Il ricordo di Franco Farina, un’eredità di arte e cultura confluita in un volume dell’Università di Ferrara
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Se ne è andato tre mesi fa, Franco Farina, a 90 anni esatti, lunedì 28 maggio 2018 nella città dove era nato un altro lunedì, il 14 maggio 1928. Direttore per trent’anni decisivi – dal 1963 fino al 1993 – dei Musei civici di arte moderna di Ferrara, è lui che ha voluto che Palazzo dei Diamanti diventasse la nuova sede della Galleria d’arte moderna, lui ha curato l’organizzazione di ben 982 mostre con una media di quasi 3 esposizioni al mese e ha fatto in modo che la città diventasse pian piano un punto di riferimento imprescindibile per visite mirate di cultori dell’arte o anche solo di visitatori con interessi culturali e artistici. Ma il suo ruolo – che già così sarebbe più che notevole – è andato oltre. Perché mentre venivano allestite le grandi mostre nel palazzo che avrebbe fatto di Ferrara un punto di riferimento culturale fidato e affidabile a livello nazionale e non solo, la sua influenza si espandeva e permeava l’attività intellettuale di tutta la città, dai luoghi di cultura istituzionali come Casa Cini, diretta dall’amico sacerdote e intellettuale Franco Patruno, fino a una miriade di gallerie private grandi e piccole, di associazioni e centri culturali.
Un’attività e un ruolo che nella città è stato dato per acquisito da tempo da chi lo conosceva e da tutti gli addetti ai lavori, ma che proprio per questo poteva anche passare inosservato a chi non ne era già al corrente, come accade alle cose che si danno ormai per scontate. Questo aspetto ha colpito infatti Ada Patrizia Fiorillo, docente associata della sezione Arti, Storia e Performance dell’Università di Ferrara, che proprio di recente ha portato a termine un articolato lavoro di ricerca e studio imperniato sul lavoro di Farina e dei suoi successori coinvolgendo esperti, studiosi e addetti ai lavori che in modo diverso hanno conosciuto, collaborato o fatto ricerca sul progetto culturale che da lui aveva preso l’avvio.
Ecco allora che la memoria delle attività culturali che hanno fatto conoscere Palazzo dei Diamanti e Ferrara fuori dalle mura estensi arrivando fino oltreoceano è stata indagata, studiata e riportata in maniera sistematica nel volume “Arte contemporanea a Ferrara” curato dalla Fiorillo (che ha raccolto anche la testimonianza di Farina in una lunga intervista) insieme ad altri interventi suoi e di altri autori. Il volume è uscito per i tipi dell’editore Mimesis nella collana del Dipartimento degli studi Umanistici dell’Università di Ferrara alla fine del 2017.
Tra i tanti aspetti scandagliati dal libro, uno spazio è riservato proprio all’esperienza diretta di Farina, che in un’intervista rilasciata alla professoressa racconta come era riuscito a “concretizzare quella rete museale che ha connotato Ferrara quasi come un unicum nazionale nell’offerta degli eventi espositivi”. Ecco allora la destinazione di “Palazzo dei Diamanti alle esposizioni di artisti ormai storicizzati” o in auge, la creazione del Centro di attività visive affidato al coordinamento di Lola Bonora, la Sala Benvenuto Tisi per ospitare “tutto il materiale relativo al Boldini donato dalla vedova Emilia Cardona”, il Museo del Risorgimento e della Resistenza, Palazzo Massari con l’acquisizione di tutto il patrimonio.
Il volume di fatto è un lavoro collettivo e sistematico che parte dall’attività culturale di Franco Farina e va a dedicare un approfondimento a “La città e alla sua identità” affidato al ricercatore Andrea Baravelli, a “Gli anni d’oro 1963-1992” con le grandi mostre e la costellazione dei Diamanti raccontati dalla curatrice del Museo Magi ’900 di Pieve di Cento Valeria Tassinari, a “Gli anni dell’entusiasmo: arte, cultura e costume a Ferrara 1962-1978” esaminati dal responsabile del Centro di Documentazione Storica e Centro Etnografico Ferrarese Roberto Roda con una ricognizione della “Attività delle gallerie d’arte di Ferrara tra 1955 e 1999” documentata in maniera certosina da Emiliano Rinaldi; l’indagine di Massimo Marchetti sull’azione militante di intellettuali e artisti che va a coinvolgere lo spazio pubblico; sulla eco dell’attività espositiva a livello di “Comunicazione, stampa ed editoria” di Giorgia Mazzotti; il caso del Centro Video Arte scandagliato da Marco Maria Grazzano; “La città e il contesto sociale” approfonditi da Omar Salani Favaro, quello di “Casa Cini a Ferrara e don Franco Patruno” testimoniato da Francesco Lavezzi e de “L’istituto d’arte Dosso Dossi” da Federica Zabarri, senza dimenticare una ricognizione su “Dialoghi e influenze” tra le mostre in Italia e a Ferrara fatta da Susanna Arangio e la dettagliata documentazione bibliografica curata da Caterina Pocaterra. Ada Patrizia Fiorillo firma, insieme all’apparato introduttivo, il focus su “Gli anni Sessanta: dall’eredità del Realismo alla Neo-figurazione”; quello su “Una generazione nomade tra gli anni Ottanta e Novanta dentro e fuori Ferrara; le dettagliate interviste a diverse personalità del mondo culturale, politico, didattico intitolata “Contesto e prospettive di un dibattito a più voci: intervista sulla città” che dà voce appunto a Farina, Lola Bonora, ma anche al docente Ranieri Varese, allo scrittore Roberto Pazi, all’ex sindaco Roberto Soffritti, al parlamentare Dario Franceschini, agli operatori didattici Lucia Boni e Antonio Utili, ai critici Enrico Crispolti, Renato Barilli, Janus, Flavio Caroli e Vittorio Boarini e agli operatori culturali Gilberto Pellizzola e Angelo Andreotti.
Ci è voluta, insomma, una studiosa venuta da fuori Ferrara per mettere a fuoco la storia dell’evoluzione culturale di Ferrara. “L’idea di questo volume che parte dall’opera di Franco Farina e si espande a tutta l’influenza che finisce per riversarsi sull’intera comunità – spiega la docente Fiorillo – è nata durante le mie lezioni, dove mi sono resa conto che gli studenti poco conoscevano della storia della città, una storia orizzontale, fatta cioè di un insieme di elementi che poco si affronta nelle aule”.
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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)
PAESE REALE
di Piermaria Romani
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