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Molto spesso i racconti sono frutto di immaginazione, sono pensieri collegati alla realtà, alle volte, spesso, non sono veri, vengono infarciti con dalla fantasia e romanzati ad arte dal narratore.
Questo no.

Thyssen Krupp è un gruppo industriale tedesco, con sede ad Assen. I più importanti insediamenti in Italia sono a Terni e a Torino.

Un giorno, intorno ad un tavolo ovale, il management del gigante della produzione dell’acciaio decide di disinvestire nello stabilimento di Torino. In particolare, ritiene la linea 5 non idonea a rimanere in Piemonte. Meglio trasferirla a Terni.

Le scelte delle multinazionali sono spesso discutibili, ma non ammettono discussioni.

E quindi si produce senza grossa attenzione alla manutenzione e alla pulizia. Le ditte in appalto vengono eliminate, tanto ancora pochi mesi e la linea verrà trasferita. Gli operai lo sanno, protestano, ma il ricatto del quindici del mese è troppo importante, il mutuo, l’affitto, la scuola dei ragazzi, la salute, le bollette, la spesa, non si pagano da sole.

Sono mesi che si toglie, sono mesi che i livelli minimi di sicurezza calano a vista d’occhio. Gli estintori vengono sostituiti tutti, meglio optare per un estinguente a CO2 rispetto ad uno a polvere, in caso di utilizzo sporcherà meno il prodotto. Abbiamo fretta, non possiamo perdere tempo a pulire i fogli di acciaio.

Sotto alle linee dei nastri trasportatori i bacini di contenimento traboccano di olio idraulico, ma chi doveva pensare allo svuotamento? Le ditte in appalto, che non ci sono più. Non ne abbiamo bisogno, fra qualche settimana smonteremo tutto, abbiamo fretta.

I pulsanti di arresto di emergenza dislocati ogni dieci metri di linea sono stati bypassati, se li spingi non funzionano. Ma perché, chi l’ha deciso? I capi. Non è che si può interrompere il flusso ogni tre minuti perché un coglione si diverte a spingere il fungo. Ma poi è vero che alcuni pulsanti, a livello progettuale sono stati debitamente installati ma non funzionano da sempre? Mah, così si dice.

Tutta quella carta ammassata in impianto andrebbe smaltita, è fonte di innesco, ed è pure unta. Ci penseranno le ditte in appalto. Ah già, gli abbiamo tolto i contratti di manutenzione; dai, manca poco.

Li avete visti i nastri trasportatori? Nessuno li registra più, carichi con i fogli di acciaio, sbarellano da tutte le parti, alle volte fanno attrito con le travi di sostegno e producono scintille. Qualche volta capita, non sempre, che si appiccano piccoli incendi. Ma i ragazzi sono bravi e con un paio di estintori a testa li spengono. Succede quasi tutte le notti, non è un pericolo, è tutto sotto controllo. Ci sono però delle volte che uno prende in mano un estintore e lo trova vuoto, la ditta che fa le ricariche non riesce a mantenere il ritmo di riempimento, occorre chiamarla, alle volte arriva dopo due giorni, insomma sono tanti gli estintori scarichi.

La notte tra il cinque e il sei di dicembre del 2007, in turno ci sono otto operai. Otto tute blu, otto storie diverse, otto colleghi, forse amici. E’ passata da poco la mezzanotte e la linea 5 ricottura e decapaggio è stata riavviata, come sempre scodinzola un po’, si vede che i tiranti dei nastri sono lenti, mannaggia a loro. Ecco che nel trasporto delle lamine di acciaio, lo strusciamento contro le colonne fa le solite scintille. Ecco che parte la rottura di coglioni, l’incendio. Provano a spegnerlo, qualche estintore non funziona, gli altri a CO2 hanno un basso potere estinguente. C’è fermento tra gli operai, uno corre in sala quadri, avverte gli altri. Nel PLC che controlla la linea non esiste un selettore a chiave che interrompa il flusso, anzi sì, ci sarebbe una sequenza alfanumerica che impostandola blocca i nastri, ma nessuno la conosce, è troppo lunga.

L’incendio aumenta, uno dei ragazzi è pronto con la manichetta, uno prova ad aggredire l’incendio da dietro con un estintore mezzo vuoto. I circuiti idraulici si surriscaldano, un tubo cede, comincia a sputare olio sopra la carta di protezione già in fiamme, i bacini di contenimento dell’olio prendono fuoco poi, in un attimo, l’inferno. Gli otto operai vengono investiti da lingue di fuoco che li risucchiano, li accartocciano.

  • Antonio
  • Roberto
  • Angelo
  • Bruno
  • Rocco
  • Rosario
  • Giuseppe

Antonio muore subito, Giuseppe dopo tre settimane, gli altri dopo ore o giorni.

Solo Antonio B. si salverà. Qualche ustione, prognosi di alcune settimane.

Gli altri? Carne offerta sull’altare del capitale. Nessuna sfortuna, nessun caso, nessuna sorte avversa.  E’ come sparare bendati al gioco dell’orso, nelle giostre di quaranta anni fa. Ad ogni colpo l’orso passa indenne, ma poi, continuando a sparare, sparare, sparare, l’animale a un certo punto alza le zampe e cade a terra.

La Corte d’Appello di Torino condanna i dirigenti del colosso industriale per omicidio colposo. Il primo grado non riconosce l’omicidio volontario. La freddezza dell’esecuzione rimane. Ci sarà un risarcimento. Ma un figlio, un padre, un marito, un fratello, un amico, non hanno prezzo. Il sangue su quell’acciaio non sarà mai lavato.

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Cristiano Mazzoni

Cristiano Mazzoni è nato in una borgata di Ferrara, nell’autunno caldo del 1969. Ha scritto qualche libro ma non è scrittore, compone parole in colonna ma non è poeta, collabora con alcune testate ma non è giornalista. E’ impiegato metalmeccanico e tifoso della Spal.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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