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Anna Frank e il suo diario in un film animato che sa di magia

“Il mondo non è più quello che conoscevamo, le nostre vite sono definitivamente cambiate. Forse questa è l’occasione per pensare diversamente da come abbiamo fatto finora, l’occasione per reinventarci il futuro e non rifare il cammino che ci ha portato all’oggi e potrebbe domani portarci al nulla. Mai come ora la sopravvivenza dell’umanità è stata in gioco”.
(Tiziano Terzani, Lettere contro la guerra)

La storia di Anna Frank come non l’abbiamo mai vista o immaginata, o meglio quella storia vista da altra angolatura e altro punto di vista. Quello di Kitty, l’amica immaginaria con la quale Anna conversava in quel testo quasi epistolare, in un presente dove si muove come una vera investigatrice, alla ricerca della soluzione di un mistero che lei ancora ignora.

Il regista del film Valzer con Bachir, Ari Folman, che, nel 2017, insieme all’illustratore David Polonsky aveva fatto uscire il primo adattamento autorizzato in forma di fumetto del Diario di Anna Frank, oggi ci presenta un vero capolavoro: il film d’animazione Anna Frank e il diario segreto, prodotto da Lucky Red.

Ai giorni nostri, il Diario di Anna Frank è meno studiato dalle nuove generazioni, una testimonianza della vita di una ragazza ebrea, vittima della persecuzione nazista che, con il resto della sua famiglia, viene arrestata, deportata e muore a Bergen-Belsen nel 1945 (unico sopravvissuto sarà il padre). Dopo aver vissuto, per oltre due anni, nascosta con la sua famiglia nell’attico segreto di una palazzina di Amsterdam.

Ari Folman, i cui genitori sono stati deportati ad Auschwitz lo stesso giorno della famiglia di Anna Frank (ma ne sono sopravvissuti), ha voluto far sì che i giovani potessero fare propria questa storia (dichiara di aver letto il Diario a 14 anni, restandone scioccato), evitando così che si perda completamente. Tempus fugit e, con esso, la memoria. Da qui l’idea, con il suo amico David, di farne un adattamento sotto forma di fumetto e poi il film, adatto a studenti dalle scuole medie in su. Il pregio dell’animazione è quello di lasciar librare l’immaginazione, che esce spesso dalla dimensione realistica per entrare in quella magica, anche un po’ dark. Un potente collegamento passato-presente.

Pur con lo stesso intento di parlare dell’uomo in generale, di non far dimenticare una così grande tragedia dell’umanità, comunicando in un linguaggio intellegibile e familiare ai più giovani, fumetto e film sono diversi: filo conduttore resta però Kitty, che si ritrova nella casa olandese di Anna (oggi museo a lei dedicato) e scopre il suo Diario, conservato come reliquia visitata da turisti di tutto il mondo, in una teca di vetro. Ripercorrendo la storia dell’amica di penna, ne parte alla ricerca. Ogni volta che apre il Diario vediamo delle pagine del libro a graphic novel.

Kitty è ragazza di oggi, indipendente e libera di fare tutto ciò che Anna avrebbe sempre voluto fare nelle sue fantasie. Altrimenti, perché l’avrebbe inventata?

Ecco, allora, che un forte temporale infrange quella teca e dalle pagine del diario ‘liberato’ si materializza Kitty che osserva tutti i visitatori del museo, fra cui Peter, un simpatico ladruncolo, ma loro non vedono lei: perché la ragazza diventa visibile solo fuori dalla casa-museo di Anna e solo se ha con sé il diario della sua amica perduta. A scoprire questo è proprio l’amico Peter. Da quel momento l’estroversa Kitty dai capelli rossi e gli occhi chiari, zainetto in spalla che contiene il diario, va in cerca di Anne, di cui non conosce il terribile destino, aiutata da Peter. Per aiutare, a sua volta la piccola Ava, una simpatica e dolce bambina immigrata che sta per essere cacciata dalla polizia dalla casa occupata di Amsterdam dove si è rifugiata con la sua famiglia. Scene di ordinario isolamento.

In una dimensione che fluttua fra realtà e immaginario, molte sono le domande ricorrenti: che cosa vuol dire essere ebreo? Qual è il messaggio lasciato da Anna e quale rilevanza può avere in una Amsterdam contemporanea dove la ragazzina, “il più grande tesoro spirituale dell’Olanda dai tempi di Rembrandt”, è celebrata da un museo, una scuola, un ponte e un teatro, ma dove i nazionalismi continuano e riemergere con forza e si accaniscono, ancora, sulle nuove minoranze etniche? Perché ancora oggi si fugge da tante guerre? Cosa ha mai imparato l’uomo? Poco, verrebbe da dire…

“La scena in cui la famiglia di Anna Frank arriva ad Auschwitz è stata la più difficile del film”, dice il regista. “Come mostrare un momento così delicato e peculiare della storia ai bambini di 10 o 11 anni?” Era necessario fare una scelta saggia. Alla fine, ho trovato diversi parallelismi tra i campi di sterminio dei nazisti e gli Inferi della mitologia greca. Anna Frank era appassionata di mitologia greca. I nazisti avevano treni e mezzi di trasporto, selezionavano le loro vittime e avevano creato campi di sterminio. Nella mitologia che Anna Frank amava, non c’erano treni ma barche e i personaggi non circolavano sulla terraferma ma sui fiumi. Anche Ade, il dio degli Inferi, faceva delle selezioni… e aveva i cani, proprio come i cani che i nazisti mettevano vicino ai binari della ferrovia che portavano ai campi. Mi sono detto che con immagini evocanti questi eventi – e ispirate dalla mitologia greca – unite a commenti relativi alla deportazione della famiglia di Anna Frank avremmo potuto sensibilizzare il pubblico più giovane”. Dentro e dietro le divise delle SS non ci sono lineamenti perché il Male è disumano e oscuro. Non ha volto.

A proposito del fumetto ispiratore del film, “la nostra utopia è che i ragazzi lo leggano”, dice, a sua volta, David Polonsky in un’intervista, “e che diventino un po’ più sensibili rispetto a quello che succede oggi nel nostro mondo. In Siria, per esempio, o anche nella loro vita quotidiana…. ma devono essere aiutati da dei ‘mediatori’: i genitori e i professori. Bisogna leggere questo Diario e arrivare a capire che ci sono numerose Anna Frank oggi. Ma i ragazzi non fanno sempre questa connessione. È questo ponte che bisogna costruire fra ieri e oggi. Ogni anno, ci sono nuove Anna Frank. Palestinesi, siriane, bosniache”. Dobbiamo far capire come stare dalla parte dei deboli, di chi non ha diritti, senza schieramenti. Combattere l’insensatezza e l’odio, quello che, il più delle volte, è fine a stesso, con la conoscenza, la cultura, la sensibilità e il cuore. E così sia.

“Sono arrivato alla mia età senza mai aver voluto appartenere a nulla, non a una chiesa, non a una religione: non ho avuto la tessera di nessun partito, non mi sono mai iscritto a nessuna associazione, né a quella dei cacciatori né a quella per la protezione degli animali. Non perché non stia naturalmente dalla parte degli uccellini e contro quegli omacci col fucile che sparano nascosti in un capanno, ma perché qualunque organizzazione mi sta stretta. Ho bisogno di sentirmi libero. E questa libertà è faticosa perché ogni volta, davanti ad una situazione, quando bisogna decidere cosa pensare, cosa fare, si può solo ricorrere alla propria testa, al proprio cuore e non alla facile linea, pronta all’uso, di un partito o alle parole di un testo sacro”.
(Tiziano Terzani, Lettere contro la guerra)

 

 

 

Anna Frank e il diario segreto, di Ari Folman, con Emily Carey, Ruby Stokes, Sebastian Croft – Belgio, Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Israele, 2021, 99 minuti

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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PAESE REALE
di Piermaria Romani


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