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E’ proprio vero: una bella idea cammina con le proprie gambe.
Qualche settimana fa, Paolo Marcolini, presidente di Arci Ferrara, commentava l’imminente arrivo di un drappello di militari in Gad: “Al posto di 12 militari, mandateci 12 bibliotecari”. Sono passati pochi giorni e la Cgil di Ferrara rilancia. Natale Vitali, segretario di Cgil-Funzione Pubblica, rilascia un’intervista dicendo più o meno: prendiamo sul serio quella provocazione, trasformiamola in progetto concreto, promuovendo “un confronto largo e partecipato”.
Dunque, una biblioteca in Gad. Ma a far cosa? Non ci sta come i cavoli a merenda? Che c’entrano i libri con un quartiere dolente, impoverito, abbandonato, impaurito?
Qualcosa provavo già a dirla all’inizio dell’estate (anche su questo giornale), lanciando l’idea di costruire un centro culturale e biblioteca multietnica proprio nel cuore della Ferrara del disagio e del degrado. Certo, militari e bibliotecari fanno un mestiere affatto diverso, non sono, per così dire, figure interscambiabili. Questo lo sanno tutti, lo so io, lo sa l’Arci, lo sa la Cgil. Per capire il valore di questa proposta bisogna allargare lo sguardo. E’ proprio questo che chiedo, al nostro sindaco, alle associazione dei residenti e a tutti i ferraresi che abitano in Gad e vivono disagio, incertezza, frustrazione e rabbia sulla propria pelle.

Occorre partire da una domanda semplice semplice: quand’è che in un quartiere arrivano le forze dell’ordine, si moltiplicano vigili e poliziotti, telecamere e militari? Risposta altrettanto semplice: quando è troppo tardi. Quando un tranquillo quartiere residenziale è già diventato ‘periferia della periferia’: quando i negozi invece di aprire chiudono uno dopo l’altro, quando gli appartamenti si svalutano, quando si incomincia ad incontrare della brutta gente e di notte è meglio girare al largo. Quando la vita familiare, di vicinato, l’intero tessuto sociale ha già subito un vulnus che sembra irreparabile. Quando incominci a pensare che l’unica soluzione sarebbe scappare via da quel posto.
Ho visto anch’io le prime camionette arrivare al Grattacielo. La gente, nella maggioranza, applaude. Ma a che servirà blindarsi sempre di più? Chi ci restituirà la vita tranquilla di una volta?

Ecco, fondare un biblioteca multietnica proprio lì in mezzo – e dirò dopo che ovviamente una biblioteca non basta – vuol dire pensare che questo processo non sia irreversibile, e che sia invece possibile (oltre che doveroso) ri-costruire quel tessuto urbano spezzato, ri-allacciare legami sociali ‘normali’ tra abitanti e transitanti, ri-dare vita a un quartiere che una volta era bello come un ‘giardino’.
In passato, per conto di un comune del bolognese, mi è capitato di pensare e organizzare insieme a una collega la nascita di una nuova biblioteca pubblica. Fondare una biblioteca ex novo è una missione complessa, ma affascinante. Occorre un grande lavoro sui repertori e i siti specializzati (ce ne sono in Italia e in Europa), serve il confronto con altre realtà che già hanno realizzato centri di documentazione e biblioteche inter-etniche, ma la cosa di gran lunga più importante – ha ragione la Cgil – è il confronto aperto e l’apporto di chi abita, frequenta e opera in quel territorio. Partire cioè dai bisogni informativi, culturali e sociali delle persone e costruire una struttura polifunzionale capace di dare risposte a quei bisogni.
Occorre intenderci. Quando parlo di una biblioteca e mediateca multiculturale in zona Gad non penso a una realtà a uso e consumo esclusivo degli stranieri, un bel ghetto per i nuovi arrivati, ma a una piazza informativa e formativa, al servizio di tutti gli abitanti del quartiere e in generale della città. Un luogo dove ci sia spazio per pensionati e studenti, bambini e adulti. Dove si possano leggere i giornali, navigare in internet, studiare, leggere un libro, guardare un film, fare domande e ottenere risposte per trovare il giusto ufficio comunale o sanitario a cui rivolgersi.
Gli stranieri a Ferrara, i nuovi venuti, rappresentano quasi il 10% della popolazione residente. Tutte le biblioteche di quartiere dovrebbero quindi avere almeno una sezione multietnica. In particolare, la nuova biblioteca del Gad dovrebbe avere un’attenzione speciale alle decine di lingue, culture, tradizioni presenti nella nostra città.
Ecco allora l’importanza dell’ascolto e del confronto, già nella fase di costruzione di questa esperienza. Le Associazioni degli abitanti, come le Comunità Straniere. Gli operatori del Centro di Mediazione Sociale del Comune (che ha sede e organizza attività proprio al Grattacielo) e le decine di realtà, sindacati, cooperative sociali, associazioni di volontariato, che aderiscono alla rete Ferrara che Accoglie e sono direttamente impegnate nel campo dell’accoglienza, dell’integrazione e della difesa dei diritti. Una biblioteca al Grattacielo non può non nascere che da un grande progetto collettivo. E non potrà vivere se non parlando una pluralità di voci e di lingue. Non riesco a enumerarle tutte, ma voglio citare le due ultime nate: la coraggiosa Webradiogiardino e la Pappamobile, la cucina popolare itinerante che nei prossimi mesi farà sosta nei giardini del Grattacielo.
Dentro, a fianco, attorno alla biblioteca multietnica del Gad dovranno trovare casa una pluralità di servizi. Si dovrà continuare a insegnare l’italiano ai ragazzi nuovi arrivati e ci dovrà essere lo spazio per le riunioni delle associazioni e una sala per gli eventi culturali ed artistici. Uno sportello cup, un terminale del Centro per l’Impiego, le informazioni di Area Giovani…
Potrei continuare a mettere in fila le tante energie da coinvolgere in un progetto – culturale e sociale – così importante e innovativo. Pensiamo solo a cosa potrebbe fare lo sport (Spal in testa), la musica o il teatro, dove operano tante scuole, gruppi, associazioni.
Un altro elemento, complementare ma necessario, è lo sforzo che occorre mettere in campo per la rinascita commerciale del Gad. Recentemente l’assessore Modonesi ha lanciato la proposta di favorire le attività che vogliano aprire il proprio spazio nel quartiere attraverso un contributo pubblico sui canoni delle locazioni. E’ molto tardi, magari è troppo poco, ma mi sembra una strada da battere. E con più decisione. Occorre individuare le tante botteghe chiuse. I tanti locali sfitti e inutilizzati, e favorire l’insediamento di realtà, sia commerciali sia no-profit: dal calzolaio al barbiere, dalla merceria al biciclaio, da una coop culturale, a una start up di giovani intraprendenti, a una scuola di lingua o di musica.
Voglio però chiudere sul concreto. Su quali passi sarebbe necessario fare, anche da parte del Comune di Ferrara, per innescare questo processo virtuoso. Per non rubare altro spazio lo farò per punti. Ad altri, primi fra tutti i tanti bravi bibliotecari e operatori culturali che a Ferrara lavorano, l’invito ad approfondirli e arricchirli.

  1. Prima di tutto occorre organizzare, all’interno dei programmi regionali, un corso professionale per bibliotecari e documentalisti, con particolare riferimento ai temi dell’intercultura. Penso a un corso di alcune centinaia di ore, rivolto a una ventina di giovani, italiani e stranieri. Alcune lezioni dovrebbero essere aperte e servire da aggiornamento professionale per i bibliotecari dell’Ariostea, della Biblioteca Bassani e Rodari e delle altre biblioteche decentrate della città.
  2. Individuare in Gad una struttura adatta ad accogliere il centro bibliotecario e le sue molteplici attività. A mio modesto parere potrebbe essere proprio la sala polivalente al piano terra del Grattacielo, ma esistono nel quartiere anche altri complessi inutilizzati e sfitti, ex capannoni industriali eccetera. E provvedere ad un adeguato restauro a norma di legge.
  3. Mettere in conto un cospicuo investimento in documenti, arredi e attrezzature a carico del bilancio comunale, valutando anche il possibile utilizzo del finanziamento per le periferie urbane dedicato al Grattacielo recentemente assegnato a Ferrara.
  4. Chi non ha lavorato in biblioteca non conosce cosa sia lo scarto bibliotecario. Le biblioteche pubbliche (a Ferrara tutte le Comunali, compresa l’Ariostea, che pure ha anche un precipuo compito di conservazione) hanno il compito di scartare periodicamente i documenti posseduti in più copie, invecchiati o usurati per far posto a nuovi documenti. E’ un’operazione ‘dolorosa’ (per bibliotecari e bibliofili), ma necessaria e che può offrire un contributo – un patrimonio assolutamente gratuito – per una biblioteca nascente. Pensate a un appello rivolto, anche solo alle biblioteche pubbliche presenti in Emilia Romagna. Arriverebbero migliaia di libri e documenti in genere. Dopo un’attenta selezione, parte di questi potrebbero trovare spazio nella nuova biblioteca del Gad. Ovviamente lo scarto bibliotecario è pratica corrente in tutte le biblioteche del mondo. Lo stesso appello, instaurando opportune convenzioni e gemellaggi, si potrebbe rivolgere alle biblioteche di altri paesi e di altre lingue (penso soprattutto all’Inghilterra e alla Francia). La cooperazione bibliotecaria è una pratica consolidata e sono certo che non poche biblioteche risponderebbero positivamente. L’invito a contribuire a un progetto di alta valenza culturale e sociale potrebbe essere esteso alle case editrici (italiane e straniere) chiedendo di inviare in dono alcuni libri alla biblioteca interetnica.
  5. Questo progetto potrebbe essere oggetto di una grande campagna di crowdfunding sociale. E oltre alle piccole donazioni dei privati cittadini ci si potrebbe rivolgere anche ad aziende, cooperative e fondazioni proponendo loro di diventarne sponsor e sostenitori.

Qui l’elenco potrebbe continuare. Le idee per far nascere e per sostenere questa iniziativa potrebbero essere davvero tante.
A Ferrara esistono competenze, intelligenze, passioni da mettere in campo. Serve però alzare lo sguardo e scommettere sul presente e sul futuro. I cittadini residenti, i primi protagonisti di questo processo, dovranno metterci buona volontà. Tutti noi, impegno e fantasia. E l’Amministrazione Comunale una autentica volontà politica.

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Francesco Monini

Nato a Ferrara, è innamorato del Sud (d’Italia e del Mondo) ma a Ferrara gli piace tornare. Giornalista, autore, infinito lettore. E’ stato tra i soci fondatori della cooperativa sociale “le pagine” di cui è stato presidente per tre lustri. Ha collaborato a Rocca, Linus, Cuore, il manifesto e molti altri giornali e riviste. E’ direttore responsabile di “madrugada”, trimestrale di incontri e racconti e del quotidiano online “Periscopio”. Ha tre figli di cui va ingenuamente fiero e di cui mostra le fotografie a chiunque incontra.

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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Francesco Monini
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