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da: Fondazione Ferrara Arte

Nel biennio 2015-2016, il programma espositivo di Palazzo dei Diamanti prosegue all’insegna dei grandi progetti, coniugando mostre di profilo internazionale con appuntamenti particolarmente significativi per Ferrara. Nella primavera 2015, La rosa de fuego. La Barcellona di Picasso e Gaudí si focalizzerà su un momento cruciale della storia dell’arte moderna, il modernismo catalano. Le mostre che seguiranno, De Chirico a Ferrara, 1915 – 1918. Pittura metafisica e avanguardie europee e Orlando furioso. 500 anni, celebreranno due anniversari fondamentali per la storia artistica e culturale della città.
La rosa de fuego. La Barcellona di Picasso e Gaudí evoca la straordinaria fioritura che, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, ha cambiato il volto della città catalana e ne ha fatto uno dei più effervescenti centri dell’arte e dell’architettura in Europa.
I capolavori di Antoni Gaudí e di Pablo Picasso rappresentano i vertici assoluti di questo periodo aureo, accanto alla produzione non meno significativa di un’ampia cerchia di architetti, pittori, scultori, musicisti, poeti, scrittori e drammaturghi, protagonisti di quel movimento di rinnovamento artistico e culturale che ha preso il nome di modernismo catalano.
La mostra presenta un ritratto a tuttotondo della scena artistica di Barcellona tra il 1888 e il 1909, mettendo in luce la sua variegata fisionomia. L’entusiasmo per il dinamismo della vita moderna convive con la consapevolezza delle profonde lacerazioni che proprio la modernizzazione portava con sé. Di qui il titolo della mostra – “la rosa de fuego” – nome in codice attribuito all’epoca a Barcellona in alcuni circoli anarchici internazionali a causa delle aspre tensioni sociali che ne hanno contraddistinto la storia.
Di questi orientamenti si fanno, di volta in volta, interpreti i grandi nomi dell’arte catalana, a partire da Lluís Domènech e Gaudí, geniali innovatori del linguaggio architettonico e delle arti decorative; accanto ad essi un gruppo di artisti, tra i quali Ramón Casas, Santiago Rusiñol, Hermenegildo Anglada Camarasa, Isidre Nonell, Juli Gonzalez e il giovane Picasso, che mettono in scena con stili differenti una sorprendente rappresentazione della vita moderna tra Barcellona e Parigi, loro seconda patria. L’atmosfera scintillante dei caffè letterari e dei ritrovi notturni rivive accanto alla rappresentazione disincantata dei suoi protagonisti: femmes fatales, ballerine, lucciole, artisti. Allo stesso tempo la voluttuosa ed elegante intimità degli interni borghesi ha un potente contraltare nelle toccanti icone di “miserabili” di cui i capolavori di Picasso sono le più alte testimonianze.
I capitoli della mostra mettono a confronto le multiformi espressioni di questa stagione creativa, dai dipinti ai manifesti, dagli arredi ai gioielli, dalle scene teatrali alle sculture, facendo risaltare una rete di influenze reciproche e di interessi comuni.
L’intento è, ancora una volta, quello di offrire una prospettiva di lettura meno esplorata di un importante capitolo della storia dell’arte, in sintonia con la linea di lavoro che distingue i programmi della Fondazione Ferrara Arte e delle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara a Palazzo dei Diamanti.
Di pari passo, prosegue l’impegno nella conoscenza di Ferrara e di quei fenomeni artistici e culturali di grande respiro internazionale che l’hanno vista protagonista.
A cento anni dall’arrivo di De Chirico nella nostra città, la mostra De Chirico a Ferrara, 1915 – 1918. Pittura metafisica e avanguardie europee racconterà la nascita e lo sviluppo della stagione ferrarese di una delle più importanti correnti artistiche del Novecento, la pittura metafisica. Affiancando le opere di De Chirico a quelle degli altri protagonisti di questa avventura come Carrà, De Pisis e Morandi, la rassegna ricostruirà per la prima volta il percorso dell’artista nei tre cruciali anni che trascorse a Ferrara e metterà in luce l’influenza fondamentale che tale produzione ebbe sull’opera di grandi maestri stranieri, da Man Ray a René Magritte, da Max Ernst a Salvador Dalí.
Nell’autunno del 2016, Palazzo dei Diamanti dedicherà una grande esposizione al capolavoro della letteratura italiana del Cinquecento, l’Orlando furioso di Ludovico Ariosto. A celebrarlo nel quinto centenario della sua prima edizione non sarà una mostra documentaria o di fortuna pittorica, bensì una mostra d’arte: dipinti, disegni, sculture, libri, armi e manufatti di eccezionale bellezza – alcuni dei quali dei maestri nominati dal poeta stesso come Mantegna, Dosso, Leonardo, Sebastiano del Piombo, Michelangelo e Tiziano – condurranno il visitatore tra le pagine del Furioso, facendo rivivere il fantastico mondo cavalleresco che nutrì l’immaginario di Ariosto e raccontando giochi, sogni e desideri di quella società delle corti italiane del Rinascimento di cui egli fu cantore sensibilissimo.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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