Skip to main content

Un filo sottile e robusto lega fra loro due avvenimenti importanti che hanno segnato questo primo scorcio d’anno ferrarese. Due fatti apparentemente lontani e distinti, che hanno riempito le pagine dei quotidiani, animato il dibattito e mosso l’interesse dei lettori, tantissimi su Ferraraitalia in questi giorni: circa ottantamila nella settimana che si è conclusa.

Il primo evento a cui faccio riferimento è la scomparsa di Paolo Mandini, ricordato da tutti come uomo arguto e generoso, stimato anche da chi non condivideva le sue idee perché – come stato giustamente scritto anche su questo giornale – le sue battaglie politiche e civili erano sempre volte a contrastare le idee e mai a denigrare le persone. Quando sposava una causa si batteva con tutto se stesso per realizzare l’obiettivo, sempre nel rispetto dei principi etici. La passione e le idealità che hanno guidato il suo percorso sono proprio gli ingredienti che in questi anni si sono progressivamente rarefatti e rinsecchiti, favorendo il degrado della vita pubblica al quale assistiamo. La causa è appunto l’appannamento degli ideali, unito a una scarsa considerazione del senso di responsabilità individuale che porta ciascuno ad assolvere facilmente se stesso e indulgere sulle proprie mancanze.

La tragica combinazione di questi due fattori – perdita di vista di valori e principi, fra i cui l’uguaglianza fra gli tutti gli uomini e l’indifferenza per le conseguenze dei propri atti – è uno degli elementi che spiega le disgustose frasi razziste rivolte post-mortem all’indirizzo del ragazzo nigeriano che domenica scorsa si è gettato sotto il treno, evidentemente non vedendo più davanti a sé una strada dignitosa, degna di essere percorsa. Degli inumani commenti che sono seguiti si è parlato molto anche a livello nazionale.
Qualcuno, nei forum online – prendendo le distanze – ha scritto “io non mi sento ferrarese”. Ma il problema non è la targa. Il male è diffuso e contagioso. E il male si chiama ignoranza. E’ lo sconosciuto che inquieta e spaventa. Sono la mancanza di conoscenza e l’assenza di curiosità, prima molla intellettuale, che ci inducono a opporre a ogni incognita lo scudo delle nostre povere presunte certezze, rendendoci sprezzanti e aggressivi. Si manifesta così la violenza dei deboli: i deboli di intelletto che proteggono se stessi mostrando i muscoli, la loro sola forza.

C’è un solo grande bene, la conoscenza. E un solo grande male, l’ignoranza” (Socrate)

Il problema è che la piaga è estesa e alla comunità mancano gli anticorpi. Gli anticorpi sono nel sapere e nella conoscenza. La società ignorante ignora persino il suo stesso bene e perde il rispetto per ciò che di più prezioso esiste: la vita umana, la dignità di ogni individuo, il diritto di ciascuno alla ricerca della felicità, il bisogno di saldare un solido abbraccio solidale fra gli uomini.
Il rispetto per tutti gli individui: lo ha testimoniato – praticandolo – anche ieri papa Francesco, recandosi in Sinagoga a Roma e stringendo le mani uno ad uno a tutti gli ebrei presenti. Per riaffermare: tu vali e tutti siete uguali, unici e ugualmente importanti. Un fatto simbolico, comunicativo, certo. Ma la comunicazione è parte fondamentale delle nostre vite, ed è fatta di segni. E il gesto compiuto da Francesco ha creato emozione, ha tramesso un messaggio, ha consolidato un principio.

Il nostro mondo è in crisi perché abbiamo perso il senso dei valori che lo sorreggono. Lo ha spiegato bene Fiorenzo Baratelli, in questi giorni, parlando di democrazia [ascolta la sua conferenza]. Il suo ragionamento travalica l’ambito della politica. La democrazia, fondamento di civiltà, pone a base di se stessa il principio dell’uguaglianza. Le volgari espressioni di scherno che hanno accompagnato la morte di un uomo sono il disconoscimento del valore assoluto della vita e celebrano il funerale della civiltà. Quelle disgustose manifestazioni palesano un cedimento al principio cardine. Lo sfregio all’esistenza di un solo uomo è affronto a ogni uomo libero, negazione dell’uguaglianza, ritorno alla barbarie, quando gli individui si dividevano fra padroni e schiavi e nessun codice etico né giuridico tutelava i deboli e li preservava da abusi e prevaricazioni.

Il parallelo fra le nostre inciviltà e quelle perpetrate dall’Isis, azzardato da Massimo Gramellini sulla Stampa prendendo spunto dal caso ferrarese, purtroppo ha un fondamento. Occorre alzare la guardia e riprendere con forza l’impegno: e non basta uno formale testimonianza, la salvaguardia autentica passa attraverso la pratica dei valori che nel corso dei secoli hanno progressivamente reso un po’ più vivibile e giusta la nostra società. E che oggi di nuovo vacillano. Il caso ferrarese ne è l’ennesima riprova.

Qui mira e qui ti specchia, / Secol superbo e sciocco, / Che il calle insino allora / Dal risorto pensier segnato innanti / Abbandonasti, e volti addietro i passi, / Del ritornar ti vanti (Leopardi, La ginestra)

Senza uguaglianza e giustizia sociale è il cemento comunitario che si disgrega. Il tempo di una rifondazione etica e civile è adesso. E non ci sono alibi per starsene con le mani in mano attendendo che altri per primi si muovano. Il dovere è di tutti e di ognuno. Ciascun individuo è chiamato all’azione secondo il principio della responsabilità individuale. Il movimento collettivo scaturisce dalla piena consapevolezza di ogni soggetto del proprio dovere e dalla contestuale coscienza della inadeguatezza del singolo che da solo si espone al fallimento e ha necessità di stringersi nel solidale consorzio civile.
Primo passo per la risalita dagli inferi è il recupero del rispetto autentico per degli altri. E, in conseguenza, anche per noi stessi.

tag:

Sergio Gessi

Sergio Gessi (direttore responsabile), tentato dalla carriera in magistratura, ha optato per giornalismo e insegnamento (ora Etica della comunicazione a Unife): spara comunque giudizi, ma non sentenzia… A 7 anni già si industriava con la sua Olivetti, da allora non ha più smesso. Professionista dal ’93, ha scritto e diretto troppo: forse ha stancato, ma non è stanco! Ha fondato Ferraraitalia e Siti, quotidiano online dell’Associazione beni italiani patrimonio mondiale Unesco. Con incipiente senile nostalgia ricorda, fra gli altri, Ferrara & Ferrara, lo Spallino, Cambiare, l’Unità, il manifesto, Avvenimenti, la Nuova Venezia, la Cronaca di Verona, Portici, Econerre, Italia 7, Gambero Rosso, Luci della città e tutti i compagni di strada

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it