali di Vigevano”, rappresenta il migrante come colui che non cambia soltanto luogo ma che entra in una nuova temporalità.
Ricordiamo che fu lo stesso Italo Calvino a definire il capitolo di meridionali al telefono di Mastronardi come la parte più bella del libro in quanto a suo dire mostrava “la temporalità sospesa del migrante con il telefono” che diventava a tutti gli effetti un ponte tra due tempi piuttosto che tra due luoghi (NdA: qui si potrebbe aprire una aggiornata riflessione sull’epopea del famoso ponte sullo stretto quale agognato paradiso dei “migranti”).
Se la trilogia di Vigevano metteva in scena un’ Italia divisa nel tempo dove il Sud arcaico e il Nord industriale convivevano nel corpo del migrante, gli scritti di Abruzzese confermano e smontano la retorica del trasferimento risolutivo: la migrazione è una condizione cronica dell’ individuo che si rinnova ad ogni generazione, liberandosi un po’ alla volta di antichi e stantii stereotipi.
“Al Meridione oggi dobbiamo guardare liberandoci dal paradigma dell’arretratezza, come a uno dei termometri della nazione e dell’Europa.”
In questa prospettiva, anche il benemerito progetto Erasmus può essere letto come questa nuova forma di migrazione. Non una fuga, ma una dilatazione del tempo verso il futuro. I giovani che si spostano da Grottaminarda a Stoccolma, da Ferrara a Lisbona, non cercano solo un’esperienza formativa: cercano una casa nel futuro, un’Europa senza confini, dove l’identità si costruisce nella relazione.
Erasmus è l’emblema della migrazione che non cancella l’origine, ma la integra in un orizzonte più ampio. Questo tensione temporale del viaggio è una forma di restanza in movimento, per usare il termine caro a Vito Teti e ripreso da Abruzzese. Restare, in questo senso, significa camminare nei margini, viaggiare negli spazi invisibili, costruire ponti tra ciò che si è e ciò che si diventa. Restare vuol dire, in questo senso, spingersi ai margini.
“Per restare, davvero, bisogna camminare, viaggiare negli spazi invisibili del margine.”
Per questo Abruzzese ci invita a guardare al Sud non come periferia, ma come termometro dell’Europa. Il Sud è il luogo dove si avvertono prima le crisi, ma anche dove si possono immaginare le soluzioni. È il luogo della memoria, ma anche della profezia.
In conclusione: migrare è… diventare. Migrare è, cioè, un processo ontologico, poetico, politico. È il gesto di chi ha fiducia nel tempo, nella possibilità di costruire un mondo nuovo. In questo senso, Abruzzese ci offre non solo una testimonianza, ma una visione: quella di un Sud che non si lamenta, ma si trasforma, che non si chiude, ma si apre, che non si perde, ma si ritrova nel futuro.
“Meridionali si diventa in rapporto alla nascita della civiltà tecnologico-industriale.”
E forse, europei si diventa proprio così, come hanno fatto da sempre i meridionali: migrando nel tempo, costruendo ponti, dilatando il presente verso un futuro dove ogni luogo può essere una casa decisamente più estesa, nello spazio e nel tempo, di un natio borgo selvaggio.
Per leggere gli articoli, i racconti e le poesie di Giuseppe Ferrara su Periscopio clicca sul nome dell’autore

Lascia un commento