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Le recenti affermazioni del papa sulla libertà di espressione sono state accolte nel nostro Paese con entusiasmo bipartisan. Sulla prima parte, cioè che non si può uccidere in nome di Dio o, aggiungo, di qualsivoglia ideologia, visione del mondo, filosofia, eccetera credo siamo tutti d’accordo. La seconda, in cui il pontefice afferma che non è lecito irridere la religione altrui, è invece secondo me più discutibile.
Premesso che non mi piace la volgarità fine a se stessa di certe vignette o di certi articoli, quella del papa è in fondo la parafrasi del vecchio proverbio “Scherza coi fanti, ma lascia stare i santi”, che da noi è stato legge dello Stato per molto tempo.
A mio parere, invece, chi non va mai insultato sono le persone e la loro dignità: questo è un diritto che ogni stato democratico deve tutelare a tutti i suoi cittadini. Le idee, le visioni del mondo, religioni incluse, sono un’altra cosa e nei loro confronti anche la critica più feroce deve poter essere lecita. Altrimenti, paradossalmente, si arriva al relativismo etico ed a società costruite a compartimenti stagni.
Nei paesi anglosassoni l’applicazione indiscriminata del “politicamente corretto” ha ormai fatto sì che delle questioni attinenti la sfera religiosa sia diventato molto difficile parlare e che l’omissione sia diventata la regola. Ad esempio, nessun sito o giornale americano ha pubblicato le vignette di Charlie Hebdo che hanno scatenato la furia dei terroristi. A me quello pare un modo sostanzialmente sbagliato ed ipocrita di affrontare le diversità culturali, a maggior ragione in un mondo sempre più globalizzato in cui tutto è destinato a mescolarsi ed a venire reciprocamente in contatto. E poiché il mondo è pieno di religioni e di ideologie forti, ognuna delle quali ha i suoi, grandi o piccoli, tabù, che facciamo? Si potrebbe ad esempio stilare un elenco che contiene tutti gli argomenti, le immagini, le allusioni potenzialmente problematiche e quindi da proibire per evitare che qualcuno se ne abbia a male. Naturalmente, per non discriminare nessuno, l’elenco dovrebbe essere continuamente aggiornato, tenendo conto delle nuove dottrine che nascono di continuo e delle modificazioni che subiscono quelle esistenti. Oppure, pragmaticamente, stabilire che non si può disegnare il Profeta, perché i musulmani sono tanti e menano pure, pronti ad estendere il divieto a fronte delle proteste particolarmente bellicose che venissero da altre parti.
Non c’è in ballo solo la libertà di satira, che è indubbiamente una forma estrema di espressione per sua natura, ma la possibilità stessa di poter anche solo dissentire su questioni che attengono la vita delle persone, che in una visione integralista sono di fatto indistricabili dai precetti religiosi propriamente detti.
Nella realtà le religioni, come ogni altra ideologia, si modificano nel tempo, anche se a molti dei loro seguaci non fa piacere riconoscerlo, e devono anche loro adattarsi ad un mondo plurale, che garantisce a tutti sia la libertà di culto che quella di espressione. Il cristianesimo, nelle sue diverse varianti, era un tempo intollerante quanto lo è oggi l’Islam: il dover vivere in società sempre più secolarizzate ha fatto sì che molte pretese venissero via via abbandonate. Alcune anche in tempi abbastanza recenti. Ricordo da bambino di avere assistito ad una discussione, mi pare in tv, in cui qualcuno sosteneva che il divertimento e l’allegria durante i giorni della Passione prima di Pasqua erano offensivi per i credenti e che quindi era giusto, come capitava allora, che cinema e teatri restassero chiusi e che radio e televisione trasmettessero solo musica da camera.

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Raffaele Mosca


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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