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9 Luglio 2018

Fuori dal cerchio

Tempo di lettura: 5 minuti


C’è qualcosa di nuovo oggi nell’aria. In Italia, in Europa, ma anche a Ferrara. Dentro la grande bufera leghista che sembra aver piegato ogni resistenza, un piccolo e ragionevole popolo di “resistenti” continua a darsi appuntamento in piazza: per promuovere l’accoglienza, la solidarietà, la pace. Tutto molto bello, ma se non saremo capaci di allargare il cerchio, se non riusciremo a parlare e a dialogare con la “Ferrara silenziosa”, se non passeremo dalla testimonianza alla politica, il vento sovranista e razzista ci seppellirà. E alle elezioni di primavera avremo come sindaco il condottiero Naomo Lodi.

Nelle ultime due settimane ho partecipato – molto convinto, molto emozionato – a vari flash mob e manifestazioni pubbliche, in piazza a Ferrara o in periferia, contro la chiusura dei porti, il nuovo razzismo e per l’accoglienza, la solidarietà, la pace.
Molto convinto perché (e non penso di essere il solo) sento sul collo un vento forte e gelido, di sapore antico, perché leggo e ascolto ogni giorno (sulla stampa, in tivù, sui social) parole terribili, che credevo sepolte per sempre tra le macerie dell’ultima guerra mondiale.
Ma anche molto emozionato nel vedere intorno a me tante persone e così diverse, per storia, età, formazione. Persone che in poche ore rispondevano a un appello, sentivano il dovere morale ma anche la voglia di esserci, di ritrovarsi insieme, di parlare e di parlarsi. Le lesbiche di Arcigay con gli Scout e l’Azione Cattolica, i comunisti di vecchia data con i giovani dei centri sociali e dei gruppi alternativi, le associazioni del volontariato sociale insieme alle cooperative e ai rappresentanti delle comunità straniere.
In quei momenti si respirava una grande preoccupazione per il travolgente successo – mediatico, demoscopico, elettorale – di una Destra senza più veli, ma anche un moto di sollievo per essere lì insieme, una piccola prova che “resistere è possibile”, che c’è ancora un popolo deciso a difendere i principi e i diritti scritti nella nostra Carta Costituzionale.
Questo moto spontaneo, il moltiplicarsi degli appelli alla mobilitazione e l’adesione istantanea di tante persone è un fatto da sottolineare in rosso. Non era mai successo a Ferrara, oppure – diciamo meglio – era successo ma molto tempo fa. Nel primissimo Dopoguerra, con le assemblee popolari dei Cos organizzati da Silvano Balboni (ce li racconta in un bellissimo recente libro Daniele Lugli), oppure sullo scorcio tra la fine degli anni Sessanta e gli anni Settanta (scioperi operai, collettivi studenteschi, marce pacifiste). Oggi la Ferrara democratica, la “Ferrara che accoglie” si è improvvisamente risvegliata. Ha sentito il bisogno di scendere in piazza, di riconoscersi, di far sentire la sua voce.
Tutto bene quindi? Non proprio, perché – parto sempre della mia esperienza – quando sono arrivato a questi incontri spontanei (sotto il Volto del Cavallo, in piazza Trento Trieste, nei portici davanti all’Acquedotto), quando ho salutato gli amici e scambiato due parole con chi ancora non conoscevo, mi sono accorto che, gira e rigira, eravamo sempre gli stessi: cento, duecento persone, forse qualcuna in più. Ma il resto di Ferrara dov’era?
Nonostante le periodiche marce di Naomo Lodi, nonostante il martellamento qualunquista e filo leghista della stampa ferrarese (Il Carlino, La Nuova, spesso anche Estense.com), non credo – non voglio credere – che la grande maggioranza dei ferraresi abbia perso la bussola della ragione e il sestante della morale. Eppure la maggioranza di Ferrara tace. Aspetta. Osserva, magari commenta in una chat con gli amici o al bar dell’angolo. Non sa ancora se arrendersi definitivamente alla paura, o se possa esistere una strada democratica, partecipata, solidale per rispondere ai bisogni collettivi e di ognuno di noi: un lavoro dignitoso, la sicurezza nel proprio quartiere, una burocrazia meno punitiva, e, perché no, un po’ più di giustizia ed equità sociale.
Da Roma, dalla opposizione istituzionale, dal disastrato partito fino a ieri al governo, non arriva un grande aiuto. Anzi. I vecchi e i nuovi aspiranti leader, mentre si preparano a una imminente battaglia al coltello, propongono le vecchie ricette neoliberiste e nebulose grandi coalizioni. Non sembrano rendersi conto che il clima è cambiato. Del tutto. Come quando, se ricordate le prime scene di Mary Poppins, si vede sulla terrazza del vecchio ammiraglio la banderuola che gira di scatto di 180° gradi per segnare l’arrivo della cattiva stagione. Ma prendersela con una Sinistra – vecchia o nuova che sia – senza ali e preda dei vecchi vizi è troppo semplice. E sarà inutile attendere con le mani in mano il salvatore: un nuovo leader per la Sinistra italiana, o un candidato sindaco credibile per il dopo Tagliani. Questa volta – e non abbiamo tanto tempo davanti, vista la burrasca leghista che infuria – dobbiamo fare da soli. Cominciare dal basso. Dalla nostra città.
E c’è una cosa da fare prima di tutte le altre: rispondere, contrastare, confutare la narrazione proposta dalla Lega: un racconto-propaganda pieno di bugie, di omissioni, di lusinghe e di insulti (agli avversari) che però oggi risulta efficace, ubiqua, vincente. Per farlo, però, è necessario spingersi fuori dal perimetro identitario di chi già la pensa come noi. Oltrepassare cioè il cerchio – bello e rassicurante finché si vuole – degli abituali frequentatori dei flash mob e raggiungere tutti i luoghi e gli ambiti della città. Proporre valori e ragionevolezza, ascoltare le domande che nessuno ascolta, cercare insieme risposte concrete al disagio e al malessere sociale di tanti cittadini ferraresi.
In poche parole, il salto che abbiamo davanti – pena la vittoria definitiva dell’ideologia dell’egoismo e della paura – è passare dalla testimonianza alla politica. Dove la parola “politica” torna ad assumere tutto il suo valore positivo, di passione civica, di governo del Bene Comune.
Insieme a tante associazioni, gruppi, ed entità culturali, anche questo giornale sta facendo la sua parte – non a caso Ferraraitalia ha aderito al recente flash mob lanciato dalla Rete per la Pace – ma da oggi dobbiamo fare di più. Aprire su queste pagine un grande dibattito per immaginare una Ferrara futura e migliore. Dare la parola a chi è troppo periferico per essere ascoltato. Raccontare il disagio degli abitanti del Gad, degli anziani soli, degli stranieri, dei nomadi, dei giovani disoccupati.
Riusciremo tutti insieme ad allargare il cerchio? Riusciremo a passare dalla testimonianza alla politica? Non lo so, non è facile superare gli ostacoli che sono dentro anche a ognuno di noi: narcisismo, protagonismo, particolarismo, piccole invidie reciproche. Ma senza questo cambio di passo, credo che si possa prevedere già oggi il risultato futuro: la Lega stravincerà le elezioni della prossima primavera, e anche per Ferrara e i suoi cittadini comincerà un lungo inverno.

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Francesco Monini

Nato a Ferrara, è innamorato del Sud (d’Italia e del Mondo) ma a Ferrara gli piace tornare. Giornalista, autore, infinito lettore. E’ stato tra i soci fondatori della cooperativa sociale “le pagine” di cui è stato presidente per tre lustri. Ha collaborato a Rocca, Linus, Cuore, il manifesto e molti altri giornali e riviste. E’ direttore responsabile di “madrugada”, trimestrale di incontri e racconti e del quotidiano online “Periscopio”. Ha tre figli di cui va ingenuamente fiero e di cui mostra le fotografie a chiunque incontra.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

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Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

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Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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