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“Se avesse vinto lei, io sarei ancora in prigione. Avendo vinto io, lei è senatore della Repubblica e parla qui con me”.

Vittorio Foa al senatore missino Giorgio Pisanò

 

E’ il tempo degli upgrade. Odio l’inquinamento linguistico anglofono, ma da oggi lo pratico per disobbedienza civile. L’upgrade del senatore fascista Pisanò è il Presidente del Senato fascista La Russa. Oddio: volendo essere precisi, è proprio l’attuale capo del Governo Meloni ad essere fascista, ma forse la dignità del ruolo le ispira maggiore temperanza (anche se non me la scordo al congresso di Vox a dire bestialità berciando).

Invece l’avvocato Ignazio Benito Maria La Russa se ne frega della dignità del ruolo. “Me ne frego” del resto è un noto motto squadrista, e La Russa, detto “La Rissa” per i suoi trascorsi, se ne sbatte di questa paccottiglia democratica. Peccato che, proprio grazie ad un regime democratico e antifascista, lui è potuto diventare presidente del Senato. Me lo immagino un Pajetta presidente della Camera dei Fasci e delle Corporazioni.

La Russa non ringrazia, rivendica. Non agisce, reagisce. Dice enormità (non c’è antifascismo nella Costituzione italiana) e le rettifica da cavilloso leguleio  (intendevo dire che non c’è la parola antifascismo). Il 25 aprile, giorno della liberazione italiana dai nazifascisti, il patriota Ignazio Benito festeggerà andando in Repubblica Ceca a ricordare Ian Palach. Come se il 14 luglio, per celebrare la presa della Bastiglia, Macron andasse a Campo dei Fiori davanti al monumento di Giordano Bruno. Uno scarto di senso, uno smarrimento dell’orientamento spazio-temporale che lo consegna dal fascismo ad un inconsapevole situazionismo.

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Nicola Cavallini

E’ avvocato, ma ha fatto il bancario per avere uno stipendio. Fa il sindacalista per colpa di Lama, Trentin e Berlinguer. Scrive romanzi sui rapporti umani per vedere se dal letame nascono i fiori.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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