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Un viaggio di cinque giorni con l’uomo-traghetto e una lettera d’amore rimasta in un cassetto per quarant’anni. Le storie di passione dei nostri lettori.

Il traghetto dell’amor leggero

Cara Riccarda,
la mia storia inquieta è durata appena cinque giorni, ed è stata la mia storia “traghetto”. Uscivo da un amore profondo, nove anni di cui otto di convivenza… finito per mancanza di obiettivi comuni, per inconciliabili tentativi di compromesso, per assenze non colmabili. Ad un corso ho incontrato lo sguardo azzurro e scanzonato di un altro corsista… sposato. Si è seduto vicino a me e da subito ho sentito quella particolare elettricità che si chiama attrazione, che quasi non ricordavo più. Mi ha corteggiata e mi ha fatto sentire bella e desiderabile. Mi è piaciuto, ma ero arrabbiata e delusa per la fine della mia relazione e così, l’ho presa come una rivincita… o meglio come una vacanza. Ho pensato che quei 5 giorni di corso mi sarebbero serviti per riprendermi la mia femminilità dimenticata. E così ho fatto. Senza promesse e senza aspettative, ho avuto la freddezza di vivere quella parentesi come un regalo, un modo per capire che potevo avere ancora delle possibilità di essere felice. Cinque notti di passione, cinque minuti per dirsi addio. E, a distanza di tanto tempo, posso sperare in tanti anni di vita più serena, perché ho capito che ogni fine porta ad un nuovo inizio e che dobbiamo cercare sempre di concentrarci su ciò che di buono ci ha dato un’esperienza, anche la più sofferta.
D.

Cara D.,
conoscevo l’uomo-zattera, quello a cui ti aggrappi quando hai l’acqua alla gola e va bene tutto purchè ti porti via da dove stai annaspando, ma l’uomo-traghetto devo ammettere che è decisamente più confortevole e hai fatto bene a salirci su.
Hai trasformato la rabbia in passione, sempre di fuoco si tratta. Una passione lucida – e non è una contraddizione – è forse il modo più puro per viverla, senza epiloghi nè languidi colpi di coda. Il cerchio si è chiuso in cinque giorni, per te è stato un regalo non solo all’epoca, ma anche oggi che lo racconti.
Come su un traghetto che salpa da un porto per approdare altrove, tu, dalla prua, hai respirato il vento godendoti il viaggio e tutto l’orizzonte.
Riccarda

Passione adolescente, oblio e rimembranza

Ciao Riccarda,
ho letto con molto interesse l’argomento della tua rubrica, mi ha riportato alla mente momenti oramai perduti nel tempo, una passione risalente a 40 anni fa. Mi ricordo che scrivevo molto a proposito di quello che mi stava succedendo perché le cose che provavo erano fortissime. A distanza di tanti anni, ecco una delle tante pagine del diario che risale alla fine dell’estate 1977, avevo 20 anni.
“Questa nostra attrazione così inebriante, che ci sprofonda nell’abisso dell’incoscienza da cosa è nata? Forse è stato il nostro lento frequentarci durante le vacanze estive, o scoprire che abbiamo lo stesso bisogno di dolcezza, coccole e amore. Lentamente qualcosa è sbocciato ed ora quando ci vediamo non possiamo fare a meno di toccarci, baciarci, le nostre menti non ragionano più, prevale solo il desiderio del contatto fisico, i nostri corpi agiscono in sincronia come rispondendo ad un automatismo oramai consolidato. Siamo in balìa delle nostre più pure sensazioni, non riusciamo a contrastare il turbinio di emozioni e ci abbandoniamo a noi stessi. Dobbiamo smettere ma non ci riusciamo, io devo partire, un’altra vita mi attende, tu resterai qui, con lui, vicina al quel mare che abbiamo tanto amato e che ha visto lo schiudersi dei nostri sentimenti e lo sbocciare della nostra adolescenza. Io inizierò la mia vita non so ancora dove, solo il tempo mi dirà se la mia è stata una scelta giusta, so che non ti vedrò più, non ti cercherò più, serberò nella mia memoria e nel mio cuore il ricordo di quei momenti che abbiamo vissuto. Forse un giorno, quando le ferite della nostra passione si saranno rimarginate, riusciremo a parlare con serenità di quei momenti di abbandono totale, ora non è possibile, troppo forte è il dolore causato dal distacco. La tristezza sarà la mia compagna per il prossimo futuro. Un giorno, oramai invecchiato ed al crepuscolo della mia vita rileggerò queste parole e solo allora un sorriso sfiorerà le mie labbra perché saprò di avere vissuto, averti conosciuta ha donato alla mia adolescenza la radiosità e la felicità che solo pochi raggiungono. Per questo motivo seppure con il cuore gonfio dal dolore, ti dico grazie, grazie per quello che hai saputo darmi. (1977)”
Non so se quanto ti ho scritto sia inerente all’oggetto del tuo argomento, spero di si, a me, rileggerlo ha fatto sorridere perché rivedo il giovane pieno di passione e di incertezze di allora. Buona giornata e buon lavoro.
Gigi

Caro Gigi,
non so se quarant’anni fa tu questa lettera l’avessi spedita, spero che oggi in qualche modo lei possa leggerla e sorridere assieme a te. Al di là del contenuto, mi colpisce che questo scritto sia rimasto intatto in un cassetto e nella tua memoria per tutti questi anni. Siamo diventati così automatici nel cancellare sempre tutto per fare spazio in memorie elettroniche fuori di noi, che stupisce la longevità di un pezzo di carta e dei sentimenti che in quel momento non potevi trattenere.
Nel buco nero dell’oblio, spesso ci buttiamo dentro anche le persone, le storie che abbiamo avuto e, quindi, anche un pezzo di noi. Vogliamo dimenticare perchè ci sembra che faccia meno male, soprattutto quando siamo convinti di avere sbagliato qualcosa o qualcuno.
Credo, invece, che dovremmo ricordare il più possibile, pur ponendoci sempre come nuovi di fronte a ogni storia che arriva.
Riccarda

Potete scrivere a: parliamone.rddv@gmail.com

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Riccarda Dalbuoni

È addetto stampa del Comune di Occhiobello, laureata in Lettere classiche e in scienze della comunicazione all’Università di Ferrara, mamma di Elena.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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