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“Giorgio Bassani non era simpatico, come non lo sono io; era un originalissimo, un anticonformista, quando io l’ho letto mi sono detto ‘qua ci siamo’”. Non ti annoi mai quando parla Paolo Zappaterra. Ti spiazza e ti accorgi che hai teso i muscoli e stai in guardia, come sul tappeto davanti al maestro di Ju-Jitsu. Forse è per ciò che intorno a questo fotografo coi baffi e i capelli bianchi ci sono sempre tanti giovani. Così è avvenuto martedì sera per la serata intitolata ‘Giardini trasparenti’, dedicata alla visione dei suoi scatti realizzati a partire dagli anni Settanta e conservati su diapositive mai presentate in pubblico. Organizzata dai ragazzi dell’associazione IlTurco, l’iniziativa fa parte del festival ‘Itacà migranti e viaggiatori’, manifestazione unica a livello nazionale, che da dieci anni si dedica al turismo responsabile e che per il terzo anno approda anche a Ferrara (da martedì 23 a sabato 27 ottobre 2018).

Serata col fotografo Paolo Zappaterra all’associazione IlTurco e in alto il pubblico che guarda le sue diapositive (foto Luca Pasqualini)

Tra gli eventi in programma c’era appunto la visione di queste immagini realizzate da Zappaterra “infilandosi nei portoni lasciati aperti, citofonando agli sconosciuti, cercando i balconi giusti su cui salire per catturare in un’immagine l’anima verde di una città solo apparentemente rossa di muri e mattoni”.
Cosa sono queste foto di giardini proiettate sul foglio bianco appeso nel cortile dell’associazione IlTurco, nella viuzza omonima dentro al cuore vecchio e scrostato di Ferrara? Le guardi e stringi gli occhi per capire, cercando di mettere a fuoco quello che lui cerca di stanare, quello che c’è e quello che manca. L’atmosfera è quasi carbonara nel cortile chiuso da muri di mattoni a vista, con la grande luna velata di foschia che fa da spot a questo un evento notturno e pieno di suggestione. Spiega il fotografo: “Sono voluto andare a fondo, cercare Ferrara oltre lo stereotipo del duomo e del castello, ho voluto aprire le porte che erano chiuse. È un atto d’amore per la mia città”.

Il fotografo Paolo Zappaterra (foto Luca Pasqualini)

Parlando con Paolo Zappaterra ho sempre l’impressione che la sua visione del mondo si basi sull’essere ferraresi o non esserlo. Un’idea che trova conferma mentre il video su Bassani non parte subito e la colpa viene data al giovane assistente teutonicamente biondo “che ha un nome stranissimo sctrinzantzag che non riesco a pronunciare”. Poi quando la padrona di casa Licia Vignotto presenta l’iniziativa, Zappaterra le chiede se può cercare di tramutare la sua nordica erre moscia in una esce e magari in una grassa elle ferrarese.

Pubblico per Zappaterra (foto Giorgia Mazzotti)

Alcuni non possono fare a meno si invocare il nome di dio, lui evoca sempre quello di Ferrara: nelle parole, negli spazi, nelle inquadrature, come se non potesse avere altro io di questa città. Incalzato, chiedendogli del suo rapporto con Ferrara – però – prende le distanze pure da questo, dicendo che lui ha origini romagnole.

Diapositive in esposizione (foto Giorgia Mazzotti)



Dopo la proiezione del video con la sequenza di foto tutte dedicate ai luoghi ferraresi legati a Bassani e alle sue poesie, Zappaterra chiede: “Lo conoscete Bassani, ragazzi?”. E davanti al silenzio della platea allarga le spalle: “Allora non è poi così famoso”. Poi spiega: “La curiosità è importante da matti, non basta trovarsi tutti le sere a bere e chiacchierare. Fanno i film e dentro ci mettono Berlusconi. Che ce ne frega di Berlusconi a noi?! La democrazia si regge sulla partecipazione, non si può accettare tutto quello che ci propongono. Noi siamo nati unici, non possiamo seguire quei percorsi che altri hanno deciso per noi, perché questo porta alla farmacia, agli psicofarmaci. Non dovete lasciare che vi incanalino”.

Tra il pubblico l’attore Giulio Costa del teatro Ferrara Off (foto Giorgia Mazzotti)

Pungente ma poi pieno di slanci, come nelle sue riprese fotografiche a caccia di dettagli sfuggiti, Zappaterra si lascia alla fine andare. E al pubblico, che ha un po’ provocato e strattonato, confessa: “Con voi giovani io faccio benzina tutti i giorni; più uno è giovane, più dentro ha speranza, ha il fuoco”. E i ragazzi che evidentemente lo conoscono e apprezzano, gli rispondono con i loro diversi accenti di studenti fuori sede, ammaliati dalla sua dialettica volutamente provocatoria come da questa città lunare e inafferrabile che rimbalza dai suoi “Giardini trasparenti” per cercare di raccontare quello che sfugge, quello che si rifugia negli angoli, nell’ombra.

Serata col fotografo Paolo Zappaterra nel cortile di via del Turco a Ferrara (foto Luca Pasqualini)

Un’altra occasione per guardare Ferrara da un punto di vista inedito la offrirà l’iniziativa MigranTour Experience Ferrara: una visita nel centro della città estense con il ruolo di guida affidato ai cittadini stranieri che ci vivono e che la mostreranno secondo i loro punti di riferimento. I migranti-ciceroni saranno affiancati da una guida ferrarese, che potrà inquadrare i luoghi indicati anche da un punto di vista storico-artistico. L’appuntamento, in programma nella mattinata di sabato 27 ottobre 2018 alle 11, è gratuito ma solo su prenotazione (con email all’indirizzo camelot@coopcamelot.org) per la giornata finale della tappa ferrarese del festival ‘Itacà – migranti e viaggiatori’.

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Giorgia Mazzotti

Da sempre attenta al rapporto tra parola e immagine, è giornalista professionista. Laurea in Lettere e filosofia e Accademia di belle arti, è autrice di “Breviario della coppia” (Corraini, Mantova 1996), “Tazio Nuvolari. Luoghi e dimore” (Ogni Uomo è Tutti Gli Uomini, Bologna 2012) e del contributo su “La comunicazione, la stampa e l’editoria” in “Arte contemporanea a Ferrara” sull’attività espositiva di Palazzo dei Diamanti 1963-1993 (collana Studi Umanistici Università di Ferrara, Mimesis, Milano 2017). Ha curato la mostra “Gian Pietro Testa, il giornalista che amava dipingere”

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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