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L’articolo 19 bis del per ora abortito decreto legislativo sul fisco ha rappresentato per il governo una brutta figura, senza scusanti possibili. Per la gioia di numerologi e cabalisti, appena sopite le polemiche su un celeberrimo art. 18, è ora quello che lo segue nella sequenza dei numeri naturali a tenere banco nella pubblica opinione: c’è già chi azzarda che il prossimo potrebbe essere il numero 20 di un qualche prossimo provvedimento o semmai una combinazione arcana dei fattori che compongono i precedenti; cosa questa che pare più difficile dato che 19 è un numero primo. Vedremo.
La brutta figura comunque rimane e mette in campo una importante questione di metodo. Perché, se è pur vero che nelle decisioni del governo si deve esplicare un ovvio primato della politica, è discutibile l’idea di poter ritoccare in una riunione di qualche decina di minuti un testo che incide in una materia complessa come la legislazione fiscale e che aveva richiesto ai tecnici parecchie settimane di lavoro. Da questo punto di vista, bene ha fatto Renzi ad assumersene in toto la responsabilità, né d’altronde poteva essere diversamente.
Come è naturale in occasioni come questa, tutti gli oppositori del governo cercano di trarre il massimo profitto dall’incidente, mentre gli organi di informazione hanno sfornato miriadi di ipotesi sul suo reale significato, concentrandosi prima sui possibili fini diretti per poi elaborarne sofisticate letture subliminali, che lo legherebbero indissolubilmente, come in un romanzo di Don Brown, a tutte le altre grandi questioni politiche ancora aperte, dall’elezione del Capo dello Stato alle riforme costituzionali ed alla legge elettorale: segnali, ammiccamenti, ritorsioni, allusioni, minacce velate, depistaggi e quant’altro. D’altra parte i giornalisti italiani possono essere accusati di tante cose, ma certamente non di mancanza di fantasia.
Sul fatto che si sia trattato di un tentativo messo volutamente in atto per togliere le castagne dal fuoco a Berlusconi, a titolo di ricompensa per qualche patto scellerato presente o futuro, e di cui l’attuale capo del governo era del tutto consapevole è questione sulla quale ciascuno ha una propria ben ferma opinione, legata inevitabilmente al giudizio a priori che dà di questa fase politica. Se di questo si è trattato non si può tuttavia non notare la totale ingenuità del tentativo, con quello che di solito dovrebbe essere un codicillo oscuro infilato in un testo fumoso, messo invece in piena evidenza in un articolo tutto suo. In un testo che, oltretutto, avrebbe dovuto passare due, seppur consultive, discussioni parlamentari.
O si tratta quindi di un ‘segnale’ (di cui natura, obiettivo e significato personalmente fatico a cogliere un razionale condivisibile) oppure di un altro episodio di pressapochismo all’italiana, che non può essere scusato nemmeno dalla necessità di fare in fretta. Pur non essendo convinto che le spiegazioni più semplici siano sempre le più corrette, in questo caso personalmente propendo per la seconda ipotesi. Consapevole di attirarmi in questo modo, da parte di chi è convinto che la realtà consista prevalentemente nella rappresentazione artefatta di trame occulte tessute da abilissimi quanto abbietti manovratori, prevedibili accuse di “ingenuità”, difetto tutto sommato lieve per un giovane, ma che acquista inevitabilmente un significato assai meno benevolo se attribuito a persone di età inesorabilmente matura. Ce ne faremo una ragione.

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Raffaele Mosca


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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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