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Lo confesso, sono preoccupato per la nascita di questo governo che porta in pancia il razzismo e il qualunquismo della Lega e insieme il semplificazionismo, il populismo e l’ingenuità di una larga parte del Movimento 5 Stelle. Ma sono anche curioso. Curioso di vedere cosa questo strano governo riuscirà a combinare. Di certo non farà più guai di quanti ne abbiano generati tanti dei governi che lo hanno preceduto (Berlusconi e non solo), ai quali tuttavia siamo sopravvissuti, perché gli uomini, specie nelle condizioni più drammatiche, trovano in sé risorse che neppure immaginano di avere.
Non potranno fare troppi guai, i nuovi governanti, anche perché le istituzioni hanno un solido sistema di pesi e contrappesi e una serie di vincoli che spesso frenano il cambiamento ma in questi frangenti risultano salvifici poiché preservano la loro stessa integrità.
Certo, vedere Salvini ministro dell’Interno mi inquieta. Ma, ben più di questo, mi inquieta e mi fa arrabbiare non avere una sinistra degna della propria storia e all’altezza dei propri ideali. Non è merito di Salvini e Di Maio se ora stanno al governo e non è colpa loro se la sinistra si è rinsecchita sino a diventare un fossile. La responsabilità è tutta nostra, che per decenni ci siamo incartati in sterili e capziose discussioni, mentre lasciavamo filtrare nei nostri animi – sino ad esserne soggiogati – il fascino tutt’altro che discreto del capitalismo e della borghesia che ne è espressione, sino a scimmiottarne i modi, assorbirne la forma mentis e le ambizioni, sino a modificare il nostro dna. Non abbiamo saputo adeguare le nostre analisi al mutare della realtà, né superare le vane contrapposizioni interne spesso dettate più dalla vanità che dalla ragione; siamo rimasti ancorati a vecchi schemi, incapaci di discernere fra formalismi e sostanza. Intanto il mondo è andato avanti ed è cambiato e noi non ce ne siamo accorti. O abbiamo finto di non capire.
Anzi, non “noi”, per dirla presuntuosamente e provocatoriamente alla Nanni Moretti: “voi”. Voi vi siete parlati addosso, voi vi siete scannati per le vostre poltroncine, voi vi siete polarizzati fra dogmatici e “miglioristi”, voi avete giocato a fare i politici moderni e voi siete imbruttiti. Noi siamo “splendidi quarantenni”.
Noi stavamo dalla parte del torto, come sempre. Derisi. Commiserati con quella bonaria sufficienza che si riserva a chi, poverino, è troppo ingenuo per capire… E allora ci siamo sottratti. Non perché non ci abbiate voluto, non perché non ci fosse un posto apparecchiato a tavola, ma perché a quella tavola abbiamo scelto di non esserci, perché continuiamo ostinatamente a pensare che un mondo diverso sia davvero possibile, che il capitalismo non sia l’unica forma di organizzazione praticabile, che per questo nostro mondo esista un altro modello, un’altra via. Ma non per questo siamo nostalgici. Arrabbiati e delusi, questo sì.
Oggi manca il progetto, la visione. Un orizzonte verso il quale muovere il passo, un traguardo che giustifichi il nostro impegno e i nostri sacrifici.
Personalmente non rimpiango certo il tempo in cui il mondo era diviso in blocchi: i gulag di Stalin erano specchio dei campi di sterminio nazisti. E il pensiero unico dell’Urss non poteva rappresentare un’alternativa alla tracotanza imperialista dell’America. I fondamentalismi non sono buoni o cattivi a seconda del colore della loro bandiera. Lo spirito egualitario che sta a fondamento del comunismo non ha mai trovato albergo nelle umane intraprese statuali e nelle sue espressioni comunitarie. Né l’evangelica fratellanza predicata da Cristo e da Francesco ha mutato le ambizioni o l’agire dei potenti. Qua e là c’è traccia solamente di piccole riserve indiane di resistenti.
Ma insisto: il rispetto, l’autentica tolleranza, la solidarietà, l’equità, l’onestà sono i valori da praticare (e non solo da professare e strillare nei comizi). Appartengo a quella minoranza di persone che cercano di fare di questi ideali il loro stile di vita. E non siamo poi così pochi. Se lo sembriamo è forse perché non gridiamo, perché non battiamo i pugni sul tavolo, perché non scalpitiamo per affermare noi stessi e pretendere il posto a tavola. Però ci siamo. E osserviamo questo spettacolo – del quale pure siamo partecipi, sebbene spesso con disgusto – respingendo il demone della rassegnazione. Resistiamo
Volgendo lo sguardo fra le macerie della nostra civiltà cerchiamo ancora uno spiraglio di luce e il conforto di solide mani per tentar di ricostruire ciò che si può. Siamo resilienti. E dall’esperienza abbiamo imparato a diffidare degli apocalittici annunci che accompagnano ogni nuova temperie. No, non sarà neppure stavolta la fine del mondo. Siamo ancora qui. E se serve, ci faremo trovare pronti a riprendere la marcia: scarpe rotte eppur bisogna andare. Come sempre.

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Sergio Gessi

Sergio Gessi (direttore responsabile), tentato dalla carriera in magistratura, ha optato per giornalismo e insegnamento (ora Etica della comunicazione a Unife): spara comunque giudizi, ma non sentenzia… A 7 anni già si industriava con la sua Olivetti, da allora non ha più smesso. Professionista dal ’93, ha scritto e diretto troppo: forse ha stancato, ma non è stanco! Ha fondato Ferraraitalia e Siti, quotidiano online dell’Associazione beni italiani patrimonio mondiale Unesco. Con incipiente senile nostalgia ricorda, fra gli altri, Ferrara & Ferrara, lo Spallino, Cambiare, l’Unità, il manifesto, Avvenimenti, la Nuova Venezia, la Cronaca di Verona, Portici, Econerre, Italia 7, Gambero Rosso, Luci della città e tutti i compagni di strada

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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