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Qualche giorno fa ci ha lasciato il grande Renato Scarpa, un attore indimenticabile divenuto popolare soprattutto grazie a tre fortunati incontri: con Carlo Verdone (l’impagabile ipocondriaco di Un sacco bello), Massimo Troisi (l’impacciato Robertino di Ricomincio da tre) e Luciano De Crescenzo (Così parlò Bellavista). Lo abbiamo apprezzato, fra l’altro, nell’inflessibile preside di La stanza del figlio o nel ruolo dell’abile ma sincero cardinale Gregori di Habemus Papam per Nanni Moretti.

Lo vogliamo oggi ricordare con quest’ultimo film, dove non ne è il protagonista ma ove, con delicatezza, affianca un meraviglioso Michel Piccoli; anche se di qualche anno fa, una bellissima pellicola che vogliamo riproporvi, vincitrice di 3 David di Donatello nel 2012, tra cui quello al miglior attore protagonista, e di 7 Nastri d’argento, compreso quello per il regista del miglior film.
Bellissime e soavi, poi, anche le musiche: oltre a quelle originali di Franco Piersanti, sono presenti altri brani musicali, tra cui la canzone Todo cambia, scritta da Julio Numhauser (il fondatore del gruppo cileno dei Quilapayún): la versione presente nella pellicola è quella cantata dalla cantante argentina Mercedes Sosa.

Eccoci allora nella Cappella Sistina, in pieno conclave per la nomina del nuovo Pontefice. Molte fumate nere e folla in trepidante attesa, come da copione. A sorpresa (uno dei favoriti era il cardinale Gregori, Renato Scarpa), arriva la nomina del cardinale francese Melville (Michel Piccoli) che, al momento della pubblica proclamazione, mentre il cardinale protodiacono sta per annunciare il nome del nuovo pontefice alla folla dei fedeli riuniti in Piazza San Pietro, ha un attacco di panico e fugge via nello sconcerto generale, interrompendo la cerimonia prima che sia annunciata la sua elezione. Un Papa umano, spaventato, al di sopra di ogni sospetto.

La stampa incalza, la folla, in preghiera, freme: tutti vogliono conoscere il nome del neoeletto ma il portavoce della Santa Sede prende tempo. La situazione è paradossale, nulla di mai visto prima nella lunga storia della Chiesa. Secondo il codice di diritto canonico, finché il Papa non si presenta ai suoi fedeli, la cerimonia di elezione non può considerarsi conclusa e il conclave non può ancora avere contatti con il mondo esterno. Tutti dentro, allora.

Arriva in soccorso lo psicoanalista professor Brezzi (Nanni Moretti), accolto con un po’ di diffidenza dai cardinali, che, viste le difficoltà, indirizza, in incognito, il Pontefice, depresso e colto da senso di impotenza, alla sua ex moglie, anch’essa psicanalista (Margherita Buy).

Terminata la seduta il papa riesce a dileguarsi durante una passeggiata, sfuggendo alla sorveglianza del portavoce Marcin Raijski (Jerzy Stuhr) e della scorta. Per evitare uno scandalo, il portavoce mente ai cardinali e al dottor Brezzi, e riferisce che il Papa è tornato nelle sue stanze e ha iniziato una promettente convalescenza. Una zelante, e golosa, guardia svizzera resterà negli appartamenti papali a muovere le tende, accendere e spegnere le luci, ascoltare musica, pranzare e cenare come se il pontefice fosse presente.

Il collegio e il dottor Brezzi sono quindi messi in una forzata clausura, ma un esilarate torneo di pallavolo farà passare loro belle ore spensierate, in attesa che il Pontefice emerga dalla sua lunga pausa di riflessione e preghiera. Il tutto anche a suo incoraggiamento.

Melville, intanto, vaga solitario per Roma, come un uomo qualunque, prima a bordo di un autobus affollato, cercando invano di preparare il suo discorso di investitura, poi recandosi in un albergo, dove incontra una sconquassata compagnia teatrale intenta a mettere in scena il Gabbiano di Čechov (ah, se potesse sostituire quell’attore venuto temporaneamente a mancare…).

Entra allora in gioco la consueta ironica e inconfondibile psicanalisi di Moretti: un deficit di accudimento dovuto ad una frustrata carriera di attore? Tutto resta possibile… Ma Melville vuole solo scomparire senza che il mondo sappia della sua elezione, perché un nuovo Papa sia eletto. Le regole, però, non lo permettono, lo si vuole tenere, convincere e salvare a tuti i costi. E allora il nuovo eletto – che non è un dubbioso sulla propria fede o un pauroso ma un umile – si affaccerà al balcone, dovrà. Con sorpresa finale.

Habemus-Papam papa

In occasione della rinuncia di Benedetto XVI dell’11 febbraio 2013, vari organi di informazione hanno fatto riferimento a Habemus Papam, definendo sia il film che il regista come «profetico». Sul parallelismo tra le vicende reali e la trama del film, Paolo D’Agostini della Repubblica ha affermato: «Nanni Moretti, una volta in più, conferma quanto il suo cinema sia stato capace di cogliere, intuire, intercettare, ascoltare, prevedere». Uno dei suoi film più belli e riusciti, un capolavoro, aggiungo io.

Habebus papam, di Nanni Moretti, con Michel Piccoli, Margherita Buy, Nanni Moretti, Renato Scarpa, 2011, 102 mn.

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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