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Non posso che essere d’accordo con le riflessioni che Gaetano Sateriale ha fatto, nell’articolo apparso nei giorni scorsi su ferraraitalia.it, sul fatto che nella prossima tornata elettorale amministrativa della nostra città si gioca su un nuovo rapporto con i cittadini sui problemi reali che toccano la vita di ogni giorno e fra questi c’è inevitabilmente anche il problema sicurezza.
Se è vero che i partiti di destra, sulla scorta di un reale malcontento, fanno del tema della sicurezza il loro baluardo rivendicativo per attrarre più voti possibile, con slogan cari a tutto l’attuale governo, credo proprio che di sicurezza si dovrebbe parlare di più e a fondo, non tanto per contrastare il vessillo destrorso, che risolve il problema esclusivamente con la cacciata dei migranti dal paese – “devono andare a casa loro” – quanto piuttosto per ascoltare quei cittadini e le loro famiglie che da anni vivono situazioni di disagio in ragione di una gestione non coerente e condivisa di questo problema.

Il problema della sicurezza in città è stato affrontato, è vero, ma come?
Se ci troviamo ad avere anche l’esercito davanti alla stazione o pattuglie che girano ogni tanto in zona Gad e grattacielo, ma ancora persistono problemi di spaccio, prostituzione e delinquenza, la gente è per forza di cose inviperita dalla reale effettiva mancanza di interventi seri, costanti e definitivi. E’ altrettanto inevitabile che queste denunce diventino facile preda di rivendicazione da parte dei gruppi di destra che fanno propria questa rabbia e che riconducono il problema alla sola presenza degli immigrati, alimentando sempre più rancore e insoddisfazione adducendo il tutto a una amministrazione locale incapace.

Non sarebbe più opportuno riprendere l’esperienza già adottata in tempi passati, anche con formule operative nuove, prevedendo sistematiche presenze di agenti di polizia municipale che svolgano il proprio lavoro quotidianamente nei diversi quartieri e se necessario siano presenti anche di notte laddove se ne verifichi necessaria la presenza, appunto per problemi di delinquenza comune o altri fenomeni come spaccio e prostituzione? La presenza sistematica di queste figure potrebbe essere un deterrente, come fattore costante di vigilanza su tutto il territorio, oltre che elemento ‘educativo’ di una cittadinanza che ha bisogno di sicurezza, ma deve saper rispettare le norme di una convivenza civile fatta di regole precise e valide per tutti e non solo per gli immigrati.
So che da anni sull’integrazione tanti sono stati gli interventi sociali positivi del Comune rivolti a bambini, giovani e famiglie, in collaborazione con associazioni varie e volontariato, ma evidentemente il problema non è relegabile solo a questo aspetto. Si tratta di un problema complesso che riguarda Ferrara come tante altre città, addirittura in misura molto più consistente. Non dimentichiamo tuttavia che proprio questo problema si connette inevitabilmente anche con la crisi del mondo del lavoro, della disoccupazione giovanile, dello stallo in termini di sviluppo del mondo imprenditoriale che vive una situazione difficile, che è più in generale dell’intero paese.

Per quanto riguarda i programmi relativi alle prossime elezioni ho seguito i temi posti dalle nuove liste civiche proprio in materia di sicurezza e non solo. Ho cercato di seguire anche la recente prima uscita del Pd con cui si proponeva un serio confronto a livello civico senza pregiudiziali rispetto a eventuali candidature precostituite, poi proprio dentro al Pd e fuori dalla stessa area si è cambiato rotta: ci sono state proposte nominative che in parte contraddicono quanto pareva essere davvero un’apertura seria all’ascolto e al confronto con altri della sinistra ferrarese, in merito a un programma comune per la città.
Perché di questo sono convinta: se davvero questa strada non sarà percorribile (ed è già tardi) gli esiti non sono assolutamente scontati per quanto riguarda il governo della città nei prossimi anni.
Quali le prospettive quindi, quali le metodologie di confronto, di partecipazione e di contributo da offrire ai cittadini per un nuovo processo di rivitalizzazione della città, senza adottare i soliti slogan di cui tanto abusano i nostri governanti? Non dimentichiamo che non esiste solo il problema della sicurezza: ci sono altre importanti problematiche che sono assolutamente connesse a questa critica situazione sociale e che toccano da vicino la vita dei cittadini, dal funzionamento dei servizi sociali, ai servizi sanitari e ospedalieri (lunghe liste di attesa, consultori ormai alla stregua di ambulatori ecc.), ai servizi di cura rivolti ai bambini e agli anziani, alle crescenti e diffuse patologie condizionate dal rapporto con l’inquinamento ambientale in termini di aria, acqua e alimentazione; alla situazione critica del mondo del commercio e delle imprese ferraresi.
Che dire poi del mondo della scuola che subisce fenomeni di abbandono scolastico mai visti così elevati prima d’ora, della necessità di pensare a un nuovo modo di strutturare percorsi scuola-mondo del lavoro, anche in collaborazione con l’ Università, condividendo reali progetti attrattivi sul piano formativo e non solo prestazionale.
Sarebbe importante parlare anche del mondo dell’Università e della ricerca, che a Ferrara presenta sicuramente potenzialità all’avanguardia in termini di ricerche specifiche, ma non trova nell’innovazione imprenditoriale di qualsiasi settore, da quello agricolo, a quello medico e tecnologico, risposte, programmi e progetti nuovi che generino anche una possibile economia positiva sul territorio.

Parlare di tutto questo significa toccare la vita dei cittadini e soprattutto delle nuove generazioni che hanno a che fare con il grave problema della disoccupazione: molti giovani, pur in possesso di laurea, non riescono a integrarsi stabilmente in un contesto lavorativo e quando va bene, restano a carico delle famiglie per tempi troppo lunghi. Questo è un problema serio che va trattato, perchè non può essere ulteriormente lasciato ai margini di una ineluttabile situazione generale della precarietà del mondo lavorativo nazionale o europeo.
Che dire allora di una Ferrara che ha il triste primato della denatalità sia a livello regionale sia nazionale? Come stupirsi? Non ha a che fare anche con il fatto che le giovani generazioni non hanno redditi certi o sufficienti per far fronte alle responsabilità di una famiglia o addirittura anche solo per rendersi semplicemente autonomi? Se non vogliono, né possono assumersi l’onere di fare figli non siamo di fronte a una società dal destino molto incerto?
E’ vero, questa globalizzazione ha eliminato tutti i confini, ma ha anche marginalizzato le relazioni interpersonali, ha prodotto paradossalmente più solitudini e sta distruggendo il senso e lo scopo dell’essere una comunità.

Allora che fare anche nella nostra città per battere l’indifferenza, l’egoismo, l’autoreferenzialità e soprattutto l’aumento incredibile del clima di rancore nei confronti dell’altro? Il Censis sostiene che “una premessa della situazione dell’aumento del rancore sociale è da ricercarsi nella ingiustizia sociale diffusa”. La società del rancore ha un immaginario collettivo regressivo e chiuso, proiezione di paure personali, oggi ritenute “uniche degne di essere ascoltate come voce critica”. Non ci sono certo ricette facili per affrontare l’ attuale complessità ed è davvero semplicistica (per usare un eufemismo) quella formula che qualcuno urla rancorosamente… che potremmo vivere meglio solo cacciando gli immigrati a casa loro.
Concretamente, perché non riprendere in mano il discorso dei quartieri per riaggregare persone con diversi interessi, da quelli politici a quelli culturali, sociali ed economici, con capacità imprenditoriali, insegnanti, studenti, associazioni, per ridare vita a un confronto che nasca dai problemi dei territori, da un confronto serio fra la gente? Forse in questa direzione i nuovi modelli di comunicazione possono essere utilizzati davvero come strumenti di confronto delle idee e non solo come strumento di una pseudo relazione col mondo esterno come oggi avviene. Non sarebbe una scommessa da affrontare?
Chi aderisce a una nuova idea di sinistra che sta cercando di aggregare le persone sui temi di fondo sopra citati, dovrebbe fare un salto di qualità: dovrebbe puntare a uno spazio comune e aprirsi a tutti coloro che sui temi concreti offrono la disponibilità a dare un contributo senza pregiudiziali di sorta, pena la vanificazione dei sogni e di qualsiasi progetto di lavoro futuro per tutta la comunità. Ciò vale per il Pd come per le liste civiche e per tutte quelle persone che vorrebbero dare un contributo e non sanno cosa fare e a chi rivolgersi. Forse c’è ancora spazio per guardarsi intorno senza rancore.

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Loredana Bondi


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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