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Quinto o sesto Natale di crisi, si legge un po’ ovunque, come se invece di crisi fosse guerra. Certamente in quest’anno che sta per finire le difficoltà per molti italiani sono aumentate, ma bisogna dire che nel suo insieme e contrariamente alle profezie di tanti commentatori a fine 2013, il Paese continua a tenere. Certamente non potrà farlo in eterno, ma si tratta comunque di una notizia positiva, perché durante le crisi spesso ci si deve accontentare di gioire per ciò che non succede.
Tende invece purtroppo a crescere il pessimismo, quello di chi ha ormai perso fiducia nella propria capacità di risolvere i problemi. Al di là delle tante e ben precise responsabilità, che ciascuno dal proprio punto di vista crede di poter individuare e che comunque senz’altro esistono, mi pare che questo stato d’animo diffuso sia una conseguenza della fase che stiamo attraversando. Le società infatti tendono a reagire alle difficoltà in modi diversi a seconda di quanto gli effetti che queste provocano siano più o meno gravi e pervasivi. All’inizio e finché, appunto, il tessuto sociale rimane sostanzialmente integro tendono a prevalere reazioni di tipo individuale o al massimo circoscritte allo stretto ambito famigliare; sono comportamenti difensivi, che hanno come obiettivo quello di preservare il proprio stile di vita e lo status sociale, e che si caratterizzano per l’innalzamento delle barriere nei confronti del mondo esterno: aumentano perciò la diffidenza, la paura del diverso, l’ostilità nei confronti dell’immigrato che “ruba il lavoro”, la sfiducia generalizzata nelle istituzioni. Prevalgono il sentimento di “caccia ai colpevoli” e la convinzione che con poche e semplici mosse si possa superare l’impasse. E’ questo un perfetto brodo di coltura per movimenti politici che si ispirano alla xenofobia ed al razzismo e fanno del populismo giustizialista più sfrenato il loro principale strumento di propaganda. Anche il “ripiegamento animalista”, che individua nelle bestie gli esseri viventi in cui riporre la maggior fiducia, mi pare un sintomo caratteristico di questa fase.
Solo quando le crisi producono effetti così devastanti da annullare in gran parte le differenze sociali, fra le persone inizia a farsi strada la solidarietà ed a livello sociale e politico tendono ad affermarsi quelle forze che vi si ispirano maggiormente. Senza voler andare all’ultimo dopoguerra, credo sia emblematico quanto successo in Grecia nel breve volgere di pochi anni: dalla crescita apparentemente inarrestabile di Alba Dorata al favore sempre maggiore nei confronti di Syriza. Mentre nella fase precedente prevale un istinto di tipo conservatore, che respinge l’idea che la crisi possa avere una natura sistemica e anche quando intravede la necessità di cambiamenti li colloca sempre al di fuori del proprio ambito esistenziale, in questa l’attenzione è più rivolta alla necessità di ricostruire, possibilmente su basi diverse, e al futuro.
Riuscire a far nascere e ad alimentare questi sentimenti, senza dover per forza raggiungere lo sfacelo economico e la completa disgregazione sociale, è l’obiettivo che dovrebbe stare a cuore ad ogni persona di buona volontà, anche al di là delle specifiche ricette per uscire dalla crisi che ciascuno auspica.
Conclusione questa, mi si potrà dire, molto ecumenica e “natalizia”. Forse, tuttavia mi pare che quello che stiamo attraversando sia uno di quei momenti che chiede a tutte le persone responsabili uno sforzo che tenda ad unire più che a dividere ed a cogliere e valorizzare quanto, sia pur poco, di positivo viene avanti, senza per questo annacquare le reciproche differenze od abbassare la guardia di fronte ai pericoli che ancora incombono.
Insomma, brindare al nuovo anno con il bicchiere mezzo pieno.

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Raffaele Mosca


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Caro lettore

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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