Non ho rapporti con l’Australia, non conosco nessuno in quel continente, ma ricevo regolarmente le newsletter dall’Amministrazione di Melbourne, perché Melbourne è una knowledge city e di questo mi occupo, così ho potuto leggere il piano della città da qui al 2021.
C’è una bella affermazione a introduzione del loro programma, che voglio condividere. La convinzione che in una città della conoscenza il potere collettivo della mente e dell’esperienza guida la prosperità della città, la sua capacità di competere a livello globale e la qualità della vita di cui godono le persone.
La città come mente collettiva, come somma di esperienze tutte necessarie a far respirare i suoi polmoni. Il tutto supportato da una rete di risorse che va dal sistema di istruzione e ricerca, alla collaborazione con le imprese per produrre una forza lavoro di talento, altamente qualificata e una cultura dell’innovazione. Una città vivace e collaborativa basata sulla cultura dell’apprendimento permanente, sulla conoscenza come impresa sociale.
La conoscenza come risorsa indispensabile all’oggi per impastare il domani.
Temo che da questo punto di vista a noi manchi sempre più la materia prima per costruire il futuro. Intendiamoci, conoscenza significa studio continuo e ricerca continua per scuola, università, istituzioni culturali, persone e imprese, questa è una necessità da cui non si sfugge, per questo dovremmo davvero essere allarmati e non solo per le cifre degli abbandoni scolastici che abbiamo, per la fuga dei nostri giovani laureati all’estero, per cui investiamo in istruzione in perdita.
Se il mondo cambia è ovvio che dobbiamo cambiare anche noi e per cambiare servono come prima risorsa idee nuove, nuove visioni, nuovi cammini da percorrere, e questi possono formarsi solo se le nostre menti vengono alimentate da pensieri inediti che possono nascere solo dallo studio e dalla ricerca. Fortunatamente, contrariamente al passato, le opportunità di studio e di accedere ai saperi si sono moltiplicate, ma dello studio bisogna fare un dato costante per tutti, combattere approssimazioni e superficialità, venditori di favole e del tempo passato.
Quando non si sa più affrontare il presente significa che si è ignoranti, si ignorano cioè gli strumenti per reggere le novità e le nuove sfide, non vengono né le idee né si intuiscono le strade per ricercare soluzioni e, quindi, non resta che studiare, ricercare, se non ci si vuole far spappolare i cervelli dalla propaganda e dalla demagogia del primo venuto, dal fai da te risolutore e salvifico della rete digitale, dagli affabulatori di narrazioni semplificate spesso false.
Che la conoscenza sia oggi divenuto il primo ingrediente delle nostre vite è un dato di fatto, c’è un analfabetismo funzionale che non è incapacità a leggere, scrivere e far di conto, ma incapacità ad accedere ai saperi, a passare dal sapere alla competenza, in un epoca in cui le conoscenze sono sempre più accessibili a tutti, ma è l’uso da farsi delle conoscenze che non si è appreso dalla stragrande maggioranza dei nostri connazionali.
Da qui a dieci, vent’anni il 40% dei lavori attuali con ogni probabilità sarà superato dall’automazione, ci saranno altri mestieri, come è possibile che l’uomo si liberi sempre più dalla schiavitù del lavoro, recuperi il suo tempo di vita.
Non è la dannazione neppure la disoccupazione. Liberarsi dal lavoro significa avere più tempo da dedicare alla mente, a coltivare lo studio e la ricerca, consentire a masse di persone tagliate fuori dallo studio di accedere alla cultura, di acquisire dignità contribuendo con la propria intelligenza alla crescita del patrimonio culturale e di conoscenze del proprio paese, della propria città, dell’umanità intera. Perché l’umanità cresce se cresce il suo sapere, se si incrementa il numero delle persone che indagano quei terreni dello scibile umano che ancora ci nascondono le loro rivelazioni.
Il lavoro di domani sarà sempre più lo studio e la ricerca, pagati con il denaro pubblico, chi perde il lavoro deve riconvertirsi allo studio, recuperare i percorsi scolastici e universitari non compiuti, per poi dedicarsi ad un campo di studio e di ricerca, è questo che è necessario al futuro delle nostre esistenze su questo pianeta. La moltiplicazione degli istituti di formazione e di cultura, il bando ad ogni numero chiuso e l’apertura di campus internazionali, una tassazione generale per finanziare lo studio, la formazione e la ricerca permanenti, per moltiplicare il numero dei lavoratori della conoscenza e pagarne il salario. Da tutto ciò potranno scaturire nuove attività, nuove produttività e nuove opportunità fino ad ora impensabili. È questa la mente collettiva vivace di cui avremo sempre più necessità, è questa la risorsa di cittadinanza che può essere la prospettiva di un futuro che vale la pena costruire, vivere e far prosperare.
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Giovanni Fioravanti
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