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Intervallo
I ragazzi si riversano nei corridoi.
Mi si avvicina Marco.
“Ciao prof, volevo dirle che l’esercizio, sa, gli esempi che dovevamo inventare per oggi? Beh, insomma non sono riuscito, quelli sul papà che ci accompagna da Tosano per vedere i contratti di acquisto, ricorda?”
“Certo Marco, come mai? Troppo difficile? Strano, di solito tu non hai mai problemi, anzi”
“No prof, insomma mi sono bloccato, ho cominciato a pensare che papà non c’è più, è stato l’anno passato”
Marco racconta tutto.
Il racconto per lui è devastante.
Non è giusto!
Si torna sempre lì.
Perché? Che senso ha?
Dio con tutta questa roba non c’entra. Non può c’entrare.
Questa è la vita.
La vita con le sue leggi, non guarda al grado di parentela, all’età, al numero.
Ma il discorso si allarga fino a comprendere tutta la vita, tutti i rapporti e tra questi il rapporto tra vita civile e quella spirituale.

Ancora oggi, dopo duemila anni di cristianesimo, dopo il Concilio Vaticano Secondo, a settantatré anni dalla Costituzione italiana, si gioca a far confusione sul rapporto tra il piano religioso e quello civile. La cosa sorprendente è che tale operazione non viene fatta da ‘superficiali interpreti’ in discussioni da bar sport, ma da studiosi, politici di professione, alti prelati.
Da un lato assistiamo, da parte di laicisti convinti, alla riduzione della religione cristiana a strumento di consolazione per poveri mentecatti in continua ricerca di ‘madonne che piangono’ e di miracoli prêt à porter.
Dall’altro all’utilizzo della religione come instrumentum regni da parte di un clero che non si vuole rassegnare alla perdita di un potere temporale di antica memoria.
Tutti accomunati dall’assoluta non considerazione di innumerevoli testimonianze di esperienze di vita religiosa, dove l’elemento spirituale, lontano anni luce da ogni rappresentazione clownesca di dio e ancor più lontana dalle tentazioni del potere, è stata messa al completo servizio dell’uomo senza altra finalità che il perseguimento della realizzazione della sua umanità.

La prima testimonianza scritta del valore assoluto della laicità è nel nucleo fondante del pensiero evangelico.
Basta leggerlo.
Dio nessuno lo ha mai visto.
Siamo noi che ce lo rappresentiamo proiettando su di lui i nostri desideri.
Vogliamo la forza? Ed eccolo messo sulle bandiere degli eserciti a proteggere la nostra parte!
Vogliamo il miracolo? Ed ecco il dio mago che in barba alla medicina guarisce.
Alcuni vogliono il sole… altri la pioggia…
Dio lo tiriamo di qua per allungare la vita agli amici e interromperla agli eretici.
E usiamo tutta una serie di liturgie per comunicare con Lui le nostre richieste.
E quando otteniamo ciò che abbiamo domandato, Dio ha ascoltato la nostra preghiera, quando questo non accade rimaniamo interdetti e muti di fronte al silenzio del nostro Creatore.
Una tradizione millenaria ci ha plasmato in questo modo.
Una tradizione che comunque ha confortato milioni di credenti, che ha aiutato tantissime persone a tirare avanti di fronte a disastri che annienterebbero un elefante.
Il Male è con noi.
Dentro di noi, in tutti.
Per sopravvivere va bene tutto, se può aiutare e non danneggia nessun altro.

Ma chi vuole arrivare al cospetto Dio ci arriva nudo.
Non ha nulla in mano.
Non ha formule magiche.
Non ha preghiere salvatrici.
Non ha corsie preferenziali in quanto credente.
Non ha meriti acquisiti per militanza religiosa.
È solo.

“È così duro ammetterlo, mio Signore!”
Ma è tutto così chiaro, è che non vogliamo vedere e rimuoviamo continuamente.
Quel Dio di quando eravamo bimbi, che dava sicurezza è evaporato di fronte alla Vita. Ma l’immagine del Male assoluto, come quella dei campi di sterminio, sono lì di fronte ai nostri occhi sempre.
“Dove sei?”
“Perché?”
Non è vero che Dio dà la Croce e la forza per portarla.
Dio non dà nessuna croce.
Dio dà la Vita.
E non dà nessuna forza.
Tanto che molti non gliela fanno.
Noi siamo sempre stati con Lui. Con l’Essere di Emanuele Severino.
Sin da prima della nascita.
E lo saremo dopo.
Per sempre.
In mezzo c’è la vita.
In questa vita.
Ma non siamo soli.
C’è il volto dell’altro.
Che è il volto di Dio.
Non può farci guarire, non può togliere il male, ma riempirci di bene sì!

Può farci vivere in un paradiso in terra e accompagnarci a morire tenendoci per mano fino all’ultimo, la mano di Dio.
Abbiamo questa enorme possibilità.
Questo dovevamo evangelizzare e non un Dio onnipotente!
Dovremmo essere lì come unguento per mille ferite, chini sul fratello.
Ci sono persone che non sanno a chi raccontare il loro dolore, o che possono solo farlo con una veloce telefonata.
Duemila anni di cattiva educazione hanno fatto disastri.
Tutto avviene col cuore, nel silenzio quotidiano della nostra vita.
Abbiamo gli occhi e non vediamo.
Non vediamo testimonianze quotidiane di persone che lavorano in casa nel silenzio, che amano il loro vicino, e chissà quante volte sono andate a letto stanche morte e il giorno dopo hanno affrontato i problemi della vita quotidiana senza Hegel o altra teologia, fino alla fine, fino a quella malattia che hanno affrontato sperando in un miracolo, certe che non sarebbe avvenuto. E lì hanno stretto le nostre mani per l’ultimo saluto.
Tutti fratelli.
Dio è qui dentro.

In copertina: foto di Roberto Paltrinieri

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Roberto Paltrinieri


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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