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Entrare nella casa di qualcuno è sempre un’esperienza intima. Vedi il divano dove si rilassa, i piatti dove mangia, i quadri che tiene appesi alle pareti, i titoli dei libri che legge. L’emozione è ancora più grande se quella persona la conosci già per le cose che ha fatto – o in questo caso – scritto.
Ecco: adesso a Ferrara ci sarà e si potrà vedere e persino toccare il tavolo dove Giorgio Bassani prende appunti, legge, pensa. E’ qui la stanza dove vive tra una delle sue passeggiate nei quartieri di Roma e l’appuntamento pomeridiano con la partita a tennis, giocata fino agli ultimi anni di vita. C’è la poltrona rossa dove va a sedersi la sera, il tappeto che calpesta per accogliere gli amici Mario Soldati e Attilio Bertolucci, i bicchieri dove si dissetano mentre fanno a gara per recitare versi della Divina Commedia, i ritratti che gli fanno i pittori che conosce, i volumi con dentro il sapere che gli ha riempito l’anima. Ma c’è anche il servizio buono della casa del nonno materno; sono i piatti di ceramica con decorazioni blu di una famiglia ebrea ferrarese, una rarità che racconta da sola un’epoca e un mondo in gran parte distrutto, come quello che poteva essere il pranzo della festa prima della Shoah, prima che arrivassero le leggi razziali e prima che Micòl e gli altri membri della famiglia romanzesca dei Finzi-Contini venissero strappati alle loro belle abitazioni ferraresi per non tornarci più.

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Stoviglie della casa dei nonni materni di Giorgio Bassani ora a Casa Minerbi, Ferrara (foto Giorgia Mazzotti)

La casa che accoglie librerie e salotto di Bassani non è quella dove è cresciuto, in via Cisterna del follo (ora venduta a privati e inaccessibile). E’ la casa di un benestante signore ebreo ferrarese, Giuseppe Minerbi, amico di Giorgio, in via Giuoco del pallone 15 – a pochi passi dalla biblioteca Ariostea e anche dalla casa natale di Ludovico Ariosto. Acquisito dal Ministero dei beni culturali vent’anni fa, l’edificio è stato ora restaurato insieme con il Comune di Ferrara, che qui darà nuova sede all’Istituto di studi rinascimentali e ha creato il Centro studi bassaniani, aperto nello scorso fine settimana (4 e 5 marzo 2016) in occasione dei cent’anni della nascita del romanziere. Mancano gli ultimi ritocchi per il recupero completo degli affreschi al piano di sopra e degli impianti; poi – spiega il padrone di casa Giovanni Lenzerini, dirigente del settore attività culturali del Comune – ci sarà l’apertura ufficiale, in maggio 2016.

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Il salotto della casa di Giorgio Bassani ora a Casa Minerbi, Ferrara (foto Giorgia Mazzotti)

A rendere davvero questo luogo la casa dell’autore de “Gli occhiali d’oro” e delle “Storie ferraresi” è il lascito della sua compagna Portia Anne Prebys. La docente americana, che Bassani conosce a Roma nel 1977 e con cui trascorre il resto della vita, dona alla città tutti i 5mila libri, 9mila documenti e articoli dedicati a lui, oggetti d’arte e d’arredo. E sabato, seduta in quel salotto, Portia condivide con i visitatori i ricordi di vita quotidiana e la sua volontà di lasciare tutto alla città dello scrittore per creare questo luogo di divulgazione della cultura e dell’opera di uno degli autori più amati e tradotti in tutto il mondo.

Nella stanza con le immense librerie a parete è invece Gianni Venturi, docente e critico letterario, a raccontare aneddoti legati alle pubblicazioni dei romanzi e dei racconti. “Bassani – dice il co-curatore del Centro studi bassaniani – amava molto l’arte e per ogni copertina ha scelto opere e dipinti degli artisti che preferiva. Ecco per esempio questa edizione degli ‘Occhiali d’oro’. Quale pittore poteva essere più adatto di Filippo De Pisis per una storia che racconta il rifiuto di una città per gli ebrei e gli omosessuali?”. Per non dire di Giorgio Morandi, “l’artista preferito da Bassani”, con l’incisione dei Giardini Margherita di Bologna che illustra il romanzo dei Finzi-Contini ed è riprodotta nel manifesto di lancio del libro, incorniciato su una parete.

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Scaffale con le varie edizioni delle opere di Giorgio Bassani a Casa Minerbi, Ferrara (foto Giorgia Mazzotti)

La cosa bella è entrare in una casa d’autore e trovarcela, dentro, davvero. Trovare l’atmosfera di una vita domestica, sfiorare velluti un po’ lisi, spiare tra gli oggetti chiusi in una vetrinetta. All’estero, soprattutto nei paesi anglosassoni, questo succede. Puoi vedere la casa di Conan Doyle – nel centro di Londra – con persino il caminetto acceso e ancora vicino le pantofole dello scrittore di polizieschi e una pipa sulla scrivania, che chissà se era proprio la sua, ma fa pensare subito a quella di Sherlock Holmes. In Scozia – quando entri in un castello – trovi le cucine piene zeppe di pentole in rame, sacchi di farina, persino gatti riprodotti in cera, pronti a saltare sul cartoccio di pesce. In Italia, finora, sembrava che tutto questo fosse proibito, se non andavi a Gardaland. Persino la casa di Giorgio Morandi – a Bologna in via Fondazza – è stata sì tardivamente acquistata dal Comune e adibita a casa-museo, salvo il fatto di affidarla poi a un architetto di tendenza che l’ha completamente snaturata per farne un monumento di auto-celebrazione di maniera contemporanea bianco-minimal che puoi trovare in mille gelaterie, musei e hall d’albergo d’ogni parte del pianeta anni 2000. Anche a Ferrara la Casa dell’Ariosto, nella via che porta il suo nome, è piuttosto asettica: vedi i muri e le piastrelle in cotto (quelle almeno sì, qui), ma non ci sono arredi, non senti l’atmosfera casalinga di una stanza da letto, di un tavolo da pranzo. Ferrara rimedia ora con il Centro studi Giorgio Bassani. Per dare un approdo a tutti quelli che cercano, cercano il giardino che non c’è, e possono trovare – adesso – una casa che era altrove.

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Gianni Venturi curatore con la Presbys del Centro studi bassaniani (foto Giorgia Mazzotti)
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I fermalibri di Giorgio Bassani a Casa Minerbi, Ferrara (foto Giorgia Mazzotti)
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Il salotto della casa di Giorgio Bassani ora a Casa Minerbi, Ferrara (foto Giorgia Mazzotti)
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Portia Presbys nel salotto della casa di Giorgio Bassani ora a Ferrara (foto Giorgia Mazzotti)
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Il salotto della casa di Giorgio Bassani ora a Ferrara (foto Giorgia Mazzotti)
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Giorgia Mazzotti

Da sempre attenta al rapporto tra parola e immagine, è giornalista professionista. Laurea in Lettere e filosofia e Accademia di belle arti, è autrice di “Breviario della coppia” (Corraini, Mantova 1996), “Tazio Nuvolari. Luoghi e dimore del mantovano volante” (Ogni Uomo è Tutti Gli Uomini, Bologna 2012) e del contributo su “La comunicazione, la stampa e l’editoria” in “Arte contemporanea a Ferrara” dedicato all’attività espositiva di Palazzo dei Diamanti 1963-1993 (collana Studi Umanistici Università di Ferrara, Mimesis, Milano 2017).

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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