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Vuoi innovare? Chiedi alla natura! La risposta a molte domande la fornisce la biomimetica, studio consapevole dei processi biologici e biomeccanici della natura, come fonte di ispirazione per il miglioramento delle attività e tecnologie umane.

La natura viene vista come modello, misura e guida alla progettazione degli artefatti tecnici. Un’esempio concreto? Il velcro è uno straordinario frutto della biomimetica. Fu inventato nel 1941 dall’ingegnere svizzero George de Mestral, ispiratosi ai piccoli fiori che si attaccavano saldamente al pelo del suo cane ogni volta che lo portava a passeggio. Analizzandoli al microscopio, de Mestral notò che ogni petalo presentava alla sommità un microscopico uncino, capace di incastrarsi praticamente ovunque trovasse una appiglio naturale. Fu così che dall’osservazione di questo fenomeno nacquero le strisce di velcro che tutti noi conosciamo: semplici strisce in nylon combinate, una in tessuto peloso e una munita di tanti piccoli uncini che si attaccano saldamente all’asola, riproponendo il meccanismo di “cattura” osservato in natura.

Il termine biomimicry, entrato nel dizionario solo nel 1974, indica il trasferimento di processi biologici dal mondo naturale a quello artificiale: “mimando” i meccanismi che governano la natura, l’uomo può infatti trovare la soluzione ad innumerevoli problemi.

Le applicazioni di questo principio (vedi) sono molte ed affascinanti. Si può in un certo senso affermare che il primo ad applicare la biomimetica fu Leonardo, che nei suoi studi sulle macchine volanti prendeva ad esempio il volo degli uccelli.
La prima vera applicazione della biomimetica fu il tetto del Crystal Palace di Londra, costruito su progetto dell’architetto e botanico Joseph Paxton a metà del XIX secolo ed ispirato ad una pianta appartenente alla famiglia delle meravigliose ninfee, la Victoria Amazonica. L’edificio, purtroppo distrutto da un incendio negli anni Trenta, venne dotato di una struttura estremamente leggera, che massimizzava l’esposizione al sole proprio grazie all’esempio delle foglie di ninfea.
Un gran numero di applicazioni ispirate alla natura è già stato tradotto in applicazioni tecniche ed è commercialmente disponibile, come il velcro, le superfici autopulenti ispirate alle foglie di loto (Nelumbo nucifera) e gli adesivi strutturali, sviluppati a partire dal geco e dalle valve di alcuni molluschi.

L’assunto base della biomimetica è che tutti i sistemi naturali rispettano alcuni principi fondamentali: funzionano secondo cicli chiusi: non esiste il concetto di rifiuto; si fondano su interdipendenza, interconnessione, cooperazione, processi che sono alla base di tutti i sistemi viventi; funzionano ad energia solare; rispettano e moltiplicano la diversità.

Online, all’indirizzo www.asknature.org, si trova un sito davvero innovativo, coinvolgente, creativo che, in un inglese divulgativo (e in italiano grazie al traduttore automatico di Google), si rivolge alla comunità di biologi, studiosi, imprenditori e navigatori tout court, curiosi di saperne di più su questa disciplina.

L’ideatrice di www.asknature.com, sito no profit che si sostiene grazie al contributo di sponsor privati, è la studiosa Janine Benyus, che ha approfondito e divulgato efficacemente questi temi.
In pratica i biomedici sono degli imitatori della natura che, come afferma la Benyus, ricordano che quello che noi uomini abbiamo bisogno di disegnare, costruire, realizzare viene fatto quotidianamente e con grazia da tanti organismi viventi. Un esempio? Nelle Galapagos esiste uno squalo che riesce a tenere lontani i batteri grazie a una particolare disposizione architettonica di dentelli sulla sua superficie esterna. Ebbene, l’architettura di questi dentelli è stata riprodotta per rivestire le pareti degli ospedali e tutelare i pazienti.
Sul sito è possibile trovare un repertorio di strategie per prodotti bioispirati a quanto fanno serpenti, farfalle, piante, cellule, batteri con immagini e una grafica che sorprende, cattura e spinge a saperne di più. Un modo diverso per tuffarsi nell’Ambiente in cui viviamo.

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Chiara Bolognini

Adora scoprire gli invisibili, dare voce a chi rimane nascosto, perché dentro tutti noi c’è sempre un mistero da svelare e qualcosa da imparare, condividere, amare. Di mestiere è giornalista e si occupa di comunicazione e marketing. E’ anche una counselor e una life coach, in formazione permanente. Adora il vino rosso, i tortelli con la zucca, la parmigiana, gli alberi, Mozart, Gaber e Paolo Conte. Ma soprattutto gli aquiloni e i palloncini che vagano, soli, nel cielo.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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