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Pronto Ada, hai tempo? Sì? Allora siediti che ti racconto. L’altra mattina alla Conad incontro la signora Pinca, te la ricordi la Pinca, quella bassina, gamba corta, polpaccio poderoso ma tanto a modino, sempre con la sua volpe al collo, sempre col ricciolo fresco di bigodino… insomma, mentre una lattuga e due peperoni planavano nel carrello (ci si deve pure procurare da vivere anche senza servitù) mi sorprendo a raccontare alla bassina le mie preoccupazioni finanziarie, con la pensione che non aumenta di un centesimo, con le banche commissariate, come andremo a finire? Quel sant’uomo di mio marito s’arrabbia se gli parlo dei nostri risparmi in pericolo… Non finisco la frase che la signora Pinca, a carrello accostato e voce insinuante, sentenzia “C’è solo una cosa da fare: andare dall’Altea” e mi spiega che l’Altea è una ragazza, ragazza si fa per dire perché non ha mai avuto marito, ragazza sui cinquant’anni che per colpa di una scoliosi mal curata è rimasta leggermente gibbosa, sa come Leopardi, non era mica gobbo Leopardi, soltanto un po’ gibboso.
Insomma, la signora Pinca conclude che la gobba è bravissima a leggere le carte e che lei ci va spesso e ha intenzione di ritornarci presto per chiedere all’arcano, tra l’altro, che fine farà quel bel giovanotto di Casini, moderato che non sa più chi moderare. La virata democristiana mi convince, detto fatto andiamo dall’Altea. Nell’anticamera dello studio stagna un certo odorino che non è proprio cattivo odore, ma quella puzzina gialla di colonie da poco prezzo, non un soffio di Caleche, non un’idea di Arpege, pazienza.
Le convenute, tutte donne, raccontano i fatti dell’Altea: “A mio marito aveva predetto che sarebbe morto, invece l’operazione è andata bene, poi è sopraggiunta una complicazione: è mo’ morto!”, conclude la vedova con saporita voce di stomaco. Non è da meno la sua vicina: “ Glielo aveva tanto detto a mia cognata di non comperare la casa a Mirabello lei no, ostinata a dire che era un affare: la casa di Mirabello è crollata col terremoto, tale e quale come aveva previsto l’Altea”.
La puzzina gialla era diventata più consistente o, forse, ero io che stavo cedendo, fatto sta che alla terza morte e al quarto infarto divinati nelle stelle mi sono fatta coraggio e ho salutato la compagni, adducendo un improvviso malore.
Mentre galoppo verso la macchina mi viene in mente un altro rimedio infallibile consigliato questa volta dalla badessa del collegio dove ho studiato. Giovane sposa, rivelo alla monaca il mio desiderio di un figlio e lei sentenzia, proprio come la signora Pinca: “Per avere un figlio bisogna fare una cosa sola: pregare”. Al sant’uomo non piace pregare.

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Elettra Testi


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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