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L’avvocato Guido Guerrieri, quello autoironico e brillante dei romanzi precedenti di Gianrico Carofiglio e protagonista de “La regola dell’equilibrio” (Einaudi, 2014), si è incupito. Potrebbe essere malato, per un giorno crede di esserlo, e quel giorno cambierà tutti quelli che verranno dopo perchè non si può riportare indietro la lancetta, fosse anche solo di ventiquattr’ore. Fragilità e precarietà, pensieri per quello che e per quello che non, se le analisi non fossero state sbagliate.
Ci sono momenti in cui Guido fatica a mettere ordine dentro di sè, gli si ripropone il passato fatto di luoghi non più suoi e ora abitati da altri, un senso di estaraneità lo manda lontano, lontano anche da Sara, la sua ex moglie che è diventata moglie di qualcun altro. Eppure si erano amati, avevano riso assieme, anche sofferto, com’è possibile che il tempo annichilisca i legami che ci erano sembrati solidi e veri quando li stavamo vivendo.
Guido accetta di difendere un giudice accusato di corruzione, non è facile trovare equilibrio fra etica, deontologia e ricerca della verità. L’equilibrata interpretazione dei fatti che Guido crede di avere seguito, salta e saltano molti altri meccanismi in equilibrio fino a quel momento. La realtà non si adatta più a quell’immagine di se stesso, non c’è corrispondenza, la realtà che Guido scopre è insopportabile, troppo pesante. La regola dell’equilibrio morale “consiste nel non mentire a noi stessi sul significato e sulle ragioni di quello che facciamo e di quello che non facciamo. Consiste nel non cercare giustificazioni, nel non manipolare il racconto che facciamo di noi a noi stessi e agli altri”. Tutto questo Guido lo sa quando si trova davanti a una scelta professionale e morale difficile, un dilemma acuto, ha bisogno, allora, di rifugiarsi nelle sue nicchie, la libreria notturna “Osteria del caffellatte” e il sacco da boxe con cui il dialogo è più che altro un cazzotto verso se stesso. Il tempo, come Guido arriva a capire, non è la conta lineare dei giorni, ma sono alcuni fatti che accadono e ci permettono di quantificarlo dandogli un significato, questa è la vera unità di misura, la vera conta che ti fa vedere quello che avevi dato per scontato.
Annapaola, un’investigatrice privata che lo aiuta nelle indagini, è quanto di più lontano ci possa essere da una donna ferma e rassicurante, è un punto in perenne movimento, è ambigua e maledettamente attraente. Guido se ne potrebbe innamorare, c’è complicità tra di loro e, a un certo punto, tutto sarà finalmente più chiaro, quasi in equilibrio.

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Riccarda Dalbuoni

È addetto stampa del Comune di Occhiobello, laureata in Lettere classiche e in scienze della comunicazione all’Università di Ferrara, mamma di Elena.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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